PHOTOGALLERY by Egidio Magnani

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mercoledì 31 gennaio 2007

Nel rogo interiore di Giovanna D'Arco l'insuperabile Monica Guerritore


Trovare un aggettivo per qualificare Monica Guerritore sarebbe solamente riduttivo, per lei dovremmo inventarlo.Questo il pensiero all'uscita dal Teatro Traetta di Bitonto ieri sera, dopo aver assistito alla rappresentazione teatrale “Giovanna D’Arco” interpretato dalla Guerritore che ne ha curato anche la regia.Di Giovanna d’Arco non abbiamo un ritratto, ma è una figura così viva nei nostri pensieri perché il processo che voleva oscurarla al mondo ne ha fatto un simbolo e grazie anche a Papa Giovanni Paolo II le parole che l’hanno processata ora sono di dominio pubblico.La piéce teatrale ripropone per l’appunto il momento del processo che la pulzella d’Orléans ha subito all’età di 19 anni per eresia. Fa una insolita entrata l’attrice, con parrucca ossigenata dal taglio corto e con mezza armatura che le proteggono una gamba e un braccio, attraversa la platea e recitando inizia a salire sul palcoscenico ed è lei che dice :”Sipario” come il regista dà il ciak all’azione e si apre così il pesante tendaggio. Al centro della scena un palo ligneo, alto, squadrato e immobile, monito del futuro rogo ed emblema di passione, si lega a due ceppi e da inizio al processo farsa, mentre dietro di lei scorrono le immagini di vecchi film sull’inquisizione mentre le voci recitanti, di Pietro Biondi - Enrico Zaccheo - Stefano Artissunch - Raffaele Latagliata, (gli inquisitori) accusano la giovane e ascoltano come Giovanna con lucidità spiega la prima volta che ha udito “quelle voci” alla tenera età di 13 anni e come con forza e coraggio ha accettato quello che non comprendeva. Manifesta come tutto il suo operato su questa terra sta nelle mani del Signore e non nelle sue e tutto quello che ha affrontato l’ha fatto seguendo un disegno divino.Mentre racconta le battaglie dietro di lei vengono proiettate le immagini di altri personaggi, uomini che da soli hanno affrontato il “drago” in nome della “libertà”, come Martin Luther King, Che Guevara, ed il ragazzo cinese in Piazza Tien An Men ha voluto fermare con il suo corpo l’avanzare di un carrarmato, tutti personaggi che interagiscono con quella di Giovanna, mentre si alternano musiche sacre con quelle più contemporanee.Bello e toccante il momento del racconto di quando lei in battaglia viene colpita alla spalla da una freccia di balestra. Un insieme di immagini accompagnate dalla musica di Freddy Mercury in The show must go on,seguono le movenze dell’attrice tanto da sovrapporre le immagini della morte di San Sebastiano e la crocifissione di Gesù alle parole di Giordano Bruno tratte dal “De Immenso”Applausi e standing ovation da parte del pubblico hanno commosso sino alle lacrime la talentuosa attrice che si intrattiene a spiegare la forza del personaggio Giovanna D’arco e le scelte di autrice e regista. Ha voluto ringraziare e ricordare il suo maestro Giorgio Strehler ,il suo insegnamento: “ogni racconto è ispirato ad un essere umano … è una parola appassionata che racconta una breve e luminosa vita…, che tutti noi anche da soli possiamo cambiare il mondo”.Lo stile multimediale dello spettacolo come dice la Guerritore, "ha accostato al cuore la vocazione di Giovanna” e la conclusione è affidata di nuovo ai grandi autori e all'epigrafe della Dickinson "...L'anima sceglie i suoi compagni /e poi chiude la porta.."
Anna DeMarzo

domenica 28 gennaio 2007

Girandola di coppie in - Buffi si nasce -


“Buffi si Nasce” in scena al Teatro Abeliano di Bari dal 26 al 28 Gennaio con due strepitosi mattatori quali Lucia Poli e Marco Natalucci, guidati dalla regia di Ugo Chiti.Il titolo “Buffi si nasce” ha sconcertato un po’ lo spettatore che ha assistito allo spettacolo, aspettandosi una commedia brillante dai toni farseschi e ilari, ma quello che l’autore ha voluto esprimere con la parola “buffo” è la persona che si ridicolizza che si mette in una posizione grottesca e meschina.Così propone in due ore di rappresentazione vari episodi liberamente ispirati a Boccaccio, Machiavelli, Novelli, Palazzeschi, Chiti, dove presenta una girandola di personaggi magistralmente interpretati dalla Poli e Natalucci , con un continuo rovesciamento di ruoli nei quali i due attori si alternano nelle vesti maschili e femminili con maestria e abilità.Col passare del tempo le vicende umane sembrano ripetersi anche se cambiano i personaggi, il tempo e i luoghi, e per questo Chiti ha voluto rappresentare storie ambientate in periodi storici diversi tra loro partendo dal 1300 fino ad arrivare ai giorni nostri che hanno come unico filo conduttore la lingua fiorentina e l’ambientazione nella città di Firenze.Si inizia con una coppia quella di Calandrino e Monna Tessa personaggi del “Decamerone” di Boccaccio, dove il marito vive con “lo sperpetuo della malattia addosso” e pertanto richiede consulti medici per ogni suo sintomo. (Quasi, quasi si intravede “Il malato” immaginario di Moliere).Mentre la moglie, donna che non si lascia turbare dai dolori e dalle avversità, ma accetta con stoicismo le angherie del marito, ma anche quella del dottore che nell’ultima diagnosi fatta al suo consorte, dichiara che “è gravido, piuttosto raro ma succede”, tutto per spillare una piccola eredità che i due sposi avevano appena ricevuto. Calandrino alla notizia incolpa la moglie, “tutta colpa sua perché quando fanno l’amore lei ama mettersi sopra di lui”, ma lei si giustifica che quella posizione “è meno sudaticcia non è lussuriosa”. Col passare delle ore in attesa della “costosa quanto fantomatica” pozione del medico che doveva farlo abortire, Calandrino sembra per un attimo amare il figlio inesistente nel suo ventre tanto da fare progetti per il suo futuro.Si passa ad una seconda coppia “buffa” quella di Nicomaco e Sofronia due sposi che hanno adottato una bambina “Clizia” tratta dall’opera di Macchiavelli.Col passare degli anni Clizia diventa donna e se ne innamorano sia il padre adottivo che il fratello. La moglie (anche in questo caso Chiti presenta una donna che appare debole e succube del marito ma che in realtà è forte e sicuramente più furba di lui) riesce con uno stratagemma a far rinsavire il marito.Nel secondo atto assistiamo ad un momento della vita di Teresa e Carolina “Le sorelle Materassi” di Palazzeschi, che amano la domenica imbellettarsi e vestirsi a festa per affacciarsi alla loro finestra e osservare in modo morboso la vita degli altri (altro che il “grande Fratello” questo è stato il primo e vero reality show).Si passa all’amore finito tra la merciaia, rimasta vedova Sora Nunziata e il suo capocommesso Bitta, personaggi liberamente tratti da “Gallina vecchia” di Augusto Novelli.L’ultimo episodio inizia con una nota canzone di Don Backy e sembra non armonizzare con tutti gli altri proposti. Si parla di “Silvana” un personaggio dello stesso Chiti.L’ultima notte di una donna in coma assistita dal marito Attilio, che al suo arrivo in ospedale si siede e si addormenta, mentre lei è vigile con la mente e ricorda i momenti lieti e felici ma anche quelli tristi della loro vita in comune.Il finale dell’episodio sembra che faccia da trade union con tutti gli altri.Quando Silvana muore il suo primo pensiero da defunta è che “Siamo tutti un po’ ridicoli da vivi”.
Anna DeMarzo

sabato 27 gennaio 2007

L’INFAME. Luigi Credendino interpreta il ruolo di un piccolo camorrista


Ieri 26 gennaio il sipario del Teatro Royal di Bari, si è aperto sullo spettacolo-monologo “L’INFAME”, scritto e diretto da Giovanni Meola, interpretato magistralmente da Luigi Credendino. Voce fuori campo del giornalista RAI Luciano Scateni. Ottimizzazione scenografia e costumi di Annalisa Ciaramella.Ordini, comandi, pistole, spedizioni punitive. In scena un ragazzo, solo, non un ragazzo che vive la sua età spensieratamente, in scena c’è un ragazzo maturato troppo in fretta, che vive il dramma delle sue scelte sbagliate, pericolose, tragiche. Un ragazzo che decide dolorosamente di diventare un pentito di camorra, un “infame”, Mazza ‘e ‘Scopa questo il soprannome o meglio “nu’ contranomme” che gli è stato affibbiato, e di cui va fiero. Il “contranomme” è personale, tanti si chiamano Mario, Pino, ecc. ma solo lui si chiama “Mazza ‘e ‘Scopa. Un pesce piccolo, un camorrista poco importante, si pente e decide di parlare, confessare tutte le trame malavitose della criminalità. Diventa “infame” non una, ma ben due volte. La prima quando ha deciso di cambiare clan, una scelta quasi al limite dell’audacia, passando così dal clan Cardillo a quello dei Portuallo, proprio dopo la scoperta del vero colpevole della morte del padre. La seconda volta perché ha deciso di diventare collaboratore di giustizia, dando vita ad un maxi-processo contro la camorra. Mazza ‘e ‘Scopa è rimasto solo, la malavita gli ha ucciso l’intera famiglia, il suo unico legame affettivo è riposto nel fratello, il panettiere, quello con una mano più piccola dell’altra per un fatto di nascita, ma bravissimo a fare il pane. Il fratello non fa parte della malavita, è l’unica radice affettiva che gli rimane, Mazza ‘e ‘Scopa lo nomina spesso per sentirsi incollato ad uno, almeno uno spiraglio significativo e premuroso della sua esistenza, intensa ma fallita, così dannatamente mancata. Il fratello, la sua unica ragione di vita, un esempio di vita leale, per il nostro pentito, una dimostrazione di quella strada di onestà che forse gli si era palesata davanti, ma che non ha saputo percorrere, si quel fratello, anche lui con uno strano “contranomme”, diventa ora quasi un varco, un simbolo, per riscattarsi, per passare dall’altra parte della barricata, per liberarsi o per espiare gli errori di malavita. Il monologo-confessione di Mazza ‘e ‘Scopa continua drammaticamente in modo serrato, incessante, fumando spinelli, l’unica debolezza che gli rimane. Ma quando si inizia il cammino su una strada sbagliata, diventa difficile, anzi impossibile cambiarla, migliorarla, e la scelta di collaborare con la giustizia porterà alla più tragica delle conseguenze.Lo spettacolo andato in scena al Royal, è stato particolarmente interessante sia per alcuni studenti di scuola media inferiore e superiore che hanno gremito il teatro la mattina di ieri, sia per il pubblico serale, emozionato e commosso dalla struggente prova dell’attore, il bravissimo Luigi Credendino. La regia di Giovanni Meola si libera dagli stereotipi dettati dal buonismo ipocrita e mette in scena una realtà esteriormente stoica, dettata dalla disperazione più pura, liberata dal più profondo del corpo magro e scarno del pentito, che sorride teneramente quando parla del fratello. La forza del testo è proprio la richiesta di umanità che il pentito rivolge al magistrato in un districarsi di parole e mimica efficaci ed emozionanti, supportate musicalmente dalle canzoni di Cesaria Evora e da un gioco di luci colorate ma cupe e angosciose. Lo spettacolo è stato introdotto da un incontro che ha visto la partecipazione dell’Avv. Mario Ferorelli, Presidente della Circoscrizione San Nicola-Murat di Bari, che ha parlato della difficoltà e dell’importanza del suo lavoro proprio con i giovanissimi, e del Dottor Pino Scelsi (sost. proc. della Repubblica - Bari) che è intervenuto sul significato e sull’interesse dell’autorità giudiziaria per i collaboratori di giustizia, l’Avv. Antonio Bellino è stato il mediatore del breve incontro.
Deborah Brivitello

La passione per il Brasile cavalca "L'Onda Tropicale" di Fiorella Mannoia


Venerdì 26 gennaio 2007- Teatroteam di Bari- ore 21 Uno spettacolo di grandi emozioni, quello che Fiorella Mannoia, una delle voci italiane più sensuali ed originali di sempre , ha presentato ieri al Teatroteam di Bari dopo l’esordio a Cremona, per la promozione del suo nuovo lavoro discografico “Onda Tropicale”. L’interesse per il Brasile, terra di forti contrasti, di malinconia e di allegria, di spiritualità ma anche di materialismo, ha spinto l’interprete romana ad incidere un disco che rende omaggio alla musica ”carioca”. “Onda Tropicale” è la realizzazione di un sogno che la Mannoia accarezzava da tempo, un disco dettato da una grande passione che risale a qualche anno fa dopo l’incontro con Chico Buarque De Hollanda di cui interpretò il brano “ Oh che sarà” tradotto in italiano e cantato con Ivano Fossati. Di qui le collaborazioni con altri importanti artisti brasiliani quali Jorge Ben Jor, Gilberto Gil e Caetano Veloso.Un viaggio all’interno di un universo sonoro che sembra appartenere all’anima musicale di Fiorella Mannoia, capace di affrontare con sensibilità e grandi doti interpretative il repertorio più vasto della poesia brasiliana. Con l’album “ Onda Tropicale”, contenente undici brani selezionati minuziosamente dal vasto repertorio brasiliano, ciascuno cantato a due voci insieme ad un grande artista del luogo, la Mannoia ha concretizzato la sua grande passione.Ma ecco che si apre il sipario, in un teatro completamente esaurito, dinanzi a più di duemila persone, Fiorella Mannoia fa ingresso sull’imponente palco vestita completamente di nero, mentre sullo sfondo scorrono immagini di nuvole. Sul palco con lei ad accompagnarla nel lungo tour, l’immancabile Piero Fabrizi alle chitarre, ideatore del progetto discografico ma anche arrangiatore e produttore artistico dell’intero concerto, Elio Rivagli (batteria e percussioni), Luca Scarpa (pianoforte e tastiere), Dario Deidda (bassi elettrici, contrabbasso ed armonica), Diego Borotti(sax e flauti), Marco Brioschi (tromba e flicorno), Carlo Di Francesco (percussioni), Bruno Giorda:na (sax, fisarmonica e tastiere), Isabella Casucci e Roberta Granà (cori) .Prima canzone in scaletta è “Aguaplano”, brano di Paolo Conte, per poi proseguire con due brani del suo ultimo lavoro discografico : “ Cravo e Canela” di Milton Nascimento e “ 13 di Maggio 1988” di Caetano Veloso . Questa canzone fu scritta dall’artista brasiliano proprio per celebrare la ricorrenza della fine della schiavitù, condizione questa, come asserisce la Mannoia, non ancora debellata nel nostro paese, basti pensare alle condizioni disumane di molti lavoratori, costretti a lavorare nei campi di raccolta o nelle fabbriche, per salari poverissimi e senza alcuna tutela o ancora alle donna spesso vittime di soprusi.Alle “ donne in difficoltà” Fiorella Mannoia dedica “ Caterina e coraggio” , tra atmosfere latineggianti e venature jazz, per poi proseguire con “Senza Paura”, omaggio alla grande Ornella Vanoni. Il concerto prosegue in un crescendo di emozioni, tra bossanova, fiati r & blues e samba, con “Oh che sarà”, “ Panama” arrangiata in versione reggae ,” I treni a vapore” e la toccante e malinconica ” C’è tempo”, omaggio al grande cantautore e amico di sempre Ivano Fossati, a chiusura della prima parte del concerto. Si riprende poi, con altri due brani tratti dall’ ultimo album con ritmiche latineggianti e samba: “Kabula le le” nel quale si evocano certe atmosfere del carnevale bahiano e “ Mama Africa” di Chico César. Bellissima la versione di “ Io che amo solo te” di Sergio Endrigo, cantautore anch’egli appassionato al mondo musicale brasiliano e di “ Canzoni e momenti”, il cui testo di Milton Nascimento, tradotto poi italiano, sembra esprimere al massimo il magico rapporto che si instaura tra i musicisti ed il pubblico durante le performance live.La dolcezza della voce della Mannoia, sembra trasportare l’ascoltatore in una dimensione surreale, la platea si scalda, a volte ballando sui ritmi caraibici, a volte duettando con la stessa Mannoia, acclamando ben tre bis nei quali l’artista romana renderà omaggio a tre grandi cantautori italiani, interpretando magistralmente “ Sally” (Vasco Rossi), “Il cielo d’Irlanda”(I.Fossati) e “Quello che le donne non dicono” (Enrico Ruggieri), sventolando la bandiera della pace.
Claudia Mastrorilli

venerdì 26 gennaio 2007

MIGLIORE. Valerio Mastrandrea è Alfredo, l’uomo che cambia.


In scena ieri 25 gennaio al Teatro Kursaal di Bari, lo spettacolo “Migliore” scritto e diretto da Mattia Torre, con una straordinaria interpretazione di Valerio Mastrandrea. Musiche originali di Giuliano Taviani. Scene e costumi di Veronica Fragola. Disegno luci di Luca Barbati. Produzione Ambra Jovinelli.La ricetta del tiramisù prevede uova fresche, anzi freschissime, mascarpone, caffè e biscotti. E’ uno dei dolci più semplici da preparare, lo potrebbe fare anche un bambino, è veramente semplice per tutti ……ma non per Alfredo! Uomo mite, uomo mediocre, uomo quasi banale, Alfredo indossa abiti formali, senza personalità, in cui si rivela il suo essere perfettamente “anonimo”. Dritto, fermo Alfredo, ci racconta di sé, della sua professione in una grande, grandissima azienda, impersonale anche quella, dove bisogna sempre essere disponibili ed educatissimi con i clienti, fino all’ipocrisia. Alfredo esegue, esegue gli ordini più stravaganti, che gli vengono impartiti freddamente per telefono, non dice mai di no, Alfredo, tutti sanno che sulla sua disponibilità si può contare………sempre! Si, Alfredo è un uomo calmo, quieto, è iscritto ad un’associazione che organizza laboratori sui dolci, sul pane, tutto come si “faceva una volta”, e dove si raccolgono fondi per “tutelare i peri del Piemonte”. Alfredo è bravissimo nel cucinare i dolci, di tutti i tipi, ma il tiramisù no, quello proprio non gli riesce.La vita di Alfredo è scandita da soffocanti e ordinarie abitudini, a cui non può rinunciare. Convive con un’ansia che gli ha provocato una particolare insonnia, gli ha lacerato il corpo o meglio gli ha procurato un buco nella personalità, come se gli avessero sparato nella pancia ed ora da quel foro entrano tante cose, troppe, si saldano, restano dentro il suo corpo, imprigionate, bloccate! Ogni mattina Alfredo incontra un suo collega con il quale condivide il rischio per il posto di lavoro, e una donna, Sofia, la figlia del presidente dell’azienda, bella, ricca, profumata, insopportabile e spocchiosa. La giornata di Alfredo prosegue così, senza mai dire di no, senza opposizioni, senza negazioni, esegue, Alfredo, esegue sempre! Sempre? Uno strano incidente gli cambierà la vita! Un incidente ai danni di una povera signora del suo palazzo lo fa piombare nell’abisso degli eventi e nello stesso tempo gli cambia l’esistenza. Alfredo viene incolpato di omicidio, ma un bravo avvocato lo fa prosciogliere, già, viene proprio assolto! Ed è allora che il nostro Alfredo si sbarazza degli abiti del banale dipendente, per vestire la sua personalità di cinica impassibilità, di fredda ambizione, avviene tutto così, spensieratamente. Liberandosi dell’ansia anche la salute ne trae giovamento e poi basta con l’insonnia! Finalmente, Alfredo, riesce a dire: NO! Cambia dunque l’approccio con Sofia ed il nostro Alfredo dice basta alle umiliazioni ed inizia a parlarle in modo deciso, energico, vigoroso! Tutto questo avviene con esito più che positivo, si spalancano improvvisamente le porte di situazioni inaspettate: avanzamenti di carriera e successo con le donne! Migliore, realista, peggiore, Alfredo ci porta a riflettere cinicamente sui nostri difetti, pregi, caratteristiche quotidiane di episodi vissuti, di ciò che siamo! Ridendo, ridendo di gusto, ma con amara convinzione. Il testo di Mattia Torre è geniale, la regia è sublime. Luci di grande effetto e musiche avvincenti completano l’opera! E Alfredo? Già Alfredo, o meglio Valerio Mastrandrea, unico, assoluto, straordinario, trionfa con la sua eccezionale e finta immobilità, con singolare mimica, saggia, impercettibile, ma intensa, più forte, più grande di un macigno. Questa storia ci porta, realisticamente, a sintetizzare l’umana pochezza ….dove la preparazione del tiramisù diventa semplicissima, anche per Alfredo.
Deborah Brivitello

mercoledì 24 gennaio 2007

Da Zelig Luca Medici in arte CHECCHO ZALONE e il suo Bend Laiv Tur


Il fenomeno di questa estate Luca Medici, ma per tutti Checco Zalone, che con la sua canzone “Siamo una squadra fortissimi” ha reso ancora più memorabili i mondiali di calcio del 2006, piazzandosi con il suo brano ai primi posti dei singoli più venduti in Italia, superando di gran lunga cantanti come gli Zero Assoluto e Tiziano Ferro, con il suo personaggio (cozzalone) è diventato un cult dell’officina di Zelig e di Zelig Off, ha voluto inaugurare la sua prima tournèe del 2007 proprio nella sua città Bari, presso il TeatroTeam il 23 gennaio.Interpretando sempre il suo personaggio Checco Zalone, ( un cantante napoletano melodico genere Nino D’Angelo) ha voluto subito fare dei ringraziamenti soprattutto a Clemente Mastella per l’approvazione della legge sull’indulto, altrimenti non sarebbe potuto stare con noi e ai suoi amici della Casa Circondariale.Non poteva che iniziare il suo repertorio con la canzone “La Polizia”, invitando il pubblico a cantare con lui i ritornelli e a ringraziare tutte le forze dell’ordine.Tra una canzone e l’altra ha divertito gli spettatori, con monologhi improponibili con un italiano distorto e sgrammaticato e sempre interrotto dal suono del messaggio del suo telefonino.Messaggi della sua ragazza che venivano evidenziati su un dispaly e se non rispondeva immediatamente avrebbe “raschiato la sua biemmevù”.Tutto per poi interpretare la canzone “Ritardo mestruale” .“Mi ritrovo a vivere questa seconda vita con questi amici che amano mettersi in gioco” e così che presenta la band eccezionale che lo accompagna, dal nome che è tutto un programma “I Mitili Ignoti”, con Beppe Sequestro (basso), Egidio Maggio (chitarra), Paolo Iannattone (tastiere) e Felice Di Turi (batteria), che hanno suonato brani che spaziavano dal rock, al funk al jazz.Segue poi con dissertazioni sull’Amore, spiegando che “L’Amore è come Bernardo Provenzano , è lì vicino e nemmeno te ne accorgi”.Bravissimo nel fare il verso a cantanti navigati con testi inediti, e così non poteva mancare “Zio Santuzzo” che con maestria ha imitato sulla falsa riga Carmen Consoli, spaziando anche ai cantanti internazionali come Michael Bublè, per poi meravigliarci con l’interpretazione di Vasco Rossi “dove la sua grandezza sta nella semplicità delle sue parole che con monosillabi riesce a fare poesia” e la canzone e un ripetersi di “eeeee..” “teee…” e “noi…”, per poi interpretare con bravura Tiziano Ferro .Ha proposto una canzone che in televisione è censurata dato il suo testo, dal titolo potete certamente immaginare il contenuto “Bocchigno rigato”.Non poteva certamente mancare la canzone “Mimma” storia di un amore finito perché lui la picchiava, giustificandosi : “ma anche la mano vuole la sua parte”; “Ginnastica” e per l’occasione ha invitato una ragazza a ballare con lui sul palco, per poi mettere il dito nella piaga ai tifosi della suqadra biano nera con “I Juventini”.Ha concesso vari bis, ma non poteva che terminare con “Siamo una squadra fortissimi” :“Il mondiale di calcio per me è stato una botte di c..o nella vita e credo che non mi capiterà mai più” e con le immagini che scorrevano sullo schermo della finale Italia - Francia si è cantato a squarciagola.Al termine ha fatto alzare in piedi il pubblico perché il bravo chitarrista Egidio Maggio ha intonato l’Inno di Mameli, per ricordarci che è questo l’inno italiano e non il suo.
Anna DeMarzo

martedì 23 gennaio 2007

“Danzando” a due pianoforti


Serata inusuale al Teatro Piccinni per la stagione della Camerata Musicale Barese.E’ da tempo che non si vedevano due pianoforti sullo stesso palco a Bari. I protagonisti della serata sono stati due pugliesi doc: il barese Emanuele Arciuli ed il leccese Francesco Libetta; entrambi tengono alto l’onore della Puglia rappresentandola nel mondo concertistico.Arciuli e Libetta sono senz’altro due virtuosi con personalità distinte e ben definite.Particolare è stata la scelta dei brani eseguiti: una versione per due pianoforti dell’ “Andante e Variazioni” in si bem. magg. op. 46 è stato l’aperitivo: uno Schumann piuttosto salottiero elegante e raffinato, a dire il vero poco convincente non per l’esecuzione dei pianisti ma per la trascrizione del brano e per la composizione in sè. Anche i grandi non sempre scrivevano capolavori.La versione di Gershwin della Rapsodie in Blue (1924) per due pianoforti ha ravvivato la serata. Emanuele Arciuli ha intellegentemente messo in rilievo le caratteristiche della musica di Gershwin: il ritmo colto con le giuste attese ed i giusti respiri, le inflessioni delle “blue notes”, queste note malinconiche che riportano nell’atmosfera americana degli anni ’20. Il tutto in uno scambio tra i due pianisti che richiama la volontà del compositore di fondere elementi jazz ed elementi di musica colta. Quello che salta agli occhi di Libetta è la velocità del rimbalzo del braccio e del polso sulla tastiera messi in evidenza dalla reiterazione degli accordi tematici.Scaramouche di D. Milhaud era d’obbligo; è il frutto di una commissione di Ida Jankélévitch e Marcelle Meyer, lavoro che Milhaud riprese da una musica di scena che aveva composto nel 1937 per alcune rappresentazioni del Médecin volant di Molière. Milhaud creò una composizione in tre movimenti piena di fascino e di allegria. I due pianoforti sono trattati con pari dignità con ritmo molto marcato. Il secondo movimento sviluppa un tema espressivo su un blues dondolante. Il finale, particolarmente coinvolgente, è una samba di Brazileira che costituisce un finale indiavolato ed infuocato. Accanto alle classiche composizioni per due pianoforti, i due pianisti hanno pensato di unire brani meno non appartenenti al repertorio della musica d’arte. Sono stati eseguiti Metamorfosi di L. Einaudi e Coro di F. Battiato: due brani di non grande interesse musicale, resi comunque vivi dalla maestria dei pianisti.Ad un altro pianeta appartiene la Valse di Ravel “poema coreografico” -commissionato da Diaghilev- fu composto tra il dicembre del 1919 e l’aprile del 1920. Già dalle prime note si nota l’interesse di Ravel nell’allargare lo spettro sonoro dello strumento. I due virtuosi sono stati abili nella condotta del discorso musicale , nella precisione del disegno e nel controllo del virtuosismo, mantendo vivo il senso irrevocabile della fatalità che permea tutto il brano.Due tanghi di Bormioli hanno reso, insieme a Ravel, la seconda parte della serata completamente danzante e piacevole. La sensualità del tango, il ritmo ternario del valzer hanno reso i due pianoforti ed i due pianisti “ballerini”. Il pubblico entusiasmato ha richiesto due bis, anche stavolta un tango di Bormioli ed un Valzer di Poulenc.Arciuli e Libetta sono senz’altro due interessanti personalità che grazie al connaturato virtuosismo riescono a servire il senso della musica.
Viviana Velardi

domenica 21 gennaio 2007

C'era una volta ...Giufà e il mare


Chi vuole passare una bella serata con i propri figli , dove unire cultura e divertimento, non deve certo mancare all’appuntamento con il Teatro Abeliano di Bari per assistere allo spettacolo “Giufà e il mare” una produzione Centro R.A.T. – Teatro dell’Acquario di Antonello Antonante con Maurizio Stammati e Salvatore Verzellino, in programmazione fino al 21 gennaio..Giufà e il mare, nasce come un racconto per i ragazzi ma diverte il pubblico adulto che ad ogni scenetta dello spettacolo ha applaudito per manifestare il proprio gradimento tra le risate.Su una scenografia povera, dove una piattaforma fungeva da zattera o da mercato a secondo del racconto, con al centro della scena uno schermo su cui si proiettavano alcuni dei personaggi fatti da ombre cinesi , pupazzi o burattini, inizia il racconto nel racconto di un cantastorie.Il protagonista per l’appunto il cantastorie, interpretato magistralmente da Maurizio Stammati, narra la sua giornata di giullare che accompagnandosi con la musica e le composizioni poetiche intrattiene il pubblico nelle piazze delle varie città, spostandosi in continuazione da un posto ad un altro tanto che la sera i suoi piedi protestano.Nel suo tanto peregrinare incontra un cieco con una fisarmonica, interpretato dal bravo Salvatore Vercellino, (che suona dal vivo musiche di Ambrogio Sparagna) che con la sua “scatoletta di cartone” lo accompagna nel suo vagabondare.“Io nasco ogni volta che racconto una storia” dichiara il cantastorie e così presenta Giufà, l’interprete principale dei suoi racconti, un nome che unisce tutti i protagonisti dei racconti appartenenti all’area Mediterranea. E su una imbarcazione immaginaria, inizia un viaggio fantasioso che lambisce le coste dei territori che si affacciano sul Mare Nostrum.Così Giufà ora è un muezzin che sale sulla torre di un minareto per chiamare i fedeli alla preghiera, con il semplice cambio di cappelli diventa un personaggio popolare spagnolo, francese, sardo, siciliano, o dei paesi balcani, il tutto accompagnato anche da strumenti musicali tipici del luogo, come lo scacciapensieri o il tamburello.Fino a raggiungere Venezia durante il periodo di carnevale e, con una maschera si diverte ad impersonare un giocoliere che con destrezza fa roteare palle colorate.Giufà è un personaggio sempre vivo e che non morirà mai finchè ci sarà gente che vuole ascoltare le sue avventure, ma anche persone capace di narrarle e, la narrazione è un’arte che caratterizza i popoli del Mediterraneo, i quali sono capaci con il semplice racconto di trasportare chi lo ascolta in mondi e luoghi lontani.
Anna DeMarzo

sabato 20 gennaio 2007

Luigi Pirandello. Il Teatro Stabile di Sardegna presenta “L’uomo, la bestia, la virtù”


In scena al teatro Piccinni di Bari dal 17 al 21 gennaio lo spettacolo “L’uomo, la bestia e la virtù” celebre testo di Luigi Pirandello, portato in scena dalla compagnia del Teatro Stabile della Sardegna, con la regia di Enzo Vitrano e Stefano Randisi, luci di Maurizio Viani, scenografia di Marc’Antonio Brandolini ed i costumi di Ursula Patzak. Un testo grottesco e straordinario scritto da Luigi Pirandello nel 1919, “L’uomo, la bestia e la virtù” trae spunto dalla novella “Richiamo d’obbligo”, ed intende proporsi come una commedia di aspre denunce dei conformismi convenzionali della società di quel periodo. Lo stesso Pirandello, la valutava come “una delle più feroci satire che siano mai state scritte contro l'umanità e i suoi valori astratti”. La commedia racconta la tragicità ed il ridicolo a cui si sottopongono i protagonisti. La prima della commedia, che racconta la tragicità ed il ridicolo a cui si sottopongono i protagonisti, risale al maggio del 1919 al teatro Olimpia di Milano, curata dalla compagnia di Gandusio. Grande dissenso degli spettatori, fu ritirata anche a causa delle allusioni troppo ardite per l’epoca. Successivamente la commedia ha iniziato a riscuotere il dovuto successo anche grazie alla modernità del testo ed è tutt’oggi uno degli scritti più amati di Pirandello. La satira del testo è tragica e crudele, infierisce sui personaggi fino a sventrarli della loro apparenza, in maniera crudelmente cerebrale. La messa in scena del Teatro Stabile di Sardegna si avvale di una scenografia straordinaria in cui dalle ante di un enorme armadio o porte fuoriescono personaggi ed oggetti, profusi da un crescendo di amare sensazioni. La storia narra le vicende di un certo professor Paolino, trasparente, o forse no, che con la sua mimica paradossale, incute nel pubblico una sorta di sentimento di velata compassione e razionale assurdità. Onestissimo, stimato, il professor Paolino (l’uomo) lavora in casa come insegnante di latino ed un giorno mentre è a lezione con 2 ragazzoni, viene avvisato dalla governante dell’arrivo della signora Perella (la virtù). Distinta e timidissima la signora Perella (la virtù) racconta con timore e rossore la sua gravidanza, ma la donna è la moglie di un capitano, aggressivo ed irascibile (la bestia) che si assenta in mare per lunghi periodi e quelle rarissime volte che si ritrova a casa dimostra esplicitamente di non provare nessun interesse per la moglie. In effetti l’ammiraglio ha una storia con un’altra donna in un’altra città, Napoli ed ha anche dei figli. La virtuosa signora Perella portando a lezione suo figlio Nonò ha avuto tempo di conoscere, stimare e amare il sensibile e dolce professore ed ha quindi intrapreso con lui una relazione sentimentale. Ora la donna è incinta di 2 mesi ed il marito manca da casa da molti tempo e farà ritorno proprio quel giorno per una sola notte, quindi l’ingegnoso professore cercherà in tutti i modi di convincere la donna a giacere con il marito affinché l’inganno per far credere al marito che il figlio che ha in grembo sia suo, abbia esito positivo. Ma la storia si basa sull’indifferenza del marito nei confronti della donna e si rendono necessarie delle modalità improvvisate e sleali. Il finale è amarissimo, anche se tutto avrà l’esito positivo sperato, il ridicolo e la lucida ipocrisia a cui si sottopongono i protagonisti è atroce. Il trasparente professor Paolino è interpretato straordinariamente da Enzo Vetrano, mentre Ester Cucinotti è la virtuosa signora Perella, Giovanni Morchella interpreta il ruolo del Capitano Perella, Stefano Randisi è singolare ma d’effetto nel ruolo del bambino Nonò, Antonio Lo Presti interpreta due ruoli, quello del dottor Nino Pulejo, il medico con cui si confida il professore e Totò fratello gemello di Nino, che lavora come farmacista e accorre anche lui in aiuto di Paolino, Margherita Smedile interpreta il ruolo di due governanti, Giuliano Brunazzi e Francesco Pennacchia sono gli scolari ed i marinai. L’uomo, la bestia e la virtù rimane in scena al Piccinni fino al 21 gennaio.
Deborah Brivitello

Teatri Possibili. Cirano di Bergerac e l’elogio della nasificazione.


E’ andato in scena ieri 19 gennaio alle ore 21.00 al teatro Royal di Bari, lo spettacolo Cirano di Bergerac, straordinaria produzione della compagnia Teatri Possibili di Milano, diretto ed interpretato da Corrado d’Elia, con Elisa Pella, Stefano Annoni, Gianlorenzo Brambilla, Gustavo La Volpe, Dario Merlini, Marco Brambilla, Fabio Paroni, Enea Montini. Luci: Andrea Lisco. Fonica: Cristiano Di Ruvo.La messa in scena di “Cirano” (senza la y) curata dai Teatri Possibili di Milano rappresenta l’elogio dell’essenza del Teatro. Edmond Rostand (Marsiglia, 1868 - Parigi, 1918) pubblica l’opera “Cyrano” nel 1897, il testo è ispirato alla figura di Savinien Cyrano de Bergerac, stravagante scrittore del ‘600 francese. Fu rappresentato per la prima volta il nello stesso 1897 al Théàtre de la Porte-Sain-Martin di Parigi, con protagonista Coquelin, celebre attore del tempo, lo stesso che glielo aveva commissionato. Cyrano ebbe subito notevole successo di pubblico e critica consegnando l’autore ed il suo personaggio all’immortalità. Il testo è uno dei più rappresentati ed anche dei più difficili con il quale misurarsi. L’allestimento dei Teatri Possibili ha un forte punto di partenza: la traduzione dell’opera. Ottimale quella di Franco Cuomo, svuotata da artificiosi fronzoli rimati che oggi risulterebbero stucchevoli. La prosa risulta più attuale, misurata, indicata ad un teatro che mette in scena l’ ingegno e non un prodotto laccato e imbellettato. Corrado d’Elia propone una rilettura teatrale semplicemente geniale. Fondatore della compagnia e del circuito Teatri Possibili, nonché attore e regista, Corrado si è formato all’Accademia Paolo Grassi di Milano ed in pochi anni ha costruito una singolare comunità teatrale, che partendo dal nord si è estesa fino al centro Italia. Le sue produzioni sono ormai sinonimo di qualità spettacolare e Cirano, nato circa 10 anni fa, continua a girare l’Italia, riscuotendo solo consensi. Il Cirano di Corrado d’Elia è un manifesto coinvolgente, alleggerito dal concetto di tempo e spazio. L’azione si svolge su un piano inclinato, con una sorta di metamorfosi scenografica in cui ferro e legno sono vicini al disegno mentale che accompagna la personalità ed il dolore del personaggio. La spada, la parola, decontestualizzate da qualsiasi aspettativa, affidano le prodezze a Cirano e raffinano il suo coraggio, acuto e straziante. Audace e bellissimo fino all’inverosimile, lo spettacolo racconta due ore e mezzo di dinamismo, di mobilità concettuale, di purezza e velocità d’immagini . Straordinario l’intero cast: Rossana leggiadra e stupenda è interpretata da Elisa Pella che a soli 24 anni dimostra una saggezza recitativa spoglia di qualunque sofisticazione! Rossana è bellissima, bellissima. I precedenti interpreti di Cristiano hanno i nomi di Alessandro Preziosi e Michel Altieri, attualmente invece il ruolo è di Stefano Annoni, perfetto perché per un giovane biondo e con gli occhi azzurri è facile cadere in uno stereotipo anche se discutibile, ma Stefano regala una generosa prova di sé. I panni di Le Bret sono in realtà quelli di Gianlorenzo Brambilla, grande volpone del teatro italiano, che esprime al meglio una galanteria matura e professionale. Gustavo La Volpe ha un volto straordinario per De Guiche e Dario Merlini è forse il vero nome di Ragueneau!. Gli altri interpreti sono dei “guasconi” teatrali, che liberi da personaggi standardizzati rivelano tutta l’energia dell’ opera di d’Elia, bravi quindi Fabio, Enea e Marco (detto Luca) straordinario nella scena del Visconte. Magnifiche le suggestioni che hanno regalato le luci di Andrea Lisco e la fonica di Cristiano Di Ruvo.Il finale dello spettacolo presenta una “nasificazione” dell’intero cast, ….ora spiegare il concetto è corruttibile di qualsiasi assurdità, ma chi si è lasciato emozionare dallo spettacolo può necessariamente sostenere che non solo il cast è “nasificato”! In definitiva gli spettatori che hanno affollato il teatro Royal, si sono evidentemente scontrati con una messa in scena ad alto impatto emotivo. La scena finale della morte di Cirano, ingloba un coinvolgimento struggente e crescente, provocando una sorta d’implosione emozionale nello spettatore, ormai rapito dall’eccezionale spettacolo. La bravura di Corrado e del suo gruppo stordisce, ferisce di spada e di parola, lascia gli incauti spettatori emozionati, feriti nel cuore e nell’intelletto, quasi agonizzanti ma straordinariamente asserviti, soggiogati, dal senso artistico della compagnia Teatri Possibili, tanto da sussurrare: ….ancora, ancora!
Deborah Brivitello

giovedì 18 gennaio 2007

VON ARX E CANINO: UN DUO D’ECCEZIONE


Chi ha avuto la fortuna di essere al Teatro Piccinni lo scorso martedì 16 gennaio, ne sarà rimasto senz’altro entusiasmato.Il concerto organizzato dalla Camerata Musicale Barese ha ospitato per il secondo anno consecutivo un recital del violinista Fabrizio Von Arx e del pianista Bruno Canino, noto per essere uno dei cameristi più affermati della scena internazionale.D’altronde, dalla sua lucida calma ed impeccabile pulizia anche l’ascoltatore profano non esiterebbe a dedurre che, come si dice in gergo, egli “è un pianista di mestiere”.Il programma presentato al pubblico è stato sempre più coinvolgente: ha preso l’avvio con la Sonata in re maggiore “Trillo del diavolo” di G.Tartini (Pirano d’Istria,1692-Padova 1770) nella quale Von Arx ha offerto una interpretazione intrisa di grande musicalità unita ad un dominio tecnico esemplare.La novità per gli ascoltatori della Camerata è stata la Sonata in re min. op.121 di R. Schumann (Zwickau, 1810-Endenich, 1856). Essa fu composta quasi di getto, più volte ritoccata, proposta in pubblico solo due anni dopo la prima stesura ed eseguita dalla grande Clara Schumann al pianoforte e dal celebre Joachim al violino.Tre anni dopo la prima stesura, nel 1854, Schumann era già ricoverato ad Endenich. I segni di questo tormento sono ben presenti nella sua musica. La sonata è senz’altro complessa a livello di pensiero musicale, le frasi si alternano discorsivamente tra il violino ed il pianoforte e quasi non si saprebbe dire a quale dei due strumenti è dato di emergere. In realtà, nessuno dei due è secondo all’altro, il violino canta il suo vibrato, il pianoforte marca il suo tormento con accenti e folli svettate virtuosistiche. Ne viene fuori un dialogo dai toni accesi ed epici che è stato reso con vivida partecipazione emotiva.La Sonata di Franck (Liegi,1822-Parigi,1890), caposaldo della letteratura violinistica, non potrebbe annoiare neppure l’ascoltatore meno sensibile tanto è artisticamente meravigliosa. Von Arx e Canino hanno toccato punte di grande interpretazione rimanendo nello spirito romantico squisitamente francese: spirito romantico per l’affettuosità ed il lirismo appassionato, francese per la nobiltà e l’eleganza del fraseggio e del suono scelti. I toni di colore che Von Arx ha reso sono stati davvero mirabili, frutto di una ricerca approfondita e davvero personale. Per la prima volta ho ascoltato un Allegretto poco mosso al giusto andamento e carico di gioia. Nonostante la scrittura pianistica sia molto piena, importante e molto impegnativa a livello tecnico, Canino non ha mai appesantito lo spirito gioioso, suonando con grande pulizia, scegliendo un suono cristallino e mai scurito da eccessi e brutture.Il pubblico è rimasto folgorato dai capricci di Paganini-Schumann: Von Arx ha sfoderato un virtuosismo eccezionale tanto da tenere gli ascoltatori inchiodati sulle sedie a richiedere bis instancabilmente. Gli interpreti ne hanno regalati due: l’Introduzione e tarantella di Sarasate e La ridda dei folletti di Bazzini. Velocità, leggerezza, doti atletiche eccezionali sono saltate agli occhi degli ascoltatori: un signor violinista, grande duo e grande musica.
Viviana Velardi

lunedì 15 gennaio 2007

PALLAVOLO, SERIE A/2: Abasan Bari-Fiorese Bassano 3-2


Vittoria al cardiopalma dell’Abasan Bari, che esalta il pubblico del Palazzetto dello Sport di Carbonara battendo al tie-break un Bassano mai domo, dopo una partita intensa e a tratti spettacolare.La formazione pugliese ha messo in campo carattere e grinta nei momenti importanti, evidenziando un’ottima organizzazione di gioco e dimostrando di essere viva. Unico rammarico il punto perso nei confronti delle dirette concorrenti: la quota salvezza dista ora 8 lunghezze. Per la gara contro i veneti, Mister Lorizio getta subito nella mischia il neo acquisto ungherese Tibor Tomanoczy, a completare la diagonale con il palleggiatore Astolfi, mentre al centro si esibiscono Valente e Joao Paulo, con Battilotti ed Enoch di banda e Viva nel ruolo di libero. Dall’altro lato della rete esordio in maglia giallorossa per Javier Gonzalez, tornato all’attività agonistica dopo la squalifica di due anni inflittagli dalla federazione cubana in seguito alla fuga dal ritiro della nazionale e alla richiesta di asilo politico in Italia. Completano il sestetto ospite l’opposto Moro, i centrali Guarise e Sabo, gli schiacciatori Dalla Libera e Desiderio e il libero Guidolin.Primo set che si gioca punto a punto per quasi tutta la sua durata. Sul 22-20 per gli ospiti un primo tempo di Valente e un attacco di Battilotti illudono i ragazzi di Mister Lorizio, ma due diagonali di Moro e un ace di un fenomenale Gonzalez mettono fine alla prima frazione.Grande equilibrio anche nel secondo parziale con i biancorossi che riescono a costruire un break di 4 punti nella parte centrale del set (19-15). Ma la formazione guidata da Dario Simoni, ben orchestrata da Gonzalez, uomo in più dei bassanesi, si riporta prontamente sotto con alcuni primi tempi di Sabo. Nelle fasi calde della frazione è una veloce di Francesco Valente a fare la differenza portando i baresi sul 23-21. La squadra di casa mantiene il break fino alla fine con Tomanoczy a chiudere sul 25-23.Il terzo parziale è una vera battaglia giocata sul filo del rasoio. Bari non riesce a sfruttare un vantaggio di 5 lunghezze (19-14) e subisce il ritorno dei veneti. Si va ai vantaggi ed inizia una girandola di emozioni. I pugliesi falliscono sei palle-set, poi sul 30 pari una decisione controversa dell’arbitro Gelati su un tocco di Astolfi finisce con il cambiare l’inerzia della gara. Ora sono Gonzalez e compagni ad avere la possibilità di chiudere il set: ci pensa Dal Molin, subentrato a Sabo, con uno strepitoso ace (35-33).La reazione dei baresi non si fa attendere: la quarta frazione biancorossa è un capolavoro di tecnica e di tattica. Enoch, Battilotti, Tomanoczy martellano senza pietà la retroguardia ospite consentendo ai baresi di riportarsi in parità (25-16).Nel tie-break si fa subito avanti la squadra del Presidente Vastano, che va al cambio di campo sull’ 8-5. Bene in questa fase l’ungherese Tomanoczy, che con un solo allenamento alle spalle con i nuovi compagni ha messo a terra palle pesanti, rivelandosi particolarmente incisivo dopo un timido inizio. Ma i veneti non ci stanno a perdere e con uno straordinario Moro (top-scorer del match con 24 punti) si riportano in parità (11-11). Al momento della resa dei conti è la battuta ad essere determinante: Dalla Libera mette in rete, Minafra risponde con un ace (13-11). E’ il break decisivo: i pugliesi sono efficaci nel cambio palla e al primo match-point portano a casa la partita (errore al servizio di Gonzalez).“Meritavamo i 3 punti” – l’opinione di Pino Lorizio – “la formazione veneta ha puntato tutto sulla battuta, dandoci qualche grattacapo in ricezione, ma sul piano del gioco siamo stati nettamente superiori. Sono particolarmente soddisfatto anche per quel che riguarda la grinta e la voglia di vincere messa in campo dai miei ragazzi. Sappiamo che nessuno ci regalerà niente, ma se continuiamo a giocare con questo spirito combattivo, lottando palla su palla, la permanenza in serie A/2 non rimarrà solo un sogno. Abbiamo perso un punto rispetto alla zona salvezza? La classifica si vede alla fine”. Nel prossimo turno baresi impegnati in trasferta sul difficile campo di Cagliari. ABASAN BARI-FIORESE BASSANO 3 -2 (30-28; 25-20; 25-17)ABASAN BARI: Joao Paulo 11, Astolfi 8, Enoch 16, Valente 10, Viva (L), Gallotta n.e, Capra n.e., Coscione n.e., Battilotti 12, Minafra 1, Tomanoczy 17. All. LorizioFIORESE BASSANO: Moro 24, Osellame n.e., Quiroga 1, Dal Molin 7, Guarise 12, Sabo 8, Desiderio 15, Guidolin (L), Borsatto n.e., Dalla Libera 12, Gonzalez 10. All. Simoni Spettatori: 250Arbitri: Graziano Gelati di Suzzara (MN) e Gianni Prandi di Roncofferaro (MN) Bari: battute sbagliate 14, battute punto 3, muri punto 14 Bassano: battute sbagliate 21, battute punto 10, muri punto 9. Durata set: 27’, 29’, 40’, 25’, 16’
Roberto Colella

“C’era una volta….SCUGNIZZI” il musical


Il musical in due atti “C'era una volta...Scugnizzi” ritorna in scena al Teatroteam di Bari, dal 12 al 14 gennaio, a grande richiesta. Scritto da Claudio Mattone ed Enrico Vaime, con Sal Da Vinci, Pietro Pignatelli e la Nuova Compagnia di Scugnizzi, con le coreografie di Gino Landi, le scene di Bruno Garofalo, i costumi di Silvia Polidori e la regia degli stessi Landi e Mattone, lo spettacolo è ispirato al film “Scugnizzi” di Nanny Loy, del 1989 e di cui Claudio Mattone firmò la colonna sonora. Infatti le canzoni del film fanno parte anche dello spettacolo teatrale, assieme ad altre che Mattone ha scritto espressamente per il musical. La produzione è di Claudio e Tullio Mattone. Andato in scena per la prima volta al teatro Augusteo di Napoli nel marzo del 2002, il musical ha subito ottenuto un successo strepitoso di pubblico e critica fino a ricevere numerosi premi, tipo l’Oscar del Teatro, importante riconoscimento dell’ETI, ricevuto nel 2003 quale miglior musical dell’anno.La storia narra le vicende di due giovanissimi detenuti del carcere minorile napoletano di Nisida: Saverio e Raffaele. I due diventano amici facendo musica in riformatorio, ma quando vengono rimessi in libertà prendono strade diverse e si ritrovano dopo 20 anni, con due carriere assolutamente opposte. Saverio, interpretato da un grande Sal Da Vinci, ha deciso di diventare prete, si dedica al volontariato per aiutare i giovani ad uscire dal disagio che li costringe all’illegalità, e lo fa proprio insegnando loro musica, canzoni e dispensando affetto e buoni consigli; Raffaele, interpretato magistralmente da Pietro Pignatelli, viene chiamato O’ Russo per il colore dei suoi capelli ed al contrario di Saverio è diventato il boss del quartiere, diffonde disonestà e criminalità, ed ingaggia alcuni giovani come corrieri della droga. Saverio riunisce tutte le sere i ragazzi in un “basso”, che usa come locale (con la porta sempre aperta) per fare musica tutti assieme. Un giorno si presentano due ragazzi nuovi, Angelo e Carmine, che vengono subito accolti con calore e comprensione. Purtroppo però i due sono dei corrieri del clan malavitoso di Raffaele ed è difficile portarli dalla parte retta della barricata. Ma i due frequentano ugualmente la compagnia canterina di Saverio e pian piano iniziano le amicizie ed anche la storia d’amore tra Carmine e Rosa (una delle ragazze del gruppo). Saverio o meglio Don Saverio, cerca di aiutare Angelo ad uscire dalla sua tossicodipendenza e lo convince a lavorare in un cantiere, ma il giovane muore cadendo da un’impalcatura. Questo triste episodio porta il prete ad essere allontanato dal gruppo di scugnizzi, fortunatamente tutto ciò dura poco perché i ragazzi lo riportano subito a loro. Intanto Carmine vuole staccarsi dal clan di Raffaele. La giovane Rosa per aiutarlo, decide di nasconderlo. Il boss, “O’ russo”, si vendica tentando di rapire il figlio di Rosa, non ci riesce per caso, ma ormai l’indignazione del gruppo di ragazzi è tale da gridare a gran voce per tutto il quartiere la loro ribellione e lo fanno urlando e cantando “'O russo è 'n' òmm' 'e merda”. Queste parole toccano Raffaele nel più profondo della sua malvagità e la risposta non tarda ad arrivare, nell’unico modo che sa: con la pistola. La morte del loro benefattore non ferma i ragazzi, che anzi, gridano ancora più forte la rivolta alla crudeltà del boss. Gli insegnamenti morali (e musicali) di Saverio non sono stati quindi inutili.Il musical si avvale di una scenografia a dir poco stupefacente, all’interno della quale si muovono circa 25 personaggi che ballano, recitano e soprattutto cantano le magnifiche canzoni di Mattone. Si comincia con un’overture solo con chitarra di “Magnifica gente”, per poi continuare con “Carcere ‘E Mare”, “Perzòne Perzòne”, “Chiammamme”, il pubblico sorride alla ritmatissima “Zoccole”, si prosegue con “Arrangiammoce”, “Io ce credo”, “Quanto tempo ce vo”, “Scètate Scè”, “Niente Niente”, tanti applausi per la famosa “A Citta' 'E Pulecenella”, e poi “Gli imbianchini”, “Stàteve Accorte”, “Ajere”, “Parlanno Parlanno”, “Cumannà”, “’O russo è 'n' òmm' 'e merda”, “Magnifica Gente” e si conclude con un medley in cui il pubblico diventa quasi il protagonista inconsapevole, specialmente quando sulle note finali di “Magnifica Gente” i fari si spostano sugli spettatori ormai impegnati ad applaudire. Particolarmente melodica la voce di Sal da Vinci, interessante e roca quella di Pietro Pignatelli. Notevole la bravura corale del gruppo di 20 ragazzi. Nello spettacolo si respira tutta la speranza (forse un po’ retorica) che gli scugnizzi (non solo napoletani) possono e desiderano trovare il modo di vivere onestamente e correttamente.
Deborah Brivitello

Marcinelle, la prima tragedia multimediale, raccontata da Fabrizio Saccomanno


Bello, bellissimo lo spettacolo andato in scena al Teatro Abeliano di Bari nei giorni 11, 12, 13, e 14 gennaio “VIA” una produzione dei Cantieri Teatrali Koreja , ideata e progettata da Fabrizio Saccomanno e Stefano De Santis, in scena gli attori Cristina Mileti e lo stesso Fabrizio Saccomanno che ha curato anche la regia.Il titolo “VIA” ha tanti significati il primo quello di indicare il nome delle strade ed è così che inizia il lavoro teatrale. In un palco scarno privo di ogni orpello, solo i due protagonisti con due sedie impagliate, che a seconda della posizione potevano simulare i sedili di un vagone ferroviario, di un cafè Chantal o le poltrone di un salotto. Ci troviamo a Tuglie, paesino del Salento, un signore in automobile chiede informazioni per raggiungere una via, e il protagonista nel dare le informazioni incomincia a fare una dissertazione minuziosa sul nome delle strade, di come la via principale Via Roma, sia stata modificata in Via Aldo Moro e di come Via Topini ora si chiama Via Martiri di Marcinelle.Vi ricordate di Marcinelle? e perché poi martiri?Così senza retorica, senza essere melodrammatico e senza essere eccessivo, perché non occorre esagerare con le parole, bastano i fatti, racconta una storia che ha inizio nel 1946.Con la fine della seconda guerra mondiale si da il “VIA”alla fase della ricostruzione e per far muovere un paese occorreva l’energia prodotta a quei tempi dal carbone.I Paesi Bassi erano ricchi di miniere di carbone ma poveri di uomini e così quando altri stati, come l’Italia, andavano a chiede il carbone, loro più che soldi chiedevano la mano d’opera.Una manna dal cielo per i paesi che potevano affrontare il fenomeno della disoccupazione proponendo ai suoi cittadini lavoro, soldi, case e assistenza sanitaria se decidevano di immigrare nei Pesi Bassi.Per non restare a vivere nella miseria, inizia il “VIA” ad una invasione barbarica, ad un esodo senza storia, dove circa 50.000 italiani lasciano il loro paese in cerca di fortuna.Per la prima volta molti italiani vedono l’Italia dai finestrini di un treno, treni carichi di miserabili che devono affrontare l’umiliazione di una trafila burocratica prima a Milano e poi a Chiasso, in Svizzera, e di seguito rinchiusi come bestiame nei treni che venivano sigillati, perché gli elvetici avevano paura che potessero scegliere la Svizzera come loro meta. Giunti alla stazione di Bruxelle i capi minatori sceglievano gli uomini indicandoli e dicendo :”Tu avec moi” e assegnando loro la destinazione. I poveri italiani capirono di trovarsi in una “VIA” senza uscita, di essere stati truffati dal proprio Paese, di essere solo merce di scambio uomo-carbone. (per ogni uomo che lavorava, l’Italia riceveva 200 Kg di carbone).A nulla era valso ricorrere al Consolato. Gli alloggi tanto decantati altro non erano che i campi di concentramento degli ebrei, e chi non voleva entrare in miniera non potava far ritorno al suo paese natio ma aveva come destinazione lo Petit Chateaux, la prigione.Si entra così in un mondo, quella della miniera, attraverso la discesa repentina di un ascensore per raggiungere la profondità della madre Terra, e da una grande “VIA” si biforcano una miriadi di cunicoli, alti (si fa per dire) anche 40 cm., perché i loro capi dicevano : “Dove entra una lampada entra anche un minatore”.Così inizia il lavoro duro e buio del minatore. Si scavava, si puntellava e si metteva una trave, perché la montagna premeva e c’era il rischio che da un momento all’altro potesse cedere.Si lavorava a cottimo anche di notte, con la paura del grisou, una miscela inodore e mortale che si sviluppa nelle miniere, tutti i giorni sono uguali e neri, come nerisono i loro volti e i loro vestiti.Ma l’8 agosto del 1956, il Belgio fu percorso da una tragedia.La miniera del Bois du Cazier , a causa di un errore umano andò a fuoco.I primi soccorso recuperarono 6 feriti, nacque l’illusione di poterli salvare tutti. Ma i giorni passarono e la speranza svanì.Morirono 262 persone, di cui 136 italiane, le altre vittime di nazionalità diversa.I minatori rimasero senza “VIA” di scampo soffocati dalle esalazioni del grisou. Si agì per “VIA” legale, ci fu un’inchiesta, ma i responsabili furono tutti assolti perché si trattava di un problema di strutturale.In Belgio le miniere furono in seguito chiuse con una gettata di cemento tranne quella del Bois di Cazier, perché i parenti dei morti, i cui corpi non ancora recuperati, hanno manifestato dichiarando che :”Questa miniera è sacra e non si tocca”.Il lavoro di Fabrizio Saccomanno che porta in scena è un monologo di circa 80 minuti che incolla gli spettatori alla sedia e la figura di Cristina Mileti che non proferisce parola, sembra invece gridare il dolore delle donne di tutti gli immigrati e nella tragica espressività del suo sguardo si vede la sfiducia, la disperazione e l’incertezza del futuro.Ieri sera c’è stato un fuori programma da parte di Saccomanno, che ha voluto ringraziare il Teatro Abeliano per l’accoglienza ottenuta ed ha divertito i presenti con un racconto di suo nonno che ha come morale “Un conto è recarsi in un posto come turista e l’altra come immigrante”.
Anna DeMarzo

sabato 13 gennaio 2007

Mario Rosini: note e voce di seta in omaggio a Mina


La classe di Mario Rosini ha inebriato il pubblico del Teatro Royal di Bari, il giorno 11 gennaio dalle ore 21.30 fino alle 23.30 circa, regalando due ore di grande musica. Sul palcoscenico assieme a Mario ed al suo pianoforte, c’erano Giuseppe Bassi al contrabbasso, Mimmo Campanale alla batteria, Andrea Sabatino alla tromba, con la partecipazione della voce di Daniela D’Ercole.Omaggio a Mina. Non è sicuramente semplice misurarsi con una grande voce e soprattutto con i grandi compositori e musicisti che hanno accompagnato e accompagnano tutt’ora la carriera di Mina Mazzini. Il confronto è peggio di un esame! Ma se il confronto non esiste allora è tutto più semplice! Il maestro Rosini non può essere confrontato! Ha una personalità musicale che si libra in alto e non ci sono esami o confronti da sostenere! Il concerto è stato talmente personalizzato da Rosini e dai suoi musicisti che a volte quasi ci si dimenticava di ascoltare brani resi famosi da Mina! La performance è iniziata con “Ahi mi amor” e “ Se telefonando”, dopo i primi minuti di musica il pubblico si è lasciato deliziare dalla morbidezza della voce di Mario Rosini. Seta pura la scrittura musicale emessa dal suo pianoforte. Si continua con la bellissima “Vorrei che fosse amore”, segue “Nessuno”, poi “E se domani”. Armonia e stile, si continua con una straordinaria rilettura di “Tintarella di luna”, per poi continuare con “Se tu non fossi qui” e “Non gioco più”. I brani dei grandi compositori Bruno Canfora e Carlo Alberto Rossi scoprono un nuovo spazio sonoro fatto di raffinate incursioni new age. Le canzoni rese famose e ormai mitiche da Mina, hanno così assunto sottigliezze singolari, grazie alla rielaborazione vocale e musicale di Mario e dei suoi tre musicisti. Gradevole l’interpretazione di alcune canzoni cantate da Daniela D’Ercole tra le quali la difficilissima “Brava”. Si continua con lo spettacolo di eleganza strumentale con altri brani fino alla magica “Neve” degli Audio 2, straordinariamente rafforzata da Mario con struggente intensità. In definitiva, ottima musica per 2 ore, forse il maestro Mario Rosini dimostra la sua classe e la sua personalità meglio con performance di questo tipo, che con canzoni cantate su un palcoscenico tipo quello, …….per esempio…… di Sanremo.
Deborah Brivitello

giovedì 11 gennaio 2007

Solidarietà con la delegazione ANT al Teatro Piccinni


L’Associazione Nazionale Tumori (ANT) “Luigi ed Enrico Dalfino”, ha organizzato il 10 gennaio presso il Teatro Piccinni di Bari uno spettacolo il cui ricavato sarà devoluto interamente alla stessa delegazione.Lo spettacolo è stato condotto dall’anchorman Antonio Stornaiolo il quale ha presentato e ringraziato Daniela De Bellis curatrice dell’evento.La stessa ha commentato “sono molto stanca, ma allo stesso tempo commossa e felice di vedere tante persone intervenute a sostenere l’ANT, questa manifestazione d’affetto è contraccambiata da parte dei pazienti e dei loro parenti e se noi possiamo continuare a lavorare lo dobbiamo proprio al vostro sostegno”.Dopo aver ringraziato tutte le partnership che hanno aiutato e sostenuto questo evento quali :la Provincia di Bari, il Comune di Bari, il Comune di Sammichele di Bari, la Fondazione Lirico Sinfonico Petruzzelli e teatri di Bari e della Grafica Zerottanta, ha espresso gratitudine ad un suo “amico” voluto restare anonimo che l’ha aiutata quando è venuto a conoscenza di due sponsor venuti meno.In sala anche il sindaco di Bari, Michele Emiliano, che si è trattenuto per poco tempo, ma chiamato in causa ha dichiarato “ l’offerta all’ANT è un atto istintivo che viene dal cuore e tutto ciò che le istituzioni possono fare per questa associazione è sempre poco e i loro componenti hanno la delicatezza di non pesare su di noi, anzi con il loro operato attribuiscono alla città dei valori”.Per la Provincia presente il presidente del consiglio Marco Sportelli, che ha fatto rilevare la tenacia e testardaggine di Daniela De Bellis unita all’entusiasmo, “ma sono persone così che ci ricordano che dietro questo teatrino politico esistono persone che guardano a noi con speranza e fiducia e che nostro compito non disattenderle. E Daniela ha una particolare attenzione per chi soffre e con l’ANT questa mano non la nega a nessuno”.Al termine dell’ufficialità dell’evento con il teatro gremito, le luci si spengono per dare il via allo spettacolo che ha unito l’umorismo con la musica.Come per incanto sembra essere entrati in quei film degli anni 50 con Fred Astaire e Ginger Rogers, quando ballavano con alle spalle una grande orchestra tutti rigorosamente vestiti elegantemente. Ed è così che fa il suo ingresso l’Orchestra “Italian Big Band” , una formazione orchestrale straordinaria diretta dal Maestro Marco Renzi, presentati da Ugo Sbisà che li ha definiti una macchina di swing, un’orchestra molto dinamica che suona in acustico. Hanno presentato brani di jazz di Armstrong e Bruno Martino e ballate famose accompagnati da due cantati Larry Franco e Patty Lomuscio.La parte umoristica è stata sostenuta dall’attore Gianni Ciardo con Antonio Stornaiolo che fungeva da spalla.Esilaranti le sue battute hanno toccato tutte le classi politiche del nostro territorio e non oso pensare cosa avrebbe detto se il sindaco Emiliano fosse rimasto sino alla fine all’evento.Gianni Ciardo ha presentato il libro “Antidoto contro la poesia” dello scrittore di origine austriaca John Sciabbek, esordiente personaggio del mondo artistico.Un libro che con massime, racconti e pensieri surreali , recitati da Gianni Ciardo, prende in giro la poesia conclamata.
Anna DeMarzo

martedì 9 gennaio 2007

Prima nazionale a Bari del film "Manuale d'amore 2 (capitoli successivi)"


Anteprima nazionale stasera 9 gennaio presso la Multisala Galleria di Bari del film di Giovanni Veronesi -“Manuale d’amore 2 (capitoli successivi)”-.A presentarlo ci saranno alcuni dei protagonisti del film che nel pomeriggio hanno tenuto una conferenza stampa, assenti solo Monica Bellucci, impegnata in un altro film e Barbara Bobulova, in dolce attesa.Quindi primo vero test del film di Veronesi a Bari, dopo la grande abbuffata delle pellicole in programmazione nel mese di Dicembre.Il regista Giovanni Veronesi, ha dichiarato che questo “è un film diverso dal precedente il cui tema puntava sull’amore quotidiano nelle diverse età della vita. In questo al contrario si toccano le corde di un amore più estremo, più complicato, dove affrontando tematiche importanti ho inserito tanta comicità. Mi piace raccontare l’”Amore” e questo sentimento mi riesce meglio se lo narro in piccoli segmenti, con l’esposizione di varie esperienze, eliminando il romanticume.Come è stata un’esperienza riunire e lavorare con un cast di tale peso e trainare anche in questa seconda avventura Sergio Rubini e Carlo Verdone, sperando di allargare questa famiglia, perché è nostra intenzione produrre almeno 5 film di questo genere”.Si inizia con l’episodio “Eros” con Monica Bellucci e Riccardo Scamarcio, che interpreta un ragazzo che rimane paralizzato a causa di un incidente e che ha come fisioterapista la Bellucci, che con il suo camice bianco e la sua carica sensuale diventa per lui un ossessione erotica. E noi vediamo i suoi sogni erotici il tutto conditi con la comicità di Dario Bandiera, che interpreta un amico di Scamarcio.“Un film “faticoso” ha detto – Scamarcio -, perché l’interpretazione limitava le posizioni su una sedia a rotella e anche perché non è mica facile interpretare per 5 ore consecutive un accoppiamento sessuale, anche se la mia partner era Monica”.Segue “Maternità” con Fabio Volo e Barbara Bobulova, una coppia felicemente sposata ma che non riescono ad avere figli. Si affronta il problema della fecondità assistita e delle tante coppie italiane costrette ad andare all’estero per avere un figlio.“Una pellicola che ha messo in discussione il mio desiderio di paternità – ha manifestato Fabio Volo – che in questo momento è un sentimento molto forte”.Il terzo episodio “Il matrimonio” con Sergio Rubini e Antonio Albanese. Si affronta il matrimonio fra gay, costretti anche loro a causa delle nostre leggi a recarsi all’estero per coronare il loro sogno d’amore.“Antonio e Sergio due attori straordinari che hanno fatto a gara a chi andava a scavare dentro sé stesso - ha evidenziato Veronesi – per interpretare due personaggi così distanti dal loro essere. E’ stato divertente vedere Antonio che per entrare nella parte gli bastava indossare una maglietta di due misure più stretta. Mentre Sergio che già di sua natura è così articolato non ha fatto altro che accentuare questa sua caratteristica”“E’ stato interessante portare sulla scena questa storia – ha spiegato Sergio Rubini- perché sono entrato nei dolori e nella realtà di un mondo a me sconosciuto e questo è un privilegio di noi attori che per il nostro lavoro siamo costretti a conoscere aspetti di un mondo così lontani dal nostro quotidiano. Forse almeno una volta nella vita dovremmo essere un po’ attori tutti quanti”.“L’amore estremo” è l’ultimo episodio con Carlo Verdone che interpreta un cinquantenne che perde la testa con una ragazza di 25 anni, (Elsa Pataky) adrenalina pura nella sua vita piatta e per seguire i suo ritmi spinge il suo corpo ogni oltre limite.“Non è un film autobiografico, ma senza fare i moralisti sono situazioni che accadano nella vita reale, sottolinea Carlo Verdone”. Il filo conduttore della pellicola è la voce profonda di Claudio Bisio che fa il deejay di una trasmissione radiofonica che ha lo stesso titolo del film, e che pone domande sull’amore per sapere cosa ne pensa la gente comune.E’ questo il vero messaggio che questa commedia invita a fare a chi lo vede “pensare”.Non si può fare a meno all’uscita dal cinema che riflettere e meditare per gli argomenti trattati, dall’osservazione di tanti aspetti che una coppia può avere alla critica di costume di una società bacchettona, anche se velati dalla comicità e da tanta poesia.
Anna DeMarzo

domenica 7 gennaio 2007

La lunga notte della Befana al Teatro Kismet


Tanti i programmi che nel giorno dell’Epifania si sono svolti nella nostra città.Ma per chi voleva unire l’attività ludica a quella culturale non doveva certo mancare all’appuntamento ormai consolidato con il Teatro kismet di Bari che per tutta la giornata ha festeggiato l’arrivo della Befana con un vasto programma articolato.L’attesa dell’arrivo della vecchina che porta doni ai bambini buoni e carbone a quelli che durante l’anno non lo sono stati, è iniziato per i piccini che si sono recato al Kismet dalle ore 11.00, con “La bottega dei lettini” a cura di Cristina Bari, dove assieme ai loro genitori e a volontari, si sono divertiti in attività di manifattura.Hanno avuto seguito ben due spettacoli teatrali. Il primo “Danza di neve” di e con Giulio De Leo e Marta Lucchini, che hanno portato in scena una rappresentazione di stile nordico, sostenute anche dalla musica della cantante Bjork.Tratta della storia, ma forse è “un sogno e per sognare occorre chiudere bene gli occhi e lasciarsi andare”. Così inizia la storia raccontata da Giulio De Leo quella di un fiocco di neve che a causa di una folata di vento improvvisa, spalancò la finestra di una stanza dove dormivano tre fratelli (interpretati da tre bellissimi bambini del pubblico). Il Fiocco di neve (interpretato dalla ballerina Marta Lucchini) era incuriosito dai bambini che dormivano e cercò di immaginare il colore dei loro occhi chiusi e immaginò di essere una bambina entrando nel sogno dei tre fratellini. Ma una sensazione strana la pervase era quella del calore che la stava sciogliendo. I Bambini si svegliarono e per salvare Fiocco di Neve capirono che dovevano aprire la finestra e lasciarlo andare, altrimenti si sarebbe tramutato in una goccia d’acqua.Da quel giorno Fiocco di neve andò a far visita ai tre bambini ogni inverno.Il secondo spettacolo “Storie di streghe” con Monica Contini, Nico Maciullo e Lucia Zotti che ha seguito la regia e scritto il testo, racconta la storia di un’anziana strega e del suo aiutante pasticcione “Rinco” che tramite una porzione magica vuole far nascere una strega figlia, per tramandarle tutti i suoi poteri e la sua malvagità prima che la sua memoria svanisca.Ma Rinco sbaglia un ingrediente inserendo anziché polvere di strega quello di fata.Nasce così una fanciulla dall’animo buono che ad ogni racconto malvagio della madre ne cambiava il finale rendendolo lieto. Così la maga Circe non trasforma Odisseo in maiale come i suoi compagni, ma anzi li aiuta a ritornare uomini; Biancaneve non muore per colpa di una regina gelosa ma viene salvata da un bacio d’amore, e la piccola Fiorita riesce a salvarsi dalla sua matrigna e sorellastre grazie alla bambola consegnatale dalla madre morente.La Strega non può che arrendersi a questa esplosione d’amore e accettare che non può esistere una strega senza una fata.Bravissimi tutti gli attori che hanno saputo portare grandi e piccoli nel mondo fantastico delle fiabe.Ma lo spettacolo continua fuori dal teatro, dove nel cortile è stato acceso un grande falò e quando tutti gli spettatori si sono riuniti in circolo per ammirare le lingue di fuoco delle fiamme che s'innalzano verso l’alto, ecco che esce da una casetta di legno la Befana a cavallo della sua scopa e con una gerla piena di doni. I bimbi per nulla intimoriti dalla vecchina col naso lungo e aquilino e dall’aspetto terrificante, si sono avvicinati per avere un bacio o darle una carezza, mentre lei li invitava a seguirli per offrire loro una tazza di cioccolata calda e una fetta di pandoro.Dopo una giornata così ricca di esperienze interattive, manuali, ludiche e culturali, si esce dal Teatro Kismet con l’entusiasmo di trascorrere anche il prossimo 6 gennaio la stessa avventura.
Anna DeMarzo

sabato 6 gennaio 2007

Piani speciali contro il bullismo


Più sportelli d’ascolto con educatori e psicologi. Più soldi per le scuole che saranno in grado di insegnareai loro docenti a riconoscere il malessere e a prevenirlo. Incentivi per quegli insegnanti che saranno capaci di coinvolgere i ragazzi in attività di sostegno ai più fragili: disabili, ma anche stranieri e ragazzini che stentano a mettersi al passo. Molte scuole del nord Italia decollano con progetti pilota realizzati in collaborazione con il ministero e le organizzazioni sindacali.Un pacchetto di proposte antidisagio che partendo dalle esperienze migliori già sperimentate nelle scuole più attive e sensibili, verranno estese ad altri istituti disposti a sperimentare percorsi che si sono dimostrati efficaci. Per partire in totale un finanziamento di circa 4 milioni di euro. Iniziative su cui si lavora da tempo ma accelerate dagli ultimi episodi verificatisi in diverse scuole, soprattutto il video mandato in internet in cui si vede picchiato e deriso un ragazzo diversamente abile. Situazioni non facili da gestire sia da parte dei docenti sia dei dirigenti scolastici. Anche la nostra Provincia cosciente del reale problema da combattere ha deciso di porre in atto iniziative a sostegno della legalità e della convivenza civile, per contrastare il grave fenomeno del “bullismo” molto diffuso tra le mura scolastiche. E’ quanto ha approvato il Consiglio Provinciale di Bari riunitosi nell’ultima assise del 2006. L’invito, rivolto al Consiglio, con la presentazione di un ordine del giorno voluto dalla consigliera Antonia Guerra (Rc) è quello di impegnare l’Amministrazione provinciale, alla convocazione di un tavolo di confronto, al quale prenda parte il mondo della scuola, per trovare insieme valide iniziative di contrasto al dilagante fenomeno. La scuola si trova purtroppo di fronte a situazioni nuove non facili da gestire che in parte derivano dalla società che si trasforma e che trova spesso disorientati gli educatori coinvolti sempre più in una crisi di identità. Dando la schiena alle telecamere molti docenti commentano: “Mi auguro che la giustizia vada avanti e che non si concluda tutto con il buonismo e il perdonismo, con le pacche sulle spalle facendo finta di nulla”. Sono sicuramente parole che fanno riflettere: “Qualche giorno fa un mio collega più anziano mi ha detto che da bambino temeva i suoi genitori e che adesso invece teme i suoi figli” In un primo momento sono rimasta perplessa ma lo capisco, in questi ultimi anni il rapporto con l’infanzia e l’adolescenza è cambiato e mi rendo conto che questo grande cantiere di elaborazione culturale e politica, non può risolversi con semplici atti burocratici, non si può ignorare la fragilità e la solitudine delle famiglie e della scuola che devono fronteggiare i radicali cambiamenti culturali e sociali del nostro tempo.
Maria Caravella

Carlo Croccolo presenta " Miseria e nobiltà "


Al Teatro Abeliano di Bari è in scena fino al 7 gennaio lo spettacolo teatrale “Miseria e Nobiltà” una commedia scritta da Edoardo Scarpetta nel 1888, uno dei più importanti attori ed autore del teatro napoletano di fine 800 ed inizio 900, nonché padre di Eduardo e Peppino De Filippo.“Miseria e nobiltà” un po’ tutti lo ricordiamo per aver visto il film interpretato da Totò, Sophia Loren e Carlo Croccolo,Ed è proprio Carlo Croccolo, uno delle spalle più amate dal principe della risata, che ieri sera ha portato in scena la rappresentazione teatrale “Miseria e nobiltà”, dove non interpreta Luigino, il gagà napoletano che usa l’intercalare “bellezza mia”, che fa parte del nostro ricordo, ma Gaetano Semmolone , un cuoco arricchito.Bello lo spettacolo dove nella prima parte mette in evidenza, con la scenografia, una casa squallida e desolata di un quartiere povero di Napoli, dove protagonista non sono i personaggi di don Felice, lo scrivano (Marco Matarazzo) e Pasquale, lo salassatore, (Nicola Ciccariello) con le loro rispettive famiglie, ma la “FAME”.La “FAME” elemento scatenante che fa ricorrere ai personaggi che vivono alla giornate al banco dei pegni per poter mangiare, elemento che da la forza di litigare in continuazione per qualsiasi situazione, ma anche l’elemento che costringe i personaggi che ne sono afflitti a ricorrere agli inganni per sopravvivere per evadere un po’ dalla loro condizione di miseria.Si entra così nel vivo della commedia, con il secondo atto, fatta di equivoci, scambi di persona tutto a causa del marchesino Eugenio (Riccardo Feola) un giovanotto dell'alta borghesia innamorato di Gemma, la figlia di un cuoco arricchito, che ad ogni costo e nel minor tempo possibile deve rimediare una famiglia fasulla da portare al pranzo per chiedere la mano della sua amata. Richiesti a recitare la parte dei suoi parenti, Don Pasquale e a Don Felice accettano con entusiasmo, felici di poter godere i privilegi dei ricchi ed evadere la tragiche condizioni della loro miseria, almeno per un giorno.La rappresentazione si è avvalsa della regia di Nicasio Anzelmo, bravi tutti gli attori, che hanno recitato in napoletano dalle attrici Serena Bennato e Carla Guido che hanno dato vita a litigi molto realistici a Camillo Sanguedolce, fino al piccolo Federico Scarpati che ha intercalato la sua interpretazione con la nota frase "Vincenzo m'è padre a me!".
Anna DeMarzo

venerdì 5 gennaio 2007

Sutra Natianjali, la danza indiana incontra la Puglia


Che la Puglia è considerata la regione che funge da ponte tra Occidente e Oriente, lo si è potuto tastare con mano ieri sera 4 gennaio, al secondo appuntamento della seconda edizione “di Suoni e di Danze” presso l’Auditorium Diocesano Vallisa, con lo spettacolo “SUTRA Natianjali” con Luisa Spagna e Paolo Pacciolla.Sutra è un’associazione artistica con la quale i due artisti presentano i loro lavori concentrando in maniera armonica la cultura dell’arte indiana, quella dell’arte occidentale completandola con le proprie creazioni artistiche.Sutra è una breve massima che esprime una norma di vita o una sentenza filosofica ed è il filo conduttore dello spettacolo che racchiude il sacro ed elementi di vita quotidiana.Lo spettacolo ha visto la raffigurazione di due stili rappresentativi dell’arte indiana : la danza chhau di Sereikella ed il dhrupad pakhawaj.Seraikella è un distretto dell’India centro-orientale nello stato di Jahrkhand, mentre la danza chhaud (significa ombra, maschera), è una danza caratterizzata per l’appunto dall’uso di maschere che variano a secondo dello stato d’animo che si vuole esprimere o dai personaggi che si vogliono interpretare, maschere abbellite da perle e strass, ma è anche una danza che comprende esercizi di arte marziale e che richiede pertanto molta energia ed autocontrollo del corpo. Il tutto ben interpretato da Luisa Spagna che da anni si dedica allo studio e alla ricerca di questa danza, lavorando con i maestri indiani per apprendere sempre più le varie tecniche interpretative.La seconda parte dello spettacolo ha visto l’artista Paolo Pacciolla suonare vari strumenti a percussione che uniscono l’arte indiana e quella persiana.Il pakhawaj assiema alla cetra vina è il tamburo principale della musica devozionale indiana usato nel dhrupad che è il genere più antico della musica colta dell’India, influenzato dalle pratiche dello yoga del suono.L’ascolto di questa musica riesce a trascendere l’aspetto terreno fino a raggiungere quello introspettivo e meditativo, il tutto alternato da mantra tantrici che invocano gli dei per attingere il loro potere magico come il dio Ganesh e Shiva.Spettacolo interessante che ha permesso ai presenti di conoscere un’arte così lontana dal nostro stile come è stato molto apprezzato la lezione pubblica e gratuita di danza indiana tenuta da Luisa Spagna nello Spazio Giovani a Bari, prima della rappresentazione.
Anna DeMarzo

giovedì 4 gennaio 2007

NOCHE DE TANGO sensualita' e passione argentina


Dopo il successo dell’anno scorso è iniziata ieri 3 gennaio 2007, la seconda edizione “di Suoni e di Danze” rassegna dell’associazione Terrae , con lo scopo di far confluire le esperienze della musica, del teatro e delle danza dei giovani talentuosi, grazie alla volontà di Rocco Capri Chiumarulo, Paolo Mastronardi e Nicola Amato. Quest’anno si è spaziato in tre continenti : l’America del Sud, con il tango argentino di Astor Piazzola, l’Oriente con musica e danza indiana e l’Europa con la tarantella montemaranese, musica e danza diffusa nell’Italia centro-meridionale.Le danze ( è il caso di dirlo) si sono aperte con il gruppo “Nuevo Tango Ensamble” presso l’Auditorium Diocesano Vallisa di Bari, precedute da una lezione pubblica gratuita di tango argentino tenuta dai maestri Daniela Demofonti e Eduardo Moyano. Questa è una delle novità che propone prima di ogni evento l’associazione Terrae, una lezione di danza gratuita di tango, danza indiana e tarantella montemaranese nei giorni 3 – 4 e 5 gennaio.Ieri il trio “Nuevo Tango Ensamble” composto dai pugliesi Pasquale Stafano (pianoforte), Gianni Iorio (Bandoneòn) e Alessandro Terlizzi ( Contrabbasso) con lo spettacolo “Noche de tango”, hanno dato vita ad uno spettacolo entusiasmante e sensuale, interpretando con una nuova rilettura le musiche dell’indiscusso maestro di tango argentino Astor Piazzola che con il suo bandoneòn rinnovò il nuevo tango incorporando elementi di musica jazz e strumenti musicali che non venivano utilizzati nella musica tradizionale, puntando molto sulla improvvisazione musicale.Il gruppo NuevoTango Ensamble, sembra emergere tra i tanti che emulano Astor Piazzola, forti della loro originalità nell’interpretare le composizioni del maestro, con l’esecuzione di assoli di pianoforte e bandoneòn sorretti dal suono vigoroso di un contrabbasso, utilizzato in modo del tutto particolare per dare forti accenti di battuta e segnature ritmiche, tanto da far apparire gli strumenti musicali, suonati dal bravissimo trio, dotati di una propria vita che hanno saputo miscelare sapientemente musica imponente, incisiva che cedeva il passo a note struggenti e passionali.I musicisti sembravano essere all’unisono con la musica e ciò traspariva anche dall’espressioni dei loro volti.Per rendere più incisivo il nuevo tango, il trio si è avvalso dell’esecuzione di due tangueros, i ballerini Daniela Demofonte e Eduardo Moyano, che hanno entusiasmato e appassionato il pubblico infreddolito presente alla Vallisa, con i loro passi intrecciati dove si è ammirato un lavoro di tecnica ed una capacità di dominio del proprio corpo.Bello lo spettacolo musicale e di danza proposto e che il pubblico barese ha saputo ben apprezzare e proprio per questo motivo non si comprende come mai questo genere di rappresentazione viene proposto in luoghi ristretti come la Vallisa, visto che ormai i baresi sempre più spesso si affacciano in teatri preferendoli alla pizzeria. In questo caso è preferibile far pagare 1 o 2 euro il biglietto anziché renderlo gratuito a dare la possibilità di far accedere più persone allo spettacolo in luoghi più spaziosi , perché la cultura non è riservata a pochi ma è di tutti.
Anna DeMarzo

martedì 2 gennaio 2007

Concerto di Capodanno ritmo e vocalità del Gospel con i Black Harmony


Ieri 2 gennaio alle ore 21 allo Sheraton Nicolaus di Bari la Camerata Musicale Barese ha accolto il Nuovo Anno con il tradizionale “Concerto di Capodanno” all’insegna del Gospel ,protagonista il gruppo gospel “BLACK HARMONY”.La storia dei Black Harmony ha radici profonde e consolidate: il gruppo ha recentemente festeggiato i 15 anni di carriera, e a tutt’oggi costituisce una delle realtà più vitali ed interessanti della vocalità gospel.A conferma di ciò i Black Harmony sono stati recentemente insigniti di prestigiosi premi e riconoscimenti per il loro stile, per i particolari arrangiamenti musicali e la qualità vocale.Ciascuno dei membri dei Black Harmony vanta un background artistico molto ricco che annovera collaborazioni eccellenti con nomi del panorama musicale internazionale quali Phil Collins ed Andrea Bocelli e Jessye Norman.Il gruppo è composto da 10 elementi: 2 soprani, 2 mezzosoprani, tenore, baritono, basso e 3 musicisti (tastiera, batteria e basso).Lo show, ha prima scaldato il pubblico con un'alternanza di inni alla gioia e di malinconici brani per poi esplodere nella seconda parte dello spettacolo in un grande contenitore di entusiasmo e voglia di vivere. Un evento unico nel suo genere. "Amen", "Amazing Grace" ma soprattutto "When the Saints" e l'attesissima "Oh Happy day" hanno trasmesso agli spettatori un ritmo irrefrenabile. Troppo piccole le poltrone per contenere l'irrefrenabile carica trasmessa dal gruppo, non tarda la risposta di un pubblico in piedi e portare il tempo battendo le mani e muovendosi al ritmo della musica come mai partecipe ad uno show. Senza negare lo spirito blues e soul delle melodie gospel i "Black Harmony" hanno contaminato la serata con i ritmi esotici della Martinica, come dimostrato da alcuni brani in lingua creola. Non banale, non ripetitivo, lo spettacolo ha alternato momenti di grande carica emotiva in cui tutti gli elementi del gruppo, insieme e singolarmente, hanno dato prova non solo di grande professionalità ma di un desiderio vivo di divertirsi e far divertire. Divertente anche la parentesi regalata dai tre accompagnatori agli strumenti musicali: basso, batteria e tastiera hanno regalato alcuni momenti di puro talento artistico, a dimostrazione che anche i comprimari in realtà sono professionisti di mestiere.
La Redazione