PHOTOGALLERY by Egidio Magnani

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venerdì 29 febbraio 2008

Bari - Nanni Moretti in 'Caos Calmo' la storia di un uomo che tenta di risalire dal baratro di un profondo dolore


Il sesto appuntamento per il ciclo “pellicole a colloquio”, ha visto a Bari, la presenza dall’attore e regista Nanni Moretti, del regista Antonello Grimaldi e del produttore barese Domenico Procacci, per la presentazione ma soprattutto per parlare del loro ultimo lavoro “Caos Calmo”.

Il teatro Kursaal, è risultato stracolmo di pubblico, interessato ma per lo più incuriosito per le vicende che hanno preceduto l’uscita del film.

Il film è da oggi alla sua quarta settimana di programmazione e i risultati sembrano soddisfacenti.

D.: Grimaldi, quando ha seguito la sceneggiatura e la regia di questo film, tratto dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi, vincitore dell’ultimo premio Strega, pensava più a un film d’autore o ad un film che arrivasse a parlare ai giovani?

R.: Pensavamo, non solo io ma anche Nanni e Domenico, che dietro c’era un romanzo che aveva venduto molto. Mentre giravamo il film ci siamo resi conto che lo stavamo alleggerendo rispetto al libro, che al contrario si concentra di più sul lutto e sul dolore. Nel film ogni tanto si scivola sull’ironia per attenuare una storia che parla di fatti forti.

D.: Moretti dopo “La stanza del figlio” dove si parla della morte del figlio, un altro film dove è la morte che fa da filo conduttore, in questo circostanza la morte della moglie. E’ un caso?

R.: Non so se per pigrizia o per rimbambimento, ma non ci ho proprio pensato. La morte è presente in queste due storie, ma il modo di reagire del protagonista è differente.
Nella prima è una storia che va contro la retorica dove il dolore non unisce ma divide.
In Caos Calmo non c’è la disgregazione familiare, anzi la famiglia, in questo caso padre e figlia, si compatta.

D.: Grimaldi come è avvenuta la scelta degli attori?

R.: Per quanto riguarda Moretti è lui che si è proposto al momento che abbiamo attivato la scrittura del copione. Per gli altri attori è stata una scelta facile perché sono tutti attori con cui avevo già lavorato, tranne per Valeria Golino.

D.: Moretti, dopo 11 anni ritorni a fare solo l’attore e non il regista, come ti sei comportato con Grimaldi hai interferito nel suo lavoro, consigliandolo?

R.: Ho solo chiesto di partecipare alla sceneggiatura e ai dialoghi di “Pietro Paladini”, per poterli calzare sulla mia personalità e capacità di attore.
Per quanto riguarda la regia , io e Antonello abbiamo due modi di apportarci completamente diversi, che non ho interferito, mi sono lasciato guidare.

D.: Tanti attori, di spessore dalla Golino, ad Isabella Ferrari, Alessandro Gassman, Silvio Orlando, Kasia Smutniak …

R.: Ma la più professionale è stata la “figlia” - incalza Moretti – che ci bacchettava se non ripetevamo le battute a memoria come da copione. Io ogni tanto me ne uscivo che ero uno degli sceneggiatori e potevo cambiare qualcosa.

D.: Non si può non parlare della tanto famosa scena erotica tra Moretti e Isabella Ferrari che ha scatenato un putiferio, che sensazioni ha provocato?

Già il libro aveva scatenato polemiche, - risponde Procacci - dove la scena è sicuramente più dettagliata e cruda, e nel film non poteva essere tagliata.
Dal divertimento iniziale, dall’enfatizzazione da parte dei giornali, dall’isteria che è proseguita questo si mi ha infastidito, perché la curiosità del film si è ridotto a solo quella scena.

Caos Calmo è la storia di un uomo che tenta di risalire dal baratro di un profondo dolore "Mi chiamo Pietro Paladini, ho quarantatré anni e sono vedovo" così inizia il romanzo di Sandro Veronesi , ma dopo il caos calmo per Pietro Paladini incomincia l’epoca del risveglio, perché occorrono eventi traumatici per ristabilire in ognuno di noi l’ordine dei valori.

Anna deMarzo

Bitonto (Bari) - 7 Piani, una discesa nelle paure interiori dell’uomo con Ugo Pagliai e Paola Gassman


Una commedia quella di ieri sera presentata al Teatro Traetta di Bitonto, che ha fatto ridere ma molto sorridere e pensare “7 Piani” con un magnifico e in gran forma Ugo Pagliai e la sua compagna di vita e palcoscenico Paola Gassman.

Tratto da un racconto di Dino Buzzati, che ama descrivere la quotidianità dell’uomo con tutte le sue avventure e disavventure, trasportandolo come un gioco in un mondo estraneo che ha l'apparenza della normalità, ma in seguito si lascia scoprire come qualcosa di inaspettato quasi surreale, coinvolgendo il protagonista ma anche lo spettatore, come se seguisse un giallo, nell’attesa di conoscere in che modo andrà a finire.

“7 Piani” è la storia di uomo che come Dante, nel mezzo del suo cammino si ritrova a scendere i gironi dell’Inferno, ma lui è solo, con la paura di non riuscire a riveder le stelle, ma in quella solitudine scopre i propri sentimenti a lungo repressi.

Ugo Pagliai è Giuseppe Corti, un avvocato patrocinante in cassazione di 56 anni, un uomo tutto casa e studio che come il Dr. Jekyll e Mister Hyde ha due volti.

Il primo quello dell’austero avvocato che non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno e che per un nonnulla, visto che lui è un legale, fa cause a tutti , tanto non gli costano nulla. Con la sua segretaria è un autoritario lo è anche con il preside di una scuola vicino al suo studio, che assilla e lo convoca continuamente a causa degli atti vandalici che i suoi studenti recano al suo motorino.

Ma quando ritorna a casa, lui single non per scelta ma per dovere, si ritrova a battibeccare con una madre vedova da anni, che lo ricatta moralmente e lo tiene ben stretto alla sua gonna per non restare sola. Così si ritrova ad essere un “badante” di una madre allarmista e dispotica.

In quel mondo che si è costruito, rodato come un orologio, l’unica macchia, è quel “coso” che si è formato sotto il suo occhio. Una macchia quasi invisibile che cerca di nascondere maldestramente, una screziatura che sporca il suo mondo lindo e perfetto, così è il caso di andare dal medico che gli identifica una ortofotoplasmosi, un parolone che incute paura, ma il medico gli assicura che non è niente e la migliore cura è l’ACP (aspetti che passi).

L’unico giorno o meglio le uniche ore che l’avvocato dedica a sé stesso sono quelle del sabato sera andando sempre da solo, perché non ha amicizie , al cineforum.
Proprio lì incontra Elisabetta Giusti (Paola Gassaman) una donna che è un vortice di emozioni, disinvolta, spigliata esattamente il suo opposto, tanto che con lei ,quando parla balbetta, non sembra più sicuro. Una donna che ama sognare e lo fa dipingendo quadri e quando gli regala il ritratto che le ha fatto gli spiega che il disegno è la confluenza di due spiriti : di chi dipinge e di chi posa e ora loro sono un’unica cosa.

L’avvocato si innamora di Elisabetta, ma prima di andare a vivere con lei decide di togliersi quel brufolo che turba la sua perfezione, così di reca nella clinica Beldì.

Una clinica di 7 piani posta in un luogo non precisato circondata da monti e lontana dagli occhi della civiltà, tanto che diventa difficile comunicare con il telefonino, ed è proprio qui che inizia il dramma dell’avvocato.

Gli spiegano che in quella clinica separano nettamente le patologie a seconda della loro gravità.
Al 7° le forme leggerissime; al 6° quelle leggere da tenere sotto controllo; al 5°quelle più serie e così via via. Si capisce che ogni piano è un mondo a sé, tanto che Corti si domanda: “Se al 4° sta chi sta veramente male al primo chi ci và ?”.

Ma per sua fortuna Corti è rincuorato, lui si trova al 7° piano con tutti i confort, anzi gli pare di stare in un albergo a cinque stelle, ma come in un incubo e con stratagemmi dell’equipe medica, si ritrova a scendere di piano in piano contro la sua volontà e a nulla valgano le sue resistenze.

L’angoscia lo attanaglia come una morsa. Perché tutto questo sta accadendo proprio ora che ha conosciuto l’amore che ha un motivo per esistere ed essere davvero sé stesso ora che ha incominciato a guardare al futuro con occhi diversi.
E allora capisce che “la vita è fatta di imprevisti solo i mediocri non né tengono conto” e che “non abbiamo tutto il tempo che vogliamo ma abbiamo solo il tempo che ci resta”.

Uno spettacolo di due ore piacevoli dove si è potuto ammirare un Ugo Pagliai eccezionale che è stato sempre presente in scena. Nel cast oltre a Ugo Pagliai e Paola Gassman ci sono Roberto Petruzzelli, Raffaele Spina, Roberto Vandelli, Michela Ottolini e Paolo Bufalino.del Teatro Stabile di Verona.
La regia di paolo Valerio.

Da sottolineare le belle scenografie, molto particolareggiare e il bel gioco di teli e luci per differenziare i vari ambienti.

Anna deMarzo

martedì 26 febbraio 2008

Bari - I Cameristi rendono omaggio a Messiaen


L’Accademia dei Cameristi, unica associazione che da anni opera a Bari per dedicare uno spazio esclusivamente alla musica da camera, ieri sera è ritornata ad esibirsi nella suggestiva cornice della Chiesa Vallisa.

Il programma, quantomai impegnativo, ha visto esibirsi al clarinetto Vito Dicintio, al violino Serena Soccoia, al violoncello Gaetano Simone e al pianoforte Viviana Velardi.

La serata si è aperta con il trio (clarinetto, violino e pianoforte) di Aram Khacaturian (1903-1978), compositore armeno che riporta nella sua musica influssi folklorici della sua terra.
Il Trio è un’opera del 1932, particolarmente piena di melodie orientali nel primo e nel terzo movimento, e di elementi jazzistici nel terzo presenti soprattutto nella parte pianistica, a cui si contrappongono le melodie si sapore orientale del violino e del clarinetto in un dialogo intrecciato.

Intensa e trascinante l’esecuzione dei tre giovani musicisti i quali hanno dato una ineccepibile lettura dell’opera attraverso uno stupefacente spettro di finezze coloristiche.
La seconda parte del programma era doverosamente dedicata ad Olivier Messiaen (1908-1992), poiché quest’anno ricorre il centenario della sua nascita.

Il Quartetto per la fine dei tempi per clarinetto, violino, violoncello e pianoforte del 1941 è un’opera di straordinario valore, alta spiritualità e misticismo.

Solo il titolo dato ai pezzi ne rende l’idea:
Liturgia di cristallo-Vocalizzo per l’Angelo che annuncia la fine dei Tempi-Abisso degli uccelli-Intermezzo-Lode all’Eternità di Gesù-Danza del Furore per le sette trombe-Arcobaleni in disordine per l’Angelo che annuncia la fine dei Tempi-Lode all’immortalità di Gesù.
Il Quartetto si staglia in una posizione isolata nell’orizzonte della modernità musicale, si presenta come la promessa musicale della redenzione intesa come fine del tempo, nato in un’epoca tragica e segnata dalla profonda crisi di valori ed orrori. La musica scaturisce dalla meditazione su un testo religioso, il capitolo X dell’Apocalissi di S.Giovanni.

Il Quartetto, di una suggestione inimitabile, è di grande complessità ritmica, i valori ritmici tradizionali sono presenti solo in alcuni momenti del brano.

Messiaen usa modi ritmici indiani e crea una sua teoria sui valori ritmici, ed un suo linguaggio ritmico speciale:
“il sentimento di un valore breve (la semicroma, ad esempio) e le sue moltiplicazioni libere”; le “forme ritmiche” che sono i valori aggiunti, i ritmi aumentati o diminuiti, i ritmi non retrogradabili, il pedale ritmico. Tutto ciò e tanto altro ci sarebbe da dire su questo meraviglioso pezzo e sulla sua estrema difficoltà che è un banco di prova per gli esecutori riguardo ad insieme, intonazione, tecnica esecutiva.

L’indiscussa qualità degli interpreti, l’eccezionale affiatamento e l’uniformità di intenti interpretativi hanno reso l’esecuzione dell’opera a dir poco impeccabile e a tratti commovente regalando così al pubblico presente in sala momenti di straordinaria intensità.

Successo caloroso e meritato.

Alessandra Stallone

sabato 23 febbraio 2008

Bari - Carlo Verdone, Claudia Gerini e Geppi Cucciari presentano 'Grande, Grosso e … Verdone'


Il 7 marzo uscirà nelle sale cinematografiche l’ultimo film di Carlo Verdone “Grande, Grosso e … Verdone” che lo vede nel doppio ruolo ormai a lui consono di attore- regista nonché anche di sceneggiatore, assieme a Piero De Bernardi e Pasquale Plastino.

Per la presentazione del Film, sono venuti a Bari proprio Carlo Verdone e due delle sue “mogli”, le protagoniste : Claudia Gerini e Geppi Cucciari.

Un nuovo film che fa riferimento al passato dato anche l’assonanza del titolo con “Bianco rosso e Verdone” del 1981, ma come spiega lo stesso Verdone sono passati ben 27 anni, e le cose nel frattempo sono cambiate e chiarisce perché scrivere e dirigere un film con la riproposizioni dei personaggi che lo hanno reso famoso e che fanno parte del cult del cinema italiano.

“Il tutto nasce su commissione. Sul sito del mio fan club, mi sono sopraggiunte richieste da parte dei miei ammiratori che chiedevano di rivedere proprio quei personaggi.

Ne ho parlato col produttore Aurelio De Laurentiis, che mi ha detto : “io sono uno di loro, ma poiché sono passati tanti anni dobbiamo evolvere i personaggi con la loro età”.

“Così mi sono messo al lavoro – continua Verdone – ma la paura mi prendeva mentre scrivevo perché avevo il timore della competitività con il passato. Così ho dovuto sterzare per dare un senso al film, mantenendo intatti il DNA di quei personaggi riportandoli all’età che mi appartiene. Quindi li vedremo sposati e con figli a carico, mentre il clima e le storie sono diverse”.

E’ proprio il clima ad essere il comune denominatore di questo film, che racchiude tre minifilm non intrecciati tra di loro, dove il “candore” è contrapposto alla “volgarità”, volgarità che fa da padrona e che si è insinuata nella nostra vita di questo millennio.

“Negli anno 80 con Bianco, rosso e Verdone - spiega il regista - si nota che nel film ci si rivolgeva alla Sora Lella, dandole del Voi, ultimi sprazzi di una certa Roma.

Con gli anni 90 si inizia a condannare i veri abitanti storici, deportandoli in periferie anonime.

L’humus del popolino non c’è più. Il loro posto viene preso da immigrati che cambiano il volto della città dando inizio alla diffidenza.

I muri delle città sono sfregiati dagli spray, non c’è più controllo non esiste più il rispetto totale della città, questo perché viviamo in una grande “cafoneria” che non è libera espressione.

La volgarità nasce dai cattivi esempi che non vengono puniti, basta guardare il nostro Governo”.

Come si può immaginare i tre minifilm sono riproposti in un periodo privo di etica e di contenuti dove i “coatti” non sono i veri cafoni, perché loro sono naturali, ma i veri volgari sono quelli incravattati e ben vestiti.

Tre storie, la prima quella tragico-comica della famiglia di Leo Nuvolone, dove Verdone impersona una “candido” un “ingenuo” alle prese con un impresario funebre che come un avvoltoio cala senza preavviso nella loro casa al momento del decesso della madre di Leo e che li trascina in un vortice che sembra non avere uno spiraglio di uscita.

In questo episodio la moglie di Leo è impersonata da Geppi Cucciari al suo primo film.

“Non potevo immaginare una partenza migliore –sostiene Geppi Cucciari – che iniziare con Verdone. Mi ha diretto con grande delicatezza ed è stato difficile impersonare una moglie dal carattere forte e autoritaria trattenendo le risate. Perché per registrare il film si è riso tanto e molto spesso per proseguire nelle scene abbiamo improvvisato”.

Il secondo film è il ritorno del professore logorroico e dispotico, Callisto Cagnato. L’evoluzione del personaggio è il suo carattere sinistro.

“Devo ammettere – sostiene Verdone – che questa è una delle mie migliori performance. Mi sono appropriato di quel tipo, tanto da far trasparire qualcosa di teatrale e di sordido che non mi aspettavo, da dovermi chiedere se io non sono un po’ come lui”.

Nel terzo episodio rivediamo i coatti romani, che non sono Ivano e Jessica di Bianco, rosso e Verdone, ma Moreno Vecchiuti e sua moglie Enza, interpretata da Claudia Gerini.



“E’ un grande ritorno alla commedia con Carlo – dice Claudia Gerini – dopo l’ultimo film in cui abbiamo lavorato assieme “Sono pazzo per Iris Blond” del 1996. Anche qui impersoniamo dei personaggi sopra le righe, una coppia di arricchiti cafoni, che assieme al loro figlio Steven (Emanuele Propizio) si recano in vacanza a Taormina nel più lussuoso albergo della località. Immaginatevi cosa può accadere”.

In questo film termina Verdone ci sono molti dettagli, che occorre capire ma che fanno riflettere; in fin dei conti si rispecchia una realtà che non è distante da noi ma che ci appartiene.

Nel cast ci saranno,Eva Riccobono, Andrea Miglio Risi, Roberto Farnesi e Martina Pinto.

Il titolo del film, evocativo delle prime pellicole di Verdone, è stato inventato e proposto da un suo fan , Gabriele Cosmelli.

Anna deMarzo

giovedì 21 febbraio 2008

Bari - Il ritorno dei Neri per Caso con 'Angoli diversi'


Si sono fatti attendere, ma dopo sei anni sono “usciti alla grande” , sono i Neri per Caso , che ieri sera hanno divertito ed entusiasmato il pubblico intervenuto alla Feltrinelli di Bari alla presentazione del loro ultimo lavoro “Angoli diversi”.

Già da qualche settimana ad anticipare l’uscita dell’album è stato il singolo “What a fool believes” cantata duettando con una delle voci più “nere” dell’universo musicale italiano, Mario Biondi, in classifica come uno dei brani più ascoltati.

L’intervista effettuata con i sei cantanti di Salerno è stata divertente ed insolita, perché hanno giocato con le risposte, accavallandosi uno sull’altro per parlare o per aggiungere qualcosa che qualcuno aveva omesso, rispondendo anche con una inflessione pugliese o con il loro modo di cantare che li contraddistingue a “ cappella”.

Chissà perché per ottenere una risposta seriosa, lo sguardo cadeva su Ciro che ci ha detto :

“Dal 2004 avevamo l’idea di produrre un disco a tema ma quello che ci allettava di più era il discorso dei duetti.
Un progetto ambizioso e sicuramente faticoso, quello di coinvolgere cantautori a cantare a cappella con noi, ma quando ci arrivi e ascolti il risultato è davvero una “goduria””.

D.: Perché “Angoli diversi”?

R.: “Angoli diversi” perché i brani scelti sono letti da una inclinazione, un’angolatura diversa, con un arrangiamento mio e di Diego, che non stravolge la versione originale ma la rende più moderna, tenendo conto che nell’album ci sono pezzi datati anche di 30 anni e più come “Senza fine” cantata con Gino Paoli o “Piccola Katy” con i Pooh”.

D.: Come è nata la collaborazione con questi grandi artisti italiani ?

R.: Con alcuni di loro, in questi dieci anni di carriera li abbiamo conosciuti e siamo stati ospiti nei loro concerti, come è accaduto con Dalla, Baglioni e Paoli, che hanno aderito con entusiasmo.
Più divertente è stato l’incontro con Mario Biondi. E’ venuto a conoscenza su internet di questo nostro lavoro e che stavamo stilando una lista. Sempre con internet si è messo in comunicazione con noi chiedendoci di partecipare.

D.: Come è stato lavorare con questi professionisti?

R.: Sicuramente eccitante. La manifestazione di stima reciproca ci ha permesso di ottenere un buon lavoro ed è stato impressionante, ascoltare e dare l’OK alla prima traccia del brano cantata da Baglioni e Mango, cantanti con un estensione particolare di voce. Quando il brano è stato mixato andava già benissimo ed era bellissimo.

I Neri per Caso hanno allietato i presenti alla Feltrinelli cantando canzoni non inserite nel nuovo CD, come “Jamming” di Bob Marley e “Je so pazze” di Pino Daniele, e Diego ha concluso l'incontro spiegando “ai nostri concerti ci si diverte perché noi non ci prendiamo mai sul serio e seguiamo alla lettera la parola inglese “play” che assume il significato di giocare, cantare e suonare”.

Il nuovo album prevede come abbiamo già detto la partecipazione di ben 11 grandi artisti italiani, e nel loro prossimo futuro i Neri per Caso prevedono di produrre un altro CD con voci femminili e poi con artisti stranieri.
Non ci resta che attendere e per ora sacoltare questo fantastico Cd, che non appare come la solita riproposizione di una cover, ma aggiunge qualcosa ai brani rendendoli speciali.

La tracklist :

7000 caffè con Alex Britti
Bella d’estate con Mango
What a foll believes con Mario Bianchi
Senza fine con Gino Paoli
Prima di andare via con Neffa
Piccola Katy con i Pooh
Il pescatore di asterischi con Samuele Bersani
Balla Balla Ballerino con Lucio dalla
Ci vuole un fisico bestiale con Luca Carboni
Un grande salto con Raf

Anna deMarzo

martedì 12 febbraio 2008

Bari - Silvio Muccino presenta il suo 'Parlami d'amore' con Carolina Crescentini


E’ vero siamo nel mese di febbraio e precisamente nella settimana degli innamorati e non poteva certo mancare nelle sale cinematografiche un film d’amore.
Così il 14 febbraio, giorno di San Valentino si potrà assistere in almeno 500 sale in contemporanea in tutta Italia, all’opera cinematografa di Silvio Muccino con un titolo davvero originalissimo “Parlami d’amore” .

Per l’occasione l’attore, ormai anche regista, ma anche scrittore, poiché il film è tratto da un suo libro scritto a quattro mani con Carla Evangelista è stato presente, assieme a Carolina Crescentini, ieri pomeriggio a Bari presso la libreria Feltrinelli per pubblicizzare sia il libro che il film ma anche il CD, dallo stesso titolo, dove nella track list ci sono scelte musicali molto varie che ricoprono un ventennio musicale.
In questo modo Muccino ha voluto ben raccontare i due mondi dei due protagonisti quello di un ventenne (Sacha) e di una quarantenne (Nicole), mentre la colonna sonora è affidata all’interpretazione della cantante Skin su musiche di Andrea Guerra che canta “Tear down these houses”.

D. : Silvio come sei arrivato alla regia del film ?

R.: E’ una storia che ho maturato per due anni, ho studiato, nel frattempo ho fatto un videoclip con i Negroamaro e questo mi è servito per conoscere ed avere dimestichezza con la macchina da presa.

D.: E tuo fratello Gabriele ti ha aiutato in qualche modo?

R.: Mio fratello era invece uno dei motivi per non passare dall’altra parte della cinepresa.
Per tutto il tempo che ho seguito la regia del mio film, ho dovuto tenerlo lontano dal set, perché avevo il timore che un suo parere poteva influenzarmi troppo, tanto da trasformare il mio film nel suo.
Però lui è stato il primo a vederlo e grande è stata la gioia quando al termine della proiezione l’ho visto piangere.

La mia non è stata una scelta ambiziosa, il fine ultimo è stato quello di raccontare una storia anche andando incontro a qualche rischio.

D.: Come è caduta la scelta su Carolina Crescentini?

R.: Carolina è un’attrice appassionata abbiamo fatto un percorso faticoso di quattro ore che ci ha permesso di sceglierci. In fin dei conti siamo tutte e due perfezionisti.

D.: Carolina il 14 febbraio è una data che ti porta bene, l’anno scorso con l’uscita del film di Fausto Brizzi “Notte prima degli esami –Oggi” e questa’anno con “Parlami d’amore”

R.: A pensare che prima questa data non mi piaceva ma ora devo ricredermi, anche se è un caso l’uscita di questi film in questa ricorrenza, ora per me San Valentino resterà per sempre un bel ricordo.

D.: Come è stato lavorare con Silvio Muccino?

R.: Dura, veramente dura, perché Silvio è molto esigente.
Tanto esigente che non si accontenta di quello che fai. Per darti un’idea, mi ha fatto provare per ben trenta volte il solo modo di come mi sedevo.
Ma nel contempo fa anche il modo che il suo entusiasmo diventi il mio ma anche di tutto il cast.

D.: Benedetta è il personaggio che interpreti, come è stato?

R.: Scavare l’animo di un personaggio è una bella sfida e quello di Benedetta è stata una bella competizione.
E’ un ruolo drammatico dove la giovane mostra due maschere (l’apparenza e la realtà) il tutto per poter lasciare un segno, ma alla fine intravedi che è solo una corazza che gli serve per affrontare il mondo, a seguito di grandi traumi.

In fin dei conti è una ragazza che ha bisogno di essere abbracciata.

D.: Silvio i tuoi personaggi sono sempre belli e tormentati

R.: Ho interpretato nei miei film personaggi fragili che con il tempo mi hanno incastrato dentro un ruolo di chi nella vita deve sempre lottare.
Così ho fatto della insicurezza il mio filo rosso, perché in fin dei conti “amare significa mostrare le proprie debolezze”.

D.: Dopo Federico Moccia con il suo film “Scusa se ti chiamo amore”, riproponi anche tu la differenza di età in amore ?

R.: L’amore è il sentimento che fa guardare non all’età (che è un elemento secondario in un rapporto ) ma alla persona che ti sta di fronte e che può trasmetterti qualche cosa.
In fin dei conti il pretesto dell’età è solo un pretesto.

Silvio Muccino appare gasatissimo ed è tanto felice per quello che gli sta capitando in questi giorni , vorrebbe continuare a parlare con tutti e mentre distribuisce autografi invita tutti a seguire il suo film.

Anche se molti si domandano : se lui non si chiamava Silvio Muccino il suo libro sarebbe mai stato pubblicato e di seguito il suo film mai proiettato?


Parlami d’amore :

regia, regista: Silvio Muccino
cast, protagonisti, attori: Silvio Muccino,
Aitana Sanchez-Gijon,
Carolina Crescentini,
Geraldine Chaplin,
Giorgio Colangeli

Anna deMarzo

domenica 10 febbraio 2008

Altamura (Bari) Volley - Lines Ecocapitanata: contro Perugia resa con onore


Al PalaBaldassarra niente da fare contro le campionesse d’Italia

Altamura, 10.02.2008. La Lines Ecocapitanata incassa la terza sconfitta consecutiva del girone di ritorno di Findomestic Volley Cup ma contro le campionesse d’Italia della Despar Perugia esce dal campo a testa alta al termine di una partita nella quale la formazione altamurana ha saputo tenere testa alle blasonate avversarie in buona parte dell’incontro.

Probabilmente la maggior esperienza delle perugine ha fatto la differenza nei momenti cruciali di un incontro piacevole e, per lunghi tratti, giocato punto su punto dalle due compagini.

Coach D’Onghia opta per lo startin six abituale e manda in campo Pinese al palleggio in diagonale con Biamonte, al centro capitan Romanò e Paraja, sulle bande Fofinha e Denise, Sykora libero.
Sull’altra panchina il tecnico del Perugia tiene precauzionalmente da parte Mirka Francia in vista dell’impegno di Champions League e propone Marinova al palleggio in diagonale con Decordi, al centro il duo Gioli-Crisanti, sulle bande Pacale e Del Core, Arcangeli libero.

L’inizio è di marca perugina. Le ospiti controllano la prima frazione guadagnando anche sei punti di vantaggio prima di involarsi verso la conquista del primo set.

Il secondo vive sul maggior equilibrio in campo. L’Altamura riesce a staccare per prima al passaggio del secondo time out tecnico, tiene con autorità nei punti successivi con Biamonte che realizza tre dei punti necessari per riportare tutto in parità.
Nel terzo la musica cambia perché il Perugia si ricorda d’essere la squadra pigliatutto della passata stagione e porta a casa il parziale in venti minuti.

Nel quarto si torna a lottare su ogni pallone. L’equilibrio è perfetto fino al 18 pari poi Perugia prova ad allungare e Altamura insegue.
Sembra finita ma la Lines Ecocapitanata rinviene ancora sul 22-24, annulla i primi due match point ma al terzo non c’è nulla da fare e il Perugia torna alla vittoria dopo lo scivolone di una settimana prima.

Tra le fila della Lines Ecocapitanata da registrare i 19 punti di Fofinha e le buone prove delle centrali Paraja (14) e Romanò (10).



Le dichiarazioni dei due allenatori.

Giovanni D’Onghia: “Per come si era messo il quarto set non avremmo demeritato se fossimo arrivati al quinto…
Di fronte avevamo una grande squadra e in alcuni frangenti qualche imprecisione dettata dalla tensione ci è costata cara…
La squadra ha risposto bene e le cose che non riuscivamo a fare bene fino a qualche tempo fa oggi invece hanno funzionato meglio…
Sono soddisfatto della ricezione vista in campo peccato per i soliti problemi in contrattacco… Sono fiducioso perché c’è stato un buon atteggiamento, non abbiamo nulla da perdere contro nessuno e dobbiamo rimanere concentrati sempre…”.

Emanuele Sbano:”Sapevamo di venire ad Altamura e di trovare una squadra capace di lottare contro chiunque…
E’ stata una bella partita e sono contento di aver vinto senza andare al quinto set perché in questo periodo non stiamo giocando benissimo come in altri momenti, abbiamo margini di miglioramento ed una vittoria fa sempre bene al morale…
Ora ci aspetta la Coppa in una partita da vincere a tutti i costi e poi penseremo al resto…”.

I tabellini dell’incontro:
Lines Ecocapitanata Altamura – Despar Perugia 1-3.
(19-25, 25-21, 16-25, 24-26).

Lines Ecocapitanata Altamura. Biamonte 11, Pinese 5, Romanò 10, Denise 7, Fofinha 19, Paraja 12, Sykora (L).

N.e. Bland, Giogoli, Monitillo, Cacciapaglia, Orsi Toth.
Allenatore: Giovanni D’Onghia.

Despar Perugia. Pacale 14, Grbac, Frisanti 4, Marinova 3, Decordi 14, Arcangeli (L), Sacco (L), Pavlovic 3, Del Core 20, Gioli 18.

N.e. Francia, Shaposhnikov.
Allenatore: Emanuele Sbano.

Durata set: 21, 23, 20, 27.
Durata totale: 1h 31’.

Roberto Longo

venerdì 8 febbraio 2008

Bari – ‘Il contrabbasso’: La sottile comicità e l’ironia di Maurizio Micheli


E’ andata in scena ieri, nell’accogliente e intimo Teatro Abeliano di Bari, la prima del ‘Il contrabbasso’ di Patrik Suskind.
Diventato famoso con il romanzo ‘Il profumo’ che risale al 1985 e che gli portò fama internazionale, si cimenta, poi, con un testo teatrale, ‘Il contrabbasso, che non smentisce la sua bravura e che gli conferisce altrettanto successo internazionale.

Oggi, il testo si ritrova nella versione italiana di Annabella Cerliani e Maurizio Micheli che abilmente interpreta l’intenso monologo per il pubblico barese.

‘Il contrabbasso’ è un testo davvero carico di teatralità, le battute si susseguono repentine e gli spettatori per più di un’ora non distolgo lo sguardo dal protagonista.
In questa nuova versione è stato introdotto il personaggio di uno studente di contrabbasso che assiste, attonito e poi anche turbato, alle assurde elucubrazioni-confessioni di Franz Tricarico, berlinese di nascita ma con origini tutte italiane.

Ed è proprio lui che incomincia il monologo travolgente, lui che è fiero di essere un’orchestrale ma che in realtà viene pagato mensilmente alla stregua di una cameriera.
Frustrato, timido, impacciato, vive le angosce dell’ uomo-massa; dotato di cultura e sensibilità che fanno acuire le sue paure, oltre ad un mestiere che lo mette a contatto con un mondo dorato di maestri d’orchestra e cantanti-star che lo fanno sentire ancora più oppresso.

Franz, vive in una casa insonorizzata al 95% così da poter stare perennemente in contatto con la sola musica e anche quando non suona e lì ‘rinchiuso’ in solitudine, deluso e critico.
Proprio per questo crea un rapporto quasi morboso con il suo strumento…’odi et amo’ continuo lo portano ad esternare una serie di strani aneddoti che riguardano proprio il contrabbasso.
Come tutti i solitari, Franz, appena trova un’interlocutore è pronto per sommergerlo di parole, di racconti e di paure che riguardano persino il campo sentimentale.

La sottile comicità e l’ironia fanno divertire il pubblico barese, che sembra aver apprezzato molto la bravura e la simpatia di Micheli, ma alla fine si avverte quell’amaro in bocca dettato dalle scelte del nevrotico Franz.

Maurizio Micheli, sotto la regia di Marco Risi, offre un’interpretazione eccellente e che potrete ancora gustare nelle prossime repliche previste per stasera, venerdì 8 (ore 21), per sabato 9 (ore 21) e domenica 10 (ore 18) nella rassegna ‘Actor’ al Teatro Abeliano di Bari.

Luana Martino

sabato 2 febbraio 2008

Bari - C’era una volta… 'La Rosa Bianca' storia di sofferenza, commozione e amore puro della libertà.


Libri, pile di libri sovrapposti uno sull’altro, giornali dove in copertina c’è la “star” del momento Adolf Hitler, così si è presentato il palcoscenico ieri sera al Teatro Abeliano di Bari ,per rappresentare “La Rosa Bianca” scritto, diretto ed interpretato da Raffaello Fusaro, che si è ispirato all'omonimo testo di Maurizio Donadoni.

Libri che hanno lo scopo di far conoscere i molteplici pensieri umani, libri che documentano la storia di uomini nel loro breve passaggio su questa terra, ma che sono anche un biglietto meno caro per poter viaggiare in tutti i luoghi del mondo, libri che illuminano le menti degli uomini ma che nel breve periodo di soli 12 anni dal 1933 al 1945, sono stati considerati pericolosi, tanto da essere bruciati.
Così le piazze della Germania in quell’arco di tempo furono illuminate da migliaia di falò alimentati dai libri di autori ritenuti sovversivi al potere.
Ma dove si inizia a bruciare i libri, si inizia a bruciare anche le persone.
E l’Europa diventò un falò di carne umana.

Lo spettacolo di Fusaro inizia con : “C’era una volta …” e cronologicamente, con dovizia storica narra la vita di Adolf Hitler, delle sue umili origini (forse ebraiche), della sua infanzia di bambino maltrattato da un padre violento (ma questo può giustificare quello che ha fatto ?) fino all’ascesa al potere del popolo tedesco sfruttando solo la sua arte oratoria ed un programma di eliminazione fisica sia dei propri avversari ma anche di persone che lui non riteneva “pure” ma “inferiori” come gli ebrei, gli omosessuali, gli handicappati, il tutto per privilegiare la razza ariana.

Lo spettacolo si è avvalso di uno schermo dove venivano proiettate immagini storiche riguardanti la deportazione degli ebrei, dello loro “non vita” nei lager, e immagini tratte dal film di Charlie Chaplin “Il grande dittatore”.
Per ironia sia Chaplin che Hitler sono nati nello stesso mese ed anno con soli 4 giorni di differenza, ma uno ha fatto ridere e l’altro ha fatto piangere.

Fusaro è solo sul palcoscenico ma interpreta diversi personaggi, dello stesso Hitler recita brani tratti dai suoi innumerevoli discorsi salendo su una sedia rossa.


“C’era una volta …” ed impersona un giovane tedesco che si trova coinvolto in una guerra che non comprende.

“C’era una volta…” e diventa un gruppo di cinque giovani tedeschi dell’Università di Monaco, poco più che ventenni composto da Hans e Sophie Scholl, Alexander Schmorell e Willi Graf e dal loro professore Kurt Huber, che si opposero in modo non violento al regime nazista, fondando il gruppo “La Rosa Bianca”.
Cinque giovani armati solo del loro pensiero libero e democratico e di una ciclostile che stamparono 15 mila copie di sei diversi volantini con lo scopo di svegliare le menti sopite e assoggettate dei tedeschi dal regime nazista; volantini che incitavano a ribellarsi perché per un popolo civile non c’è niente di vergognoso che essere guidato da un pazzo e se non reagisce allora il popolo merita il governo che tollera.
Ma furono scoperti e ritenuti colpevoli e a causa delle loro idee disfattiste furono condannati a morte.

Certo la loro morte non contribuì ad abbattere il regime nazista ma questi cinque giovani vollero fare qualcosa nella loro vita per il desiderio di una giustizia assoluta e la loro prematura morte li ha resi e consegnati al mondo giovani per sempre. Giovani di ieri che possono parlare ai giovani di oggi e ai giovani del futuro, per far si che tutto questo non accada mai più.

Lo spettacolo si conclude proprio con le loro immagini, fotografie carpite da un album di ricordi familiari, con il sottofondo musicale della canzone di Bob Dylan For ever young.

Bravissimo Raffaello Fusaro che con un ritmo incalzante per 60 minuti tiene incollati gli spettatori trasmettendo sofferenza, commozione e amore puro della libertà con la speranza che il "C'era una volta..." si tramuti nel nostro oggi e nel nostro futuro nel "Ci sarà per sempre ... la voglia di essere liberi e giusti".

Anna deMarzo