domenica 18 gennaio 2009
Bari - Una 'Bisbetica domata' in chiave moderna
E’ andato in scena ieri sera per la stagione ‘Actor’, al Teatro Abeliano di Bari, lo spettacolo ‘La Bisbetica domata’, un classico di William Shakespeare, rivisto in chiave moderna dall’artista abruzzese, Stefano Angelucci Marino che ha curato anche la regia.
Con lui sul palcoscenico gli attori della compagnia Teatro del Sangro : Antonio Crocetta, Rossella Gesini, Vittoria Oliva.
Marino, ama parlare della sua terra e lo si è visto in tutti gli spettacolo proposti a Bari, da Arturo lo chef , Micchele Pari a Capitan Harlock, quindi non poteva esimersi nel rielaborare la commedia shakespeariana e dislocarla in una nota località abruzzese, Francavilla a Mare, rivestendola di abiti moderni, dove a tratti si è recitato con un linguaggio attuale e un istante dopo si potevano apprezzare le parole scritte dal più grande drammaturgo inglese.
Gli attori si muovono su un palcoscenico, dove sedie di modernariato, assi e sgabelli di legno, a seconda della locazione assumevano ora i tetti di un caseggiato, ora un muro da abbattere, ora una tavola imbandita per un matrimonio da celebrare.
La storia della “Bisbetica domata” è ben nota, dove mascheramenti , sotterfugi ma soprattutto l’amore sono i protagonisti.
Lucenzio, figlio di Vincenzo della Val di Sangro, si trova a frequentare un famoso college, di Francavilla a Mare, un paesino della provincia di Chieti. Una sera di carnevale si innamora a prima vista della bella e dolce, Bianca, figlia di Battista, un ricco commerciante, ma viene a conoscenza che non può frequentarla a causa della sorella maggiore Caterina, nevrotica e bisbetica, finché quest’ultima non si sposi.
Caterina a causa del suo carattere non ha nessun pretendente, e quei pochi che si avventurano scappano a gambe levate, a causa del suo caratteraccio.
Lucenzio intravede un’unica possibilità , quella di presentarla al suo amico, Petruccio, un giovane irriflessivo e avventato, un donnaiolo senza scrupoli, che gli ha confessato di essere stanco della vita disinibita che finora ha condotto e che cerca una donna da sposare.
Quando viene a conoscenza del carattere indomito di Caterina, l’accetta come una sfida e scommette che entro due settimane la porterà all’altare.
Ma come entrare in casa di Battista che ha vietato l’ingresso a tutti gli uomini ed eventuali pretendenti di Bianca, tranne che non siano preti?
I due allora si travestono, Petruccio da Don Catilino e Lucenzio da Suor Adelaida e si da il via ad una versione grottesca della religione.
Quando i due si rivelano chi sono, Caterina tenta di scappare, ma sia il padre che la sorella, la portano di forza all’altare, il primo per togliersi una figlia scontrosa ed irritante e la seconda per potersi anche lei maritare.
Petruccio attua un suo piano per soggiogare e spezzare la volontà della moglie. Come un perfetto carceriere ricorre alla privazione del cibo e la vittima con l’andar del tempo
è domata
L’avvenuto soggiogamento deve essere manifestato ed esibito in pubblico e con un’altra scommessa Petruccio dimostra il cambiamento della moglie Caterina.
Ma nel frattempo anche Bianca ha subito una trasformazione, da docile e accomodante , si rivela una donna scontrosa e irrispettosa nei confronti del marito.
La commedia termina con l’allocuzione di Caterina sul dovere delle donne “Tuo marito è il tuo signore, la tua vita, il tuo custode, il tuo capo, il tuo sovrano … abbassare la cresta e mettere la mani sotto il piede dello sposo …”.
Ma la Caterina di oggi, ci insegna che per ottenere tutto dal nostro uomo, dobbiamo dare ad intendere di essere sottomesse.
Una commedia che ha dei riscontri psicologi e che fa riflettere perché ha lo scopo di mettere in guardia sulle false apparenze .
Stefano Angelucci Marino, attore, regista e drammaturgo, esperto in narrazione e commedia dell’ arte, ha lavorato per anni con i migliori professionisti, ha scritto ed interpretato molte opere e da anni tiene corsi e laboratori teatrali a Firenze ed in altre città italiane e straniere.
Anna deMarzo
Bitritto (Bari) - Ricordi, emozioni del grande De Andrè nel concertone della Premiata Forneria Marconi
Come i Beatles hanno scritto nelle loro canzoni “il rock non morirà mai”. La testimonianza tangibile di questa affermazione l’abbiamo avuta nella tappa al Palatour di Bitritto del tour di omaggio a Fabrizio De Andrè della Premiata Forneria Marconi, nel decennale della morte del grande cantautore genovese, che ha proposto i brani contenuti nel cd + dvd Pfm canta De Andrè, pubblicato l’anno scorso, che riprende la serie di concerti che la formazione tenne nel lontano 1979 con De Andrè.
All’epoca l’idea di arrangiare canzoni musicalmente minimaliste “tipiche di un cantautore” in chiave rock colpì la critica ed il pubblico, ma ebbe grande successo. Dai concerti fu tratto un fortunato album accompagnato dal successo di una scatenata versione de Il pescatore. Alcuni dei cosiddetti puristi sobbalzarono all’uscita dell’album con la Pfm. L’accusa a De Andrè fu quella di aver ceduto a compromessi commerciali, altri apprezzarono invece la svolta musicale del cantautore perché questa sterzata aveva permesso una valorizzazione delle sue canzoni anche dal punto di vista musicale.
Questa eterna diatriba continua ancora oggi, mantenendo vivo l’interesse nei confronti di queste icone della musica italiana nel mondo. A darne conferma, la presenza del numeroso pubblico al Concerto di Bitritto, eterogeneo e variegato, composto da tre generazioni. Un numero considerevole di giovani e teen ager, ci ha lasciati piacevolmente sorpresi, soprattutto nel dover constatare che quei valori rivoluzionari che il rock ha introdotto non solo nella musica, ma soprattutto nel tentativo di modificare un’epoca e una generazione, i mitici anni settanta, non sono del tutto decaduti.
Quei capelloni dalle lunghe basette, in un’epoca di qualunquismo imperante ci fanno ancora sognare.
Il concerto è stato suddiviso in due parti: nella prima l’omaggio a De Andrè, con le canzoni eseguite seguendo gli arrangiamenti originali. L’incipit, “Bocca di rosa” scelta non casuale, ha reso complice il pubblico dell’intero concerto, a seguire “Mille papaveri rossi”, “Un giudice”, “Andrea s’è perso”, Via del Campo”, Giugno 73, “Maria nella bottega del falegname”, Il testamento di Tito, “Il pescatore”, “La storia di Marinella”ecc, tutti brani propedeutici nel favorire le improvvisazioni anche con strumentazione informale, di cui la Pfm può ritenersi maestra. E’ stato un concerto raccontato dalle canzoni, pieno di ricordi, a partire dal periodo della Genova borghese in cui De Andrè aveva vissuto con la prima moglie e che nei testi delle sue canzoni aveva sempre rinnegato, avvicinandosi invece di straforo quando poteva alla Genova dei quartieri popolari dove viveva la gente umile e vera.
Nella seconda parte del Concerto i grandi successi della Pfm; a partire da “La luna nuova”, fino a “Fuori dal Cerchio”, quest’ultima metafora che li contraddistingue nell’ambito della storia della musica come gruppo rock al di fuori degli schemi, grandi musicisti meritevoli nel rappresentare egregiamente il rock in ambito internazionale, capaci ancora oggi di stupire e coinvolgere emotivamente il pubblico, trasformando un concerto in un avvenimento straordinario.
Allo spettacolo era presente il Sindaco di Bari Michele Emiliano che nel pomeriggio aveva consegnato nel foyer del Teatro Piccinni , le chiavi della città a Franz Di Cioccio (leader indiscusso del gruppo che nonostante l’ormai “veneranda età” ha dato grande prova di sé al pubblico pugliese, trascinandolo nelle emozioni più profonde che la musica riesce a dare), Patrick Djvas, Franco Mussida Lucio Fabbri e alle new entry Gianluca Tagliavini e al pugliese doc Piero Monterisi ”in segno di riconoscenza e apprezzamento per lo straordinario percorso artistico e musicale che ha segnato indelebilmente la storia del rock progressive italiano e internazionale”.
Maria Caravella
domenica 11 gennaio 2009
Bari – Laura Kibel ‘I piedi prendono vita e diventano personaggi del quotidiano’
Ieri sera è il caso di dirlo, ho visto uno spettacolo fatto coi piedi.
No, non è assolutamente come potete pensare, perché non è stato uno show senza impegno e capacità anzi … tutt’altro.
Infatti al teatro Abeliano di Bari è andato in scena lo spettacolo “Và dove ti porta il piede” di e con Laura Kibel, una burattinaia di fama internazionale che manovra i suoi burattini non solo con le mani ma soprattutto coi piedi, i quali non svolgono un’azione, come si potrebbe immaginare di locomozione, ma stravolgendo la forza di gravità si distendono verso l’alto per dare vita ad una serie di personaggi.
Laura Kibel riesce a dare un’esistenza ai “sottomessi” piedi, i quali assumono una forza espressiva, intensa ed eloquente.
All’entrata in teatro il pubblico mentre prendeva posto è rimasto incuriosito dalle numerose e coloratissime valige poste sul palcoscenico che facevano da allestimento scenico.
Una serie di valige, tutte rigorosamente dipinte dall’artista, che raffigurano quadri di artisti famosi ed ogni bagaglio non è altro che un contenitore allo scopo di racchiudere maschere, vestiti, manufatti utili per raccontare una storia diversa.
Così con sorprendente agilità e velocità Laura Kibel, trasforma ora il suo piede ora il suo ginocchio in un volto diverso, grazie all’ausilio di nasi di gomma parrucche e vestiti sempre tutti elaborati da lei, perché è un’artista a tutto tondo, in quanto è costumista e scenografa di teatro e cinema ed è anche musicista.
Infatti ha curato anche la colonna sonora dello spettacolo, scegliendo pezzi musicali che vanno dai suoni caraibici fino a quelli più impegnativi dell’opera, con brani della “Traviata” e de “Il barbiere di Siviglia”.
Come ogni favola che si rispetta ha un insegnamento morale , così anche le storie raccontate dalla Kibel, che con ironia e divertimento tocca vari argomenti che vanno dalla religione, all’attualità, all’ambiente.
Così la natività in “Terra Santa” rappresentata da Maria, Giuseppe, Gesù Bambino, il bue e l’asinello, diventa una natività in “Terra Minata” ed è Gesù Bambino che scrive la letterina di Natale con cui si augura che il prossimo 25 dicembre non nasca più in quella Terra; dove l’Angelo ed il Diavolo trovano un accordo per vivere in pace; il torero non uccide il toro e anziché sbandierare la mantella rossa, sventola quella del WWF e la poesia del principe della risata, Totò, ci ricorda che davanti alla morte siamo tutti uguali.
Uno spettacolo dove il pubblico ad ogni scenetta ha riso ed applaudito con entusiasmo, uno spettacolo che con umorismo, bravura non ci ha fatto stare solo con il naso all’insù ,ma ci ha portato con i “piedi” per terra.
Anna deMarzo
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