PHOTOGALLERY by Egidio Magnani

Powered By Blogger

lunedì 28 dicembre 2009

Bari - Con Morgan il Petruzzelli riapre le porte al Pop


Per la prima volta dalla riapertura del politeama barese niente smoking e abiti da sera. Finalmente per la prima volta i giovani che non avevano mai visto il Teatro si sono riappropriati del Petruzzelli in una serata indimenticabile.

Il 27 dicembre 2009 il Teatro Petruzzelli ha riaperto dopo vent’anni le porte alla canzone con un evento esclusivo, creato appositamente per il Politeama di Bari: Morgan al secolo Marco Castaldi ha reso omaggio ai maestri cantautori italiani e ai grandi esponenti del pop internazionale con un concerto per voce e pianoforte.

Lo spettacolo, concepito dallo stesso Morgan come un omaggio al Petruzzelli, è l’unico concerto programmato dall’Artista prima della del suo rientro ufficiale al Festival di Sanremo.
La risposta del pubblico non ha tradito le aspettative, anche se non ha portato il tutto esaurito per tutte le categorie di posti: stracolmi il quarto e quint’ordine ed il loggione. Un evento comunque che ha permesso a molti giovani di mettere piede per la prima volta nel neorinato Teatro.

Il repertorio del concerto è stato ricco di sorprese e di improvvisazioni, come ogni concerto che viene proposto da Morgan; in scaletta: David Bowie, Umberto Bindi, l’immancabile Sergio Endrigo, i Queen, i Beatles e Fabrizio De Andrè, oltre ad alcuni brani tratti dalle opere realizzate da Morgan solista con i Bluvertigo.

Il cantante per l’occasione, come aveva precedentemente annunciato ha dato spazio ad un omaggio a Domenico Modugno, grande artista nativo di Polignano a mare, spesso menzionato dallo stesso Morgan come uno dei suoi punti di riferimento in campo artistico.
Quello di Morgan al Petruzzelli è stato un concerto suggestivo e indimenticabile che ha consacrato il ritorno della musica pop nel Teatro Petruzzelli di Bari.

Lo stesso Morgan, lo ha concepito un evento unico: un concerto senza precedenti in cui proporre il suo talento e tutto il suo estro creativo in una veste e in una cornice inusuale e affascinante.
E’ stato lo stesso cantante, reduce dal successo di X Factor 3, a commentare questo concerto come l’occasione per lui, per una nuova sfida e la dimostrazione di affetto contraccambiato, nei confronti della città di Bari e del rinato tempio della musica.

Rivolgendosi ad alcuni giornalisti ha detto:
“È un grande onore per me, esibirmi in uno dei teatri più belli, importanti e prestigiosi del mondo. Questo concerto è una delle cose più belle che mi siano capitate. Chi si è battuto per ricostruirlo è stato un grande. E io aderisco con entusiasmo a questa rinascita come simbolo della battaglia per il bene: un esempio di lotta a quel tipo di sottocultura folle e criminale che mette il denaro dinanzi a ogni altra cosa”.

Infatti come preannunciato quello del Petruzzelli è stato un concerto differente da ogni suo precedente, un concerto in cui le canzoni hanno ritrovato la dimensione magica del contatto intrinseco e interattivo con il pubblico che ha risposto con grande entusiasmo e partecipazione.
Il genio più amato, odiato, ammirato e discusso del pop italiano degli ultimi 20 anni, si è confrontato con un repertorio originale ed eterogeneo, affidandosi come sempre al suo intuito e all’ispirazione del momento.

Singolare e stravagante, ma indovinato l’accostamento del pianoforte a coda con un PC e due palmari che hanno coadiuvato l’esibizione della grande star, come anche l’utilizzo informale del pianoforte, per l’occasione privo della copertura superiore, che lasciava libere le corde utilizzate anche per dei pizzicati in armonia con la tastiera.

Sul palco oltre il pianista e il suo pianoforte, solo occhi di bue per illuminare magicamente il teatro, seguendo il ritmo della musica, alcuni accessori multimediali e voci fuori campo, tra cui riconoscibilissima e inimitabile quella di Carmelo Bene, ingredienti risultati sufficienti per la riuscita di un grande concerto.

La Scaletta:

Ave Maria (Schubert)
Canzone Per Natale (Morgan)
Cos’è Questa Crisi? (Rodolfo De Angelis)
Lontano Dagli Occhi (Sergio Endrigo)
Crying In the Rain (A-ha)
Altrove (Morgan)
Nel Blu Dipinto di Blu (Domenico Modugno)
Ashes To Ashes (David Bowie)
L’Assenzio (Bluvertigo)
Storia d’Amore e di Vanità (Morgan)
Space Oddity (David Bowie)
Canone Inverso (Bluvertigo)
Amore Assurdo (Morgan)
Sunday Morning (Velvet Underground)
Animali Familiari (Morgan)
Vola Colomba (Nilla Pizzi)
Morire per delle Idee (Fabrizio De Andrè)
La Crisi (Bluvertigo)
Cieli Neri (Bluvertigo)
La gente bene (Morgan inedito)
Il mio mondo (Umberto Bindi)
Bohemian Rhapsody (Queen)
Arrivederci (Umberto Bindi)

Rosa Colombo

giovedì 3 dicembre 2009

Bari - 'L'Uomo Nero' poesia in pellicola di Sergio Rubini


Ci sono dentro tante cose che a ripensarle tutte sorprendono. Sarà questo il motivo per cui piace “L’uomo nero”, film presentato questa mattina a Bari dal regista-interprete Sergio Rubini, che ne firma anche la sceneggiatura con Domenico Starnone e Carla Cavalluzzi, e da alcuni attori del cast tra cui Riccardo Scamarcio, Valeria Golino, Vito Signorile e Mariolina de Fano.

Il racconto mette insieme il rapporto tra padre e figlio; la famiglia; il disperato bisogno di un uomo di veder riconosciuta la sua amatoriale vena artistica; il pregiudizio di una comunità gretta e ignorante; l’incapacità di riconoscere i meriti altrui; le paure; il mistero di immagini oniriche che sembrano volerci svelare qualcosa. Il titolo fa riferimento a tutto questo.

L’uomo nero è quel genitore cui il figlio si rifiuta di assomigliare perché imbarazzante, incomprensibile, poco partecipe nel ruolo di padre e marito perché troppo impegnato a fare l’artista. Si fa deridere dal paese, litiga con la moglie, non ha quell’autorevolezza che ogni figlio vorrebbe ritrovare nel proprio genitore. Il tutto ruota attorno a Gabriele, interpretato dal piccolo e spericolato Vito Giaquinto (in conferenza non è stato fermo e zitto un attimo), figlio del capo stazione Gabriele Rossetti (Sergio Rubini) e di un’insegnante (Valeria Golino).

Con loro vive anche lo zio Pinuccio interpretato da un brillante Scamarcio che si è divertito molto a interpretare il ruolo del “viveur di provincia”. La telecamera indugia spesso sul primo piano del bambino, vero autore del film, che con il suo sguardo limpido osserva da un angolo tutto quello che gli capita attorno per poi ritornare a giocare come tutti i bimbi della sua età. Ma l’uomo nero vuole essere anche altro. “Nel film – ha spiegato Rubini – ci preoccupiamo di far vedere l’uomo nero in una luce diversa. Gabriele Rossetti viene rivalutato quando il figlio ormai adulto (la parte viene interpretata da Fabrizio Gifuni, ndr) scopre un segreto che il padre ha tenuto nascosto per tanti anni.

Questo è un punto cruciale perché il silenzio ascetico di quest’uomo, gli conferisce una virilità che sembrava non avesse”. E allora non fa più paura neanche il macchinista del treno che per tutta la durata del film è un mostro spaventoso perché tutto sporco e pieno di fumo. Quando si scopre che è lui a lanciare dal finestrino le caramelle agli orfanelli, l’uomo nero si riempie di luce.

Il film è ambientato in un piccolo paese della provincia. Le scene sono state girate tra Mesagne e San Vito dei Normanni ritornando in quei luoghi che hanno fatto da setting già per “La Terra”. Non si parli però di pugliesità. Sergio Rubini è stato chiaro al riguardo: “La Puglia per me è uno spazio mentale, non è uno spazio geografico. Il film tratta di un provincialismo che tutto trattiene ma non in una dimensione specificatamente pugliese. La dimensione è universale”.

La vicenda si svolge negli anni ’60 quando “subito dopo la guerra – secondo il regista – c’è stata una fioritura di individui che hanno cercato di affrancarsi dalla massa. Purtroppo però non ci sono riusciti perché gli intellettuali non se ne sono occupati e oggi i loro eredi sono quelli che fanno i reality, convinti che meno sai fare, più puoi emergere”. Le musiche del film sono state composte da Nicola Piovani che dà il suo tocco personale a una storia ritenuta “pinocchiesca” per alcuni aspetti.

“C’è lo sguardo del bambino, c’è la figura di Lucignolo, quella del Gatto e la Volpe in cui si possono rivedere i personaggi di Vito Signorile e Maurizio Micheli e poi ci sono tanti punti di contatto tra il mio percorso artistico e quello fatto da Piovani”, ha detto Rubini citando i nomi di Benigni, Fellini e del maestro Nino Rota.

Daniela Vitarelli

sabato 28 novembre 2009

Bari - 'Cado dalle nubi': presentazione del film e incontro con Checco Zalone e Gennaro Nunziante


Uscito nelle sale il 27 novembre, è stato presentato la mattina del 28 novembre al cinema Galleria di Bari, il film "Cado dalle nubi" esordio cinematografico di Checco Zalone, regia di Gennaro Nunziante, prodotto da Pietro Valsecchi.per TAODUE.

Il film racconta le vicissitudini di Checco, un ragazzo che vive a Polignano a Mare (Ba) e vorrebbe fare il musicista (fa il muratore), ma dopo essere stato lasciato dalla fidanzata, non vede un futuro roseo in Puglia e decide di trasferirsi a Milano per cercare la sua strada. Suo cugino Alfredo (Dino Abbrescia) lo ospita in casa sua, solo che Alfredo è gay e vive da 10 anni con il suo compagno (Fabio Troiano), all'insaputa della famiglia e naturalmente anche di Checco.

In questo clima tutto nuovo, il nostro eroe si trova a sgrovigliare situazioni sconosciute e inconsuete, terreno fertile per collezionare un gran numero di gaffes. C'è anche spazio per un nuovo amore, infatti, grazie alla sua straordinaria determinazione Checco riesce a fidanzarsi con Marika (Giulia Michelini), ragazza bella e in gamba, con un solo difetto: il padre leghista (interpretato da Ivano Marescotti). La storia tra i due piccioncini è un pò incerta.... intanto... Checco dopo varie risposte negative a livello professionale trova un discografico (Raul Cremona) con cui inizia a concretizzare qualcosa........! Riuscirà il nostro Checco a realizzare il suo sogro d'amore e a diventare musicista professionista? Andiamo al cinema e lo sapremo!

"Cotto e mangiato", così ha esordito Gennaro Nunziante parlando del film "Cado dalle nubi". Infatti alla conferenza stampa erano presenti Checco Zalone (alias Luca Medici) e appunto Gennaro Nunziante, dopotutto il film è una sorta di esordio per entrambi: Checco come attore cinematografico e Gennaro (ci ha abituato alla sua attività di autore e sceneggiatore - con Cristina Comencini, Alessandro D'Alatri e tanti altri), come regista. Quasi ovvio che il soggetto e la sceneggiatura sono opera di Nunziante e Zalone, (una fucina di genialità e comicità, chi non avrebbe pagato per assistere anche solo a 10 minuti del loro lavoro insieme?)

Gennaro parlando del film dice: "Abbiamo incontrato Pietro Valsecchi a gennaio e a luglio il film era già finito, cotto e mangiato, il produttore non ci ha fatto perdere tempo. Il nostro esordio è stato un gran divertimento, i primi risultati di pubblico ci stanno arrivando e siamo contenti che sta riscuotendo successo. Si tratta di una storia semplice, dopotutto a noi piace che il plot si veda, non c'interessa il plot che soffoca il film. Abbiamo lavorato ad un personaggio senza sovrastrutture, essenzialmente il nostro protagonista è un ragazzo un pò ignorante".

Per quanto riguarda le esigenze di produzione Checco dice: "Il film sta uscendo prima dei cinepanettoni famosi, ci hanno già detto che gli "entrit-poll" sono buoni!"

Gennaro continua dicendo: "Avendo fatto un film con pochi soldi è chiaro che non possiamo competere con i grandissimi, inoltre noi abbiamo giocato al contrario, nel film non ci sono donne nude, anzi nell'unica scena in cui c'è un'attrice nuda, arriva Checco e la copre....! Nel mercato cinematografico attuale ci hanno detto che in un certo senso dobbiamo sostituire Boldi ed i suoi film pre-natalizi. In realtà noi "siamo" un piccolo film, tutto quello che arriverà sarà "grasso che cola".

In conferenza si parla anche dell'ipotesi di un messaggio del film, e dello stereotipo nord-sud, ma Checco dice: "La popolarità me l'ha data la televisione (Zelig), che sta a Milano certo, non in altri luoghi, comunque nel film non c'entra tanto il rapporto tra sud e nord, l'elemento centrale è il personaggio che è un "cozzalo" ignorante ed esalta i nostri difetti. Non voglio dare nessun messaggio nel film, la forza del mio personaggio è l'esportabilità, non uso il dialetto, ci tengo ad essere compreso in tutta Italia"

Gennaro aggiunge: "Luca invece esporta il suo personaggio, stiamo facendo un'operazione importante, abbiamo fatto una scelta di leggerezza, nel film c'è una sorta di leggerezza colta, a noi piace questo tipo di comicità, mi piaceva l'idea di riprendere Peter Sellers in Hollywood Party."

Tra Gennaro e Checco-Luca si è seduto anche Sereno Kanynda, amico di Checco, che interpreta Nicolas nel film, è un piccolo ruolo ma scherzando Gennaro racconta: "Abbiamo chiesto al produttore se c'era un budget per le spese alimentari di Sereno, dopo l'ok l'abbiamo preso, no a parte tutto ho scelto Sereno perchè quando gli ho dato appuntamento per il provino lui mi ha chiesto se poteva spostare l'appuntamento di mezz'ora, allora gli ho domandato come mai e la sua risposta è stata bellissima "per un'effimera comodità", mi sono detto, una persona che mi risponde così è proprio il tipo giusto".
Sereno conferma il suo divertimento nel lavorare con Checco e Gennaro.

Sempre parlando del personaggio di Checco, Gennaro aggiunge: "Checco Zalone è il comico più contemporaneo che c'è, lui ha fatto fuori la satira politica, non si ride di satira politica, si ride del personaggio. Provo fastidio quando sento dire "Checco è un comico che dalla TV passa al cinema", tutti i comici dagli anni '60 in poi sono passati dalla TV al cinema. Sicuramente Checco ha avuto molto successo quest'anno, tanto che quando è arrivato Valsecchi con i finanziamenti, avevamo altri 2 produttori disposti ad investire, sembrava una specie di asta".

Checco: "Il nostro produttore è sanguigno, ci ha dato i consigli giusti, lui ha prodotto i RIS, i NAS (scherzando) e quando dopo 10 minuti non vedeva sparare nessuno diceva "ohh..che state facendo?"

La conferenza si conclude con Checco che parla della sua esperienza a Zelig e dice: "In questi anni di Zelig, Gennaro non è stato il mio autore, però per amicizia, a volte mi chiamava e mi dava l'imput per qualcosa di nuovo, abbiamo un feeling a livello comico! Infatti è difficile inventarsi cose nuove, praticamente ti devi alzare ogni mattina e prendere per il cu.. tutti quanti."

Finalmente un incontro divertente, con 2 dei nostri (inteso come pugliesi) artisti più grandi, a fine conferenza c'è stato il tempo per un paio di domande al regista Gennaro Nunziante.

D: "Tu e Luca avete detto più volte che il lavoro è stato facile grazie al vostro feeling professionale, ma c'è stata qualche difficoltà?"

R: "Solitamente le difficoltà le trovavamo nelle scene con tante comparse, erano problematiche sia per il mio approccio registico, sia perchè c'era una macchina un pò più complessa da tenere a bada, per il resto no, siamo andati avanti divertendoci tanto!"

D: "Avete girato delle scene basandovi sull'improvvisazione o avete preparato tutto "a tavolino" come si suol dire?"

R: "Abbiamo preparato tutto "a tavolino", per improvvisare devi organizzare dei copioni molto rigidi, in genere si pensa che da una traccia si può improvvisare, io non credo in questo, anzi penso sia un errore perchè in quel caso non si fa improvvisazione ma "si mette una pezza", invece nel nostro caso sapevamo molto bene dove volevamo arrivare e abbiamo lavorato di conseguenza!"

Deborah Brivitello

martedì 24 novembre 2009

Binetto (Bari) - 21° TROFEO INVERNO VELOCITA', ospite d'eccezione il tre volte Campione Italia Michele Pirro


Si è chiuso domenica 22 Novembre all'Autodromo del Levante il 21° TROFEO INVERNO VELOCITA', chiusura strepitosa con l'ospite d'eccezione il tre volte Campione Italiano Velocità e reduce da mondiale Supersport Michele Pirro che ha appena firmato un contratto con il Team Honda Ten Kate per gareggiare come pilota ufficiale nel Mondiale Supersport 2010.

Le sorprese non sono finite, infatti nella gara delle Super Bikers ha gareggiato Domenico Colucci terzo posto nel campionato Italiano Superstok e Coppa del Mondo FIM su Ducati, ancora nella 600 aperta partecipazione di "Nuccio" Sebastiano Zerbo il Pilota che ha vinto quasi tutti i trofei che si potevano vincere in Italia nel 2009, e per chiudere con le star per il paddock si aggirava anche Flavio Gentile reduce dal Mondiale SuperBike, quindi in autodromo, tra il paddock e la pista, domenica si aggirava una bella fetta di piloti Mondiali.

Nella finale del Trofeo si sono disputate anche delle gare di MiniGP, nel 2010 l'autodromo del Levante ospiterà alcune prove del campionato Italiano MiniGP.

Passiamo ora al 21° Trofeo Inverno Velocità, gara 125 vinta da Ciro Pizzo NMC Napoli su Aprilia, seconda piazza per Giovanni Santonicola Team Piccole Pesti Aprilia, terzo Lorenzo Apollonio MC. Ivan Palazzese su Aprilia.

Nella classe 600 non sono mancate le cadute, per fortuna senza gravi conseguenze, pareva che non si riuscisse a completare il primo giro e per ben tre volte si è dovuto dare bandiera rossa con conseguente sospensione della gara, alla quarta partenza finalmente tutto è filato liscio e a podio in prima posizione è andato Sergio Russo Team Pocoli Tosti su Aprilia seguito da Massimiliano Iannone Team Gentelmen's su Yamaha terzo Alessandro Colatosti Team Velletri su Honda. Categoria Open gradino più alto del podio per Cosimo Diviccaro MC.Sport su Yamaha, secondo Nicola Spalierno MC. Bari su Suzuki, terzo Giuseppe Oliva Matera racing su Suzuki.

Passiamo alla classe Super Bikers che purtroppo ha visto nelle prove ufficiali un incidente che ha coinvolto diversi piloti tra cui Enzo Gnerre, decano del motociclismo, Gnerre è stato ricoverato all'ospedale Di Venere e subito un delicato intervento chirurgico, a Enzo Gnerre va il saluto della redazione di LSD MAGAZINE che presto lo vuole nuovamente in pista. Vittoria nella Super Bikers a Domenico Colucci Matera Corse su Honda, secondo Michele Giordano Team Piccole Pesti su KTM, terzo Vincenzo Di Penta Team Napoli su Aprilia.

Alla fine della terza e ultima prova del 21° TROFEO INVERNO VELOCITA' nella classe regina, la Open, si aggiudica il Trofeo Cosimo Diviccaro, secondo Giuseppe Oliva, terzo Nicola Spalierno, nella 600 il Trofeo è andato a Massimiliano Iannone, secondo Alessandro Colatosti, terzo Muzio Fumai, nella 125 Trofeo a Ciro Pizzo, secondo Fabio D'andrea, terzo Marco De Luca. Nella MiniGP Senior 50 vittoria di Stefano Manzi su Honda MC. R. Pasolini, secondo Lorenzo Gabellini Honda MC.R. Pasolini, terzo Alessandro Zaccone sempre su Honda MC. R. Pasolini.
La photogallery è di Egidio Magnani

http://puglialive.net/home/galleria.php?nid=26055

domenica 22 novembre 2009

Binetto (Bari) – Intervista a Michele Pirro pilota della Ten Kate Honda team ufficiale Campionato Mondiale Supersport


Michele Pirro, il giovane motociclista pugliese che ha appena firmato il contratto con la squadra “Hannspree Ten Kate Honda” (team ufficiale nel Campionato Mondiale Supersport), è stato presente come ospite all’Autodromo del Levante per il Trofeo Inverno Velocità.

Com’è ritornare nel luogo dell’esordio?

Molto emozionante: stamattina sono arrivato qui e mi sono ricordato gli inizi della mia carriera, quando arrivavo qui con mio padre e i tanti sacrifici. Molto bello.

Senti maggiore interesse nei tuoi confronti da parte delle istituzioni e dei media pugliesi?

Sicuramente. Ho visto che le cose si stanno piano piano evolvendo, anche se spero che ci possa essere sempre maggiore interesse. Attualmente sono uno degli sportivi che sta più in alto, però faccio una disciplina non proprio popolarissima. Nonostante questo, abbiamo visto proprio negli ultimi giorni che Valentino Rossi è la star dei bambini e credo che sia un bell’esempio.

A proposito, sei stato recentemente in due scuole superiori. Cosa hai detto ai giovani? C’è qualcuno che vuole intraprendere la strada del motociclismo?

Gli interventi nelle scuole sono serviti, più che altro, non a indirizzare i ragazzi verso questo sport, ma verso lo sport in generale. Perché lo sport è cultura, lo sport è vita e distoglie da altre distrazioni come alcool e droga. E, poi, soprattutto, detto da un coetaneo, può rimanere più impresso.

Considerata la tua carriera, cosa consiglieresti ad un ragazzo che voglia seguire le tue orme?

Sicuramente è molto difficile, però volere e potere e bisogna, per lo meno, provarci. Riuscirci è sempre complicato, però io credo che con il tempo ci si possa arrivare. È normale volere tutto e subito, però io ci ho messo parecchio ad arrivare ai miei obiettivi. Ci vuole tanta determinazione e bisogna crederci fino in fondo.

Sacrifici e difficoltà. Le prime per te cominciano in 125 (moto GP).

Sì, anche se le prime difficoltà sono proprio gli esordi: essere a duecento chilometri da qui è stato già molto impegnativo per me; poi, andare via di casa e trasferirmi a Cesena. Però, ho trovato gente che ha creduto subito in me e ora dovrò confermare la mia qualità anche a livello mondiale. Adesso ho la squadra e spero di farcela.

Adesso che il motociclismo a due tempi è al tramonto, tu, dopo la 125, la Superbike e adesso la Supersport, quale categoria o cilindrata senti più cucita alla tua sella?

I due tempi oramai sono sicuramente un capitolo chiuso, il futuro è quattro tempi. Per quanto riguarda me, io non sono legato particolarmente ad una moto, mi basta avere un mezzo competitivo quanto quello degli altri per essere a posto e farmi piacere a tutte le moto.

La tua ultima (la moto Honda ufficiale) sicuramente hai avuto modo di testarla. È all’altezza del tuo ambizioso obiettivo, cioè vincere il mondiale?

L’obiettivo per l’anno prossimo è fare bene: a vincere siamo in tanti a volerlo. La mia squadra è sette volte campione del mondo e il mio compagno di box, già una volta campione del mondo, deve vincere a tutti i costi. Io dovrò fare del mio meglio per entrare nei primi cinque, ma di sicuro parto per vincere, anche se sarà dura.

Qual è (se c’è) il circuito che preferisci e in cui ti senti imbattibile?

Non ce ne è uno in particolare, anche se mi piace molto l’Australia per com’è fatto, il Portogallo, il Mugello. Mi piacciono tutti, soprattutto se hai il mezzo uguale agli altri e devi solo concentrarti su te stesso.

Un pilota modello per te?

Michele Pirro. Se proprio devo fare un nome è Valentino, però credo che ognuno abbia la sua personalità e debba seguire il suo istinto.

Marisa Della Gatta

venerdì 20 novembre 2009

Bari – 'I nuovi mostri' di Oliviero Beha, il quadro desolante di un’Italia senza pensieri né parole


E’ una vera e propria invasione che priva il nostro Paese del pensiero e della parola.

Secondo il giornalista Oliviero Beha, ieri alla libreria Laterza di Bari per parlare del suo libro, “I nuovi mostri” (questo il titolo) sono ovunque. Il quadro d’insieme è desolante: l’Italia è in preda a una profonda crisi culturale di cui sono complici il sistema mediatico e l’assenza di intellettuali. Stimolato dalle domande del giornalista Lino Patruno, Beha è un fiume in piena.

Non c’è spazio per compiacimenti o riduzioni di colpe. In modo chiaro e spesso crudo, traccia il disegno di un paese in cui “l’opinione pubblica è imbalsamata, la democrazia svenuta, l’informazione truccata”. Ma perché avviene questo? Beha non ha dubbi: in Italia manca l’uso e il rispetto della parola che è il principale elemento del pensiero. Non c’è confronto, non c’è dialogo, la gente non si “appropria di sé” maturando un pensiero critico nei confronti della realtà. Di conseguenza tutto ciò che i media ci propongono, giusto o sbagliato che sia, viene ingoiato senza resistenze.

I maggiori responsabili di questo imbarbarimento culturale sono i giornalisti che da tempo hanno rinunciato al loro compito di dire la verità. Seppur Oliviero Beha riconosca che “la libertà di stampa non esiste in senso assoluto” tuttavia negli anni ’70-’80 individua degli “interstizi di libertà in tv e sui giornali” Le cose sono poi precipitate quando sulla scena politica si è affacciato Berlusconi. “I giornalisti si sono distribuiti tra Berlusconiani e anti-Berlusconiani come se l’informazione potesse dividersi in due condizionando fortemente opinioni e notizie”. Non c’è differenza tra destra e sinistra, nel calderone finiscono tutti, indistintamente.


Che fare allora? L’invito è a una resistenza attiva per riportare la cultura e gli intellettuali al proprio posto. Per fortuna molti sono i cittadini che si muovono in tal senso. In appendice al libro c’è una lunga lista di associazioni che senza partire da posizioni preconcette promuovono riflessioni sul nostro Paese per uscire da questa crisi. Il sito di riferimento per iscriversi è[url] www.inuovimostri.it. [/url]

“E’ un tentativo di tenere insieme partigiani di valori scomparsi – si legge nel testo – purtroppo imprescindibili per dare una svolta alla peggiore Italia del dopoguerra, l’Italia berlusconizzata nell’idea di società anche in larghissimi settori della sinistra. Il voto ne è poi solo una conseguenza”.

Daniela Vitarelli

giovedì 19 novembre 2009

Bari - ‘Scintille’ viaggio di Gad Lerner nel suo Gigul personale


In edicola da solo una settimana , Gad Lerner ha presentato il suo libro ‘Scintille’ alla libreria Feltrinelli di Bari.

Chi si aspettava di trovare un Gad Lerner agguerrito come di solito lo vediamo in televisione, sarà sicuramente rimasto sorpreso nell’incontrare un giornalista che ha raccontato la sua storia con la voce ancora impregnata da un dolore interiore, difficile da mascherare.

Il titolo del libro può portare all’inganno , perché le scintille non si riferiscono agli scontri televisivi a cui ci ha abituato a vedere, ma è legato a qualcosa di più profondo e religioso.

“Scintille” sono le anime vagabonde che nello scontrarsi danno origine per l'appunto a delle scintille. Queste anime ruotano intorno a noi quando la separazione dal corpo è dovuta a circostanze dolorose o traumatiche e nel Gigul della Qabbalah ebraica, reclamano di essere perpetuate nel riconoscimento senza il quale la serenità è insopportabile.

Gad Lerner si è così avventurato nel suo Gigul personale e familiare.

Ha ricostruito la vicenda censurata della sua famiglia.

“In ogni famiglia ci sono dei non detti – afferma Lerner – Nasce quando ci si deve confrontare con il dolore, con le guerre conseguenze che portano i nostri parenti a nascondere le motivazioni perché quel parente lo disprezziamo o non lo vediamo o sentiamo da anni”.
“Quando di colpo scompare la tua famiglia – prosegue Lerner – e non si è capace di raccontare a tuo figlio (in questo casa a mio padre) il perché e far finta che nulla fosse accaduto al solo scopo di proteggerlo, porta come effetto alla privazione della confidenza con i genitori”.

Una censura familiare che è proseguita anche tra lui e i suoi genitori, arrecandogli tanta sofferenza.

Così dopo tanti anni ha deciso di intraprendere un viaggio , un cammino personale ed è nato questo libro con lo scopo di scrivere e portare alla luce una storia volutamente nascosta.

“Questo cammino mi ha imposto delle riflessioni di carattere storico, che ho scritto più per me che per i miei lettori, con l’interrogativo se consegnare queste memorie dolorose ai miei genitori o aspettare la pubblicazione dopo la loro morte. Ho deciso di consegnarlo”.

Le memorie scritte nel libro non sono mai state raccontate dai genitori di Lerner e nemmeno le foto pubblicate appartengono alla sua famiglia. Sono il risultato di una indagine personale, una ricerca che lo ha portato in varie parti del mondo, perché le sue origini sono multietniche.
I suoi nonni materni sono nati a Tel Aviv sotto l’impero Ottomano e i loro documenti erano scritti in turco.
I suoi nonni paterni sono nati sotto l’impero Austro-Ungarico con il dominio degli Asburgo.
Due imperi scomparsi. Così come tutte e due le sue discendenze.

Un viaggio doloroso che lo ha portato a pregare e poggiare tante pietre su tombe di familiari ed amici.

“Nella mappa mentale che mi sono predisposto – continua Lerner – Beirut è mia madre, Boryslaw è mio padre. Ma io sono italiano, anche se nato a Beirut, e ci tengo alla mia italianità, solo che è un po’ complicata. Ho scritto questa libro nella lingua italiana non avrei saputo scriverlo altrimenti. Ho potuto intraprendere questi viaggi ed entrare in Libano, dopo 50 anni da infiltrato, solo perché in possesso del passaporto italiano”.

Un libro che è un reportage storico e geografico di grande intensità, un libro che serve a dar serenità alle anime vagabonde della sua famiglia.

Anna deMarzo

Bari - 'Mafiopoli' - Resistere al potere della mafia, l’esempio di Peppino Impastato


“Mafiopoli” è una parola che ha coniato Peppino Impastato, giovane siciliano ucciso dalla malavita organizzata il 9 maggio 1978.

Chissà quante volte l’avrà ripetuta dalle frequenze di radio “Aut” quando sferzava una violenta satira nei confronti della criminalità locale. Lui era così: coraggioso, assetato di giustizia e libertà, fiducioso in un mondo diverso. Il suo esempio è ben impresso in “Resistere a Mafiopoli”, libro che Giovanni Impastato ha scritto con il giornalista Franco Vassia raccontando la storia di suo fratello. Lo ha presentato ieri alla libreria Laterza di Bari in un incontro moderato dal giornalista Roberto Leone cui ha partecipato anche Alessandro Cobianchi dell’associazione “Libera” di Bari.

C’è bisogno di rinnovare sempre la memoria di figure come Peppino Impastato. La sua voglia di partecipare, discutere e lottare contro la mafia contiene un messaggio di grande attualità.

“La vicenda di Peppino – ha detto il fratello – è un caso di rottura vera e propria perché lui si è ribellato alla criminalità organizzata all’interno della sua stessa famiglia”.

Il libro inquadra il contesto di quegli anni: quello piccolo di Cinisi, paese in provincia di Palermo, con le sue logiche mafiose e quello più vasto del rock e delle lotte pacifiste, dei grandi ideali, delle contestazioni studentesche e operaie, dei primi raduni musicali. Un punto di svolta nella vita di Peppino è rappresentato dalla morte dello zio Cesare Manzella, ucciso dalla prima autobomba nella storia della mafia. Da lì “finisce per me l’infanzia e per mio fratello l’adolescenza – ha aggiunto Giovanni Impstato - la nostra vita familiare serena e tranquilla cambia d’improvviso e inizia il dramma umano”.

Il rifiuto che oppongono alla mafia spacca dall’interno la loro famiglia e conduce Peppino verso un tragico destino.

Nonostante siano passati 30 anni dalla sua uccisione, la criminalità si è evoluta ma esiste ancora, l’informazione non può dirsi libera e con la politica è difficile dialogare. Basti pensare al difficile percorso per ricostruire la morte di Peppino Impastato e individuare in Tano Badalamenti il responsabile dell’omicidio.

“Non ci siamo mai arresi ma abbiamo continuato a cercare la verità nonostante i depistaggi e le notevoli difficoltà”. Sono stati tutti uccisi i magistrati che hanno indagato su questa vicenda, da Gaetano Costa a Rocco Chinnici fino a Giovanni Falcone. “Hanno invece fatto una carriera d’oro tutti quelli che al contrario hanno ostacolato l’inchiesta” ha aggiunto amaramente Giovanni Impastato.

Ma esempi di “ambiguità” politica sono anche più recenti. Due i casi su tutti: la decisione della giunta comunale di Ponteranica in provincia di Bergamo di togliere l’intitolazione della biblioteca a Peppino Impastato (“un crimine politico perché proprio del progetto leghista, reazionario e razzista” secondo Giovanni Impastato) e l’emendamento alla finanziaria approvato qualche giorno fa che stabilisce la possibilità di vendere all’asta i beni confiscati ai mafiosi (norma contro cui, come dichiarato da Alessandro Cobianchi, l’associazione Libera ha intenzione di intervenire).






Al grande pubblico la figura di Peppino Impastato è arrivata grazie a “I cento passi”, film straordinario di Marco Tullio Giordana. Il libro, sotto forma di intervista, ripercorre tutta la vicenda del giovane siciliano, gli anni di forte cambiamento e di grandi ideali in cui è vissuto, la sua partecipazione

Daniela Vitarelli

sabato 14 novembre 2009

Bari - Ottavia Piccolo racconta Anna Politkovskaja una giornalista scomoda per le sue verità


Donna non rieducabile, dramma di una giornalista di Stefano Massini, è la rappresentazione teatrale portata in scena dalla bravissima Ottavia Piccolo, al Teatro Piccinni di Bari e che ha dato il via alla stagione teatrale 2009/2010 del Teatro Abeliano.

Scritto da Massini in memoria della giornalista russa, Anna Politkovskaja, assassinata nell’androne del suo portone il 7 ottobre 2006,mentre stava rincasando.

Una morte annunciata, una morte violenta che la stessa Anna, sapeva di andare incontro ogni giorno della sua vita, solo per aver svolto bene il suo lavoro, tanto che in una conferenza a Vienna nel 2005, denunciò il diritto di libertà di stampa negato e la paura per molti di scrivere la verità “Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano. Infatti, una persona può perfino essere uccisa semplicemente per avermi dato una informazione. Non sono la sola ad essere in pericolo e ho esempi che lo possono provare”.

Massini in questo lavoro non vuole raccontare la storia di Anna, ma ha voluto trasportare con immediatezza e ferocia, il pubblico nei luoghi dove Anna è stata, come a seguir con lei un reportage fotografico ed osservare quello che lei ha realmente visto. Perché lei era lì.
Così lo spettacolo si compone di vari fotogrammi, relativi a periodi e luoghi diversi, ma con lo stesso filo conduttore comune, l’odio, sentimento tale da annullare il proprio nemico, non vedendolo più come razza umana.

Il palcoscenico è scarno vi è solo una piccola scrivania ed una panca, niente ornamenti superflui, non occorrono, perché il protagonista assoluto a cui il pubblico deve concentrare la sua attenzione è la “Parola” o meglio le parole scritte da Anna Politkovskaja e pubblicate sul giornale Novaja Gazeta, quotidiano russo di ispirazione liberale.

Ad accompagnare il monologo realizzato con il coordinamento artistico di Silvano Piccardi, Floraleda Sacchi, che ha eseguito musiche dal vivo suonando l’arpa, strumento tanto melodioso ma pizzicandolo nel modo giusto, ha dato la sensazione di essere a volte una raffica di mitra, il gocciolare del sangue, l’ansimare di una persona.
Il Memorandum teatrale su Anna Politkovskaja, inizia con la descrizione agghiacciante di una testa mozzata penzolante in una piazza e che gocciola, gocciola e... . E’ la testa di un Ceceno mozzata dalle guardie russe, messa in mostra come ammonimento.

Racconta di come i russi assoldano giovani per inviarli in Cecenia, con l’obbligo da parte loro di uccidere 3 0 4 ceceni al giorno. E loro eseguono, giustificandosi “non sono mica uomini, sono ceceni”.
Gli appunti di Anna, sono molto dettagliati.

Ama descrivere quello che vede, senza esprimere opinioni e lo fa prima rappresentando lo scenario, dai palazzi grigi, ricoperti di neve, per poi entrare nei dettagli. Dettagli sconcertanti che sembrano appartenere ad un mondo non nostro, eppure il primo pensiero che scaturisce è “l’olocausto del secolo scorso non ha insegnato proprio niente al genere umano”.

“Nella Cecenia la morte è talmente presente che dopo un po’ non ci fai più caso. E’ una terra di nessuno dove tutto è sospeso , la gente non esiste, appaiono come corpi che camminano senza nulla dentro” è questo che Anna avverte attraversando quei territori, è questo quello che ieri sera abbiamo potuto “vedere” con le sue parole.

Anna deMarzo

Bari - Dietro le quinte di ‘Donna non rieducabile’ con Ottavia Piccolo


Manca poco più di un’ora allo spettacolo. Sul palcoscenico del teatro Piccinni di Bari i tecnici stanno provando le luci e il suono.

Ottavia Piccolo è già nel suo camerino. “E’ stata la prima ad arrivare” ci dicono. “Possiamo farle qualche domanda?” chiediamo. Nessun problema. Non passa neanche un minuto che la porta della suo camerino si apre.

Dentro ci sono poche cose. Davanti allo specchio, il copione aperto dello spettacolo “Donna non più rieducabile”, memorandum sulla giornalista russa Anna Politkovskaja uccisa il 7 ottobre del 2006.

“La conoscevo già prima che morisse, ne avevo sentito parlare – ci dice - e avevo letto un libro sulla Cecenia scritto da lei. Ovviamente per prepararmi alla parte mi sono documentata leggendo tutto ciò che è stato pubblicato in Italia. Mi è stato di supporto soprattutto il testo di Stefano Massini (autore e regista del monologo teatrale, ndr) che ha riscritto e reinterpretato i pezzi della giornalista russa in modo molto esauriente”.

Quegli articoli sono stati una condanna a morte per la Politkovskaja che ha pagato con la vita la volontà di fare semplicemente il proprio lavoro. E’ stata ammazzata pochi giorni prima che pubblicasse un'inchiesta sulle torture in Cecenia da parte dei russi. Verità scomode. “Anna diceva di essere una reporter – continua Ottavia Piccolo - voleva raccontare i fatti senza commenti, senza giudizi.

Aveva una scrittura forte, senza fronzoli, secca, diretta, ironica. Per lei la libertà di espressione e di informazione era fondamentale e tutto ciò infastidiva parecchio i poteri forti. Prima di lei e anche dopo tanti giornalisti e attivisti di organizzazioni per i diritti umanitari sono morti in Russia così come nel nostro paese e in altre parti del mondo. E’ per questo motivo che il suo ricordo oggi è necessario”. Ottavia Piccolo le conosce bene queste cose. Fa parte dell’associazione Articolo 21, ha un marito giornalista e spesso le capita di guardarsi intorno e di commentare “tante cose che non funzionano”.

Il suo compito in questo caso però è di fare l’attrice. Lo spettacolo che porta sulle scene non è un documentario, è una storia come ce ne potrebbero essere tante a questo mondo. Raccontarla tuttavia attraverso il linguaggio scenico le fa assumere un valore più grande. “Il senso del teatro sta proprio nel rendere tutto un po’ più universale attraverso l’emozione e la focalizzazione su un problema.

Una storia unica è capace di sollecitare riflessioni e sensazioni di carattere ampio e generale”. Qual è allora il messaggio della vicenda di Anna Politkovskaja? “Non abbassare la guardia – risponde asciutta Ottava Piccolo - Lei è quello che ha fatto. Anche se avesse voluto, non avrebbe più potuto smettere di raccontare quello che vedeva.

Era diventata un simbolo per le persone oppresse in Russia e in Cecenia che le andavano a raccontare ciò che accadeva quindi vedevano in lei la possibilità che queste realtà venissero alla luce”.

Daniela Vitarelli

mercoledì 11 novembre 2009

Barletta (Bat) - Gigi D’Alessio … grande show e ‘caloroso successo’


Sono le 21’00 in punto. Tutti da un napoletano doc ci saremmo per stereotipo aspettati un ritardo e invece no! Gigi D’Alessio è puntualissimo e all’orario stabilito è al centro del palcoscenico del Paladisfida di Barletta, annunciato da una scia di fuochi modello natalizio. Acclamatissimo da un numero considerevole di fan di tutte le età inizia il concerto: Superamore, Brividi d’amore, Nessuno te lo ha detto mai, Un pugno nel cuore …… questi i brani che danno l’incipit alla tanto attesa serata.

Arriva così in Puglia il “Gigi D’Alessio World tour 2009” , partito a Roma dal Palalottomatica, che nel 2010 proseguirà in tutto il mondo per chiudersi in primavera a Dubai.

A differenza dei precedenti tour, quest’ultimo è debuttato come un grande show con originalità ed eventi imprevedibili. Al centro di tutto, c’è il pianoforte nero a coda e poi intorno tutto il resto.
Sullo sfondo c’è un maxischermo che occupa gran parte della scena, che durante tutto il concerto detiene un ruolo da protagonista, su di esso vengono proiettate immagini di repertorio, documenti, stralci di film, esecuzioni orchestrali e persino lo stesso pubblico ripreso dalle telecamere.

La scelta della scaletta di Gigi D’Alessio può ritenersi una mossa vincente, infatti il cantautore per non venir meno alle richieste dei suoi numerosi fan, ha proposto successi di ieri e di oggi, spesso rimaneggiati negli arrangiamenti o completamente rinnovati.

Il “medley napoletano” di D’Alessio è stato associato ad immagini suggestive della capitale partenopea, con i suoi incantevoli vicoli dei quartieri spagnoli, fonte di ispirazione dello stesso artista per i brani proposti. Coprotagonisti i ricordi, vigili e presenti per tutto il corso del concerto, che hanno reso il tutto un “concerto raccontato”. Nella ricca scenografia, un corpo di ballo che ha eseguito coreografie di Maura Paparo, spesso in simultanea o prevedendo movimenti interattivi con i filmati di volta in volta proposti sullo schermo.

Hanno accompagnato D’Alessio i musicisti di sempre con la presenza di qualche nuovo elemento: Alfredo Golin alla batteria, Kekko D’Alessio e Roberto Della Vecchia alle tastiere, Maurizio Fiordiliso e Pippo Seno alle chitarre, Daniele Bonaviri alla chitarra classica, Arnaldo Vacca alle percussioni, Roberto D’Aquino al basso, Fabrizio Palma, Claudia Arvati e Giulia Fasolino ai cori.

Una delle novità di questo tour è la presenza dei talent Scout, l’equipe D’Alessio infatti in questi mesi ha selezionato circa 2700 ragazzi, fan aspiranti cantanti che seguiranno il loro idolo in una giornata tour, per salire sul palco e interpretare un brano con lui. A calcare le scene del Paladisfida di Barletta insieme a Gigi D’Alessio c’era Gaetano uno dei ragazzi selezionati, che ha interpretato insieme al suo idolo la canzone “Liberi da noi”.

Forte ed intensa è stata la partecipazione del pubblico, che per l’intero concerto ha sempre partecipato interattivamente allo spettacolo e…… per finire una sorpresa davvero inaspettata, l’intervento straordinario dell’amatissima Valeria Marini, che per pochi minuti sul palco ha sorpreso piacevolmente tutti i presenti.

A concludere la serata sono stati brani storici come: Un cuore malato, solo lei, Como suena el corazon, mon amour, giorni e gente come noi…..

La presenza di D’Alessio in Puglia è stato sicuramente un successo, come egli stesso ha affermato “un calore come questo si può trovare solo dalle nostre parti”.

Maria Caravella

sabato 7 novembre 2009

Bari - Così Bari ha partecipato alla Giornata per la Ricerca del Cancro, ospite d'eccezione Piero Angela


Una pubblico di giovani studenti delle scuole medie superiori, stamattina ha riempito la platea del Teatro Petruzzelli, non per assistere ad uno spettacolo ma per ascoltare scienziati, medici e ricercatori che della ricerca hanno fatto la loro ragione di vita, ma indirettamente anche la nostra.

Così Bari ha partecipato alla Giornata per la Ricerca del Cancro, avvicinando i giovani, il nostro futuro, a questo incontro con la ricerca.
A condurre la conferenza il prof. Michele Mirabella, presidente AIRC Comitato Puglia, con un ospite d’eccezione il divulgatore scientifico Piero Angela, che con le sue trasmissioni ha avvicinato e fatto amare alla gente comune scienza, storia e archeologia.

Prima di iniziare all’incontro-dibattito, Mirabella ha premiato la sig.ra Caterina Siletti, chiamandola la “Signora delle Azelee”, per l’impegno che in tutti questi anni l’ha contraddistinta come volontaria, per la consegna delle azalee, in occasione della festa della mamma.

Sul palcoscenico hanno poi preso posto nomi illustri nel mondo scientifico i dottori : Angelo Vacca, dell’Università di Bari, Francesco Lo Coco, dell’Università di Tor Vergata, Roma, Mariano Rocchi, dell’Università di Bari, Addolorata Maria Luce Coluccia, ISUFI Lecce e Vito Racanelli, dell’Università di Bari.

Gli interventi di questi scienziati, grazie all’ausilio di grafica e filmati, hanno spiegato cosa è il tumore, come si riproduce e quale è lo scopo della ricerca. L’obiettivo primario della ricerca è quello di combattere non solo la cellula tumorale ma quello che vi è intorno, tutto il suo microambiente che lo alimenta.

“Scoprire un gene nelle cellule del mieloma, significa avere un programma terapeutico per distruggerlo – interviene Vacca – e importanti sono le ricerche e molte si fanno grazie all’A.I.R.C.”.

“La ricerca traslazionale nelle leucemie – continua Lo Coco – ha dato straordinari successi. Successi dovuti alla ricerca metodologica di italiani che lavorano nel nostro Paese. Con la ricerca abbiamo imparato a discriminare la malattia”.

Perché i tumori? Lo ha spiegato in maniera semplice il Mariano Rocchi “Il tumore è un tipo di invecchiamento. Ogni giorno cellule nel nostro organismo subiscono milioni di danni”.
“Grazie ai bandi dell’A.I.R.C., mirati sul territorio – interviene Coluccia – posso gestire autonomamente il mio progetto di ricerca”.

Poi è toccato ai giovani studenti porre domande come :

-Da che cosa può scaturire un tumore?

-Perché lo Stato non finanzia la ricerca con la stessa efficienza della comunità?

-Quando un tumore è definito benigno o maligno?

Domande che fanno intendere che i giovani ci guardano e ci giudicano.

Con la Giornata per la Ricerca sul Cancro si è voluto far comprendere che il cancro oggi è una malattia e come patologia è curabile se si conosce sempre meglio il gene che lo genera.
L’unico modo è attraverso la ricerca.

Certo, molto resta da capire ed è per questo che occorre continuare a sostenere la ricerca volta alla comprensione dei meccanismi molecolari del cancro: essi rappresentano la sola, reale opportunità di cambiare la prognosi di questa malattia. Ma dobbiamo sapere che una nuova era sta cominciando.

E’ il momento in cui la traduzione dei risultati della ricerca in benefici reali per i pazienti è una possibilità concreta! In questa ottica è fondamentale la formazione di una nuova figura professionale: il clinico/ricercatore, in grado di tradurre in realtà concrete le conoscenze acquisite e, al tempo stesso, di riportare in laboratorio i bisogni del malato.

Anna deMarzo

mercoledì 4 novembre 2009

Bari – Mafia Pulita, il suo destino dipende dai cittadini


Da una parte la “mafia pulita” che non uccide più ma compra e corrompe, si infiltra nelle attività economiche apparentemente lecite e produce 1/3 della ricchezza nazionale pari a un fatturato di 450 miliardi di euro. Dall’altro il richiamo all’impegno della politica e dei magistrati e soprattutto al ruolo dei cittadini, determinanti per contrastare questo grande fenomeno criminale.

Sulla duplice linea del racconto e della riflessione si compone “Mafia pulita”, presentato ieri alla libreria Laterza di Bari in un incontro con gli autori moderato da Alessandro Laterza. Il volume alterna alla prosa di Elio Veltri che narra 5 vicende emblematiche riconducibili alla ‘Ndrangheta, alla Camorra o a Cosa Nostra, le considerazioni più generali sul fenomeno mafioso di Antonio Laudati, procuratore capo della Repubblica di Bari.

Durante la presentazione del volume, cui ha partecipato anche il governatore della Puglia Nichi Vendola, più volte è stato sottolineato il rischio che corre la democrazia.

La mafia SPA è capace di riciclare nell’economia legale i soldi provenienti da traffici illeciti, di entrare nei palazzi del potere (più di 350 Consigli comunali sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose), di pilotare appalti ed elezioni politiche e di decidere cosa e quanto la gente debba sapere. Non sarà un caso che due documenti citati da Veltri nel libro non abbiano avuto alcuna risonanza in Italia. L’uno è un rapporto presentato da John Carry in collaborazione con l’Università di Pittsburgh secondo cui la mafia è la terza potenza al mondo e quella italiana in particolare è stata portatrice del know how presso tutte le altre. Il secondo è un decreto dell’ex presidente degli Usa Bush che definisce la ‘ndrangheta come un fenomeno pericoloso per la democrazia e l’economia americana.

Gli affari illeciti hanno una dimensione globale come l’economia e seguono i maggiori flussi finanziari. “Milano è colonizzata dalla ndrangheta” ha detto Veltri smentendo quanti pensano che la mafia sia un affare esclusivo del Sud. Per combatterla occorre allora una comunità di intenti tra politica, magistratura e comunità civile, aspetto su cui soprattutto Laudati si è soffermato.

“Il ruolo del cittadino è fondamentale – ha detto – la società è permeata dalla rassegnazione e dalla condivisione di tante illegalità che favoriscono la cultura mafiosa. Non bisogna stare zitti perché – citando Martin Luter King - nel III millennio il pericolo è il silenzio degli onesti’”.

Il dibattito su ‘Mafia pulita’ è avvenuto nello stesso giorno in cui a Trani un palazzo delle cosche è stato restituito alla collettività e a Bari si è riunito il Comitato di ordine pubblico nazionale per discutere dell’emergenza pugliese. Gli ultimi episodi di cronaca, dal Gargano fino al capoluogo barese, ci dimostrano che c’è tanto da fare.

A partire dagli errori di valutazione della magistratura: “com’è possibile che i boss ammazzati siano morti da uomini liberi?”, ha chiesto Vendola nel suo intervento finale. La domanda può avere risposta solo nei fatti.

Daniela Vitarelli

Bari - 'Il Manifesto Abusivo' di Samuele Bersani incanta il pubblico barese


Sono passati ben diciotto lunghi anni dal debutto di Samuele Bersani, che supporter del tour “Cambio” di Lucio Dalla, iniziò a farsi conoscere su e giù per l’Italia incantando il pubblico con una versione “piano e voce” della canzone “Il mostro”.
Bastarono appena cinque minuti, per poter comprendere il talento del cantautore romagnolo, ed il ritornello ipnotico e un po’ buffo del “ mostro a sei zampe” diventò ben presto un vero e proprio tormentone.

L’anno successivo Samuele Bersani decise di lasciare la sua amata Rimini per trasferirsi a Bologna, la città che lo ha accolto e nella quale ha prodotto il suo primo album “C’hanno preso tutto”, presentato da una canzone-polaroid, “Chicco e Spillo”, diventato in poche settimane un “caso radiofonico”.

Da allora i successi non si contano più, ogni suo brano scritto con perizia sartoriale diventa quasi un ritratto generazionale, e canzoni come “Spaccacuore”, “Cado giù”, “Cosa vuoi da me” ed il capolavoro “Giudizi Universali” sono annoverati tra le migliori scritture della musica italiana degli ultimi tempi . In una Feltrinelli gremita di fans ed appassionati, Samuele Bersani introdotto dal giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno Francesco Costantini, ha illustrato il contenuto del suo ultimo progetto discografico dal titolo “Manifesto Abusivo”(Fuori Classifica/Rca), l’ottavo della sua carriera discografica, scritto con la collaborazione musicale di Giampiero Grani e Davide Beatrino.

Ma quello che colpisce ascoltando “Manifesto Abusivo” è che ogni brano rappresenta l’esatta fotografia della realtà quotidiana, un piccolo affresco dove le parole dipingono il vivere di ogni giorno, in un paese “narcotizzato” dove si sta tutto” televotizzando”. La copertina del disco sembra infatti ben rappresentare il momento che stiamo vivendo e l’urlo che Bersani lancia al mondo è un grido di autentica disperazione, quasi a squarciare il silenzio nella quale ogni uomo è isolato, dove “comunicare” diventa sempre più difficile, come nell’amata Bologna, città adottiva alla quale è dedicato l’omonimo brano.

“In effetti quella foto è stata scattata all’interno di un noiosissimo servizio fotografico e corrisponde esattamente ai contenuti presenti nel disco “ dice Bersani. “ Manifesto abusivo” rappresenta quasi un legame nascosto tra gli universitari che la notte affiggono i bigliettini sui muri di Bologna e la scrittura solitaria nella quale sono state concepite le canzoni .

L’ autore romagnolo scherza con il pubblico barese, instaurando un dialogo fresco ed inusuale, raccontando piccoli aneddoti ma anche cercando di rispondere con attenzione alle mille quesiti che i fan gli propongono. Alla domanda “ come nasce una canzone”, Bersani spiega l’importanza che ha per lui la scrittura musicale quasi sempre anteposta alla stesura del testo, e della difficoltà che spesso hanno le parole con una propria metrica, ad inserirsi nei tempi e nelle armonie proprie della musica.

“Ogni brano del disco rappresenta una fotografia di un momento autobiografico della mia vita” dice il cantautore, come in “ Ferragosto”, versione inedita del brano scritto nel 2004 con e per Sergio Cammariere, ma soprattutto in “ Un periodo pieno di sorprese” in cui narra del dolore di un amore ormai finito in cui solo il tempo e la forza di ritrovarsi, può aiutare ad “ ingiallire il nero del livido”.

”Manifesto abusivo” per le sue sonorità e per gli arrangiamenti di chiara matrice anglosassone si presenta come un prodotto internazionale, raffinato ed impreziosito dalla presenza di musicisti del calibro di Stefano Bollani ( al piano ne “Il bombarolo” di Fabrizio De Andrè, brano contenuto nell’edizione speciale dell’album disponibile su I Tunes), Ferruccio Spinetti, Tayone Dj, Bruno Mariani, Jimmy Villotti, Mauro Malavasi, Lucio Dalla e Pacifico.

Senza mai trascurare la poesia e l’ironia dei testi, Bersani ha realizzato un piccolo capolavoro di confessioni personali, dove ogni brano rappresenta uno scrigno di emozioni capace di racchiudere in un sapiente gioco di parole e note il cuore di un musicista .

Claudia Mastrorilli

martedì 3 novembre 2009

Bari – Incontro con Federico Moccia e i protagonisti del film ‘Amore 14’


E’ uscito nelle sale cinematografiche il 30 ottobre l’ultimo lavoro cinematografico di Federico Moccia , tratto dal suo omonimo romanzo “Amore 14” .
Lo abbiamo incontrato a Bari assieme a Veronica Olivier (Carolina), Giuseppe Maggio (Massi) e Raniero Monaco di Lapio (Rusty James), i tre giovani protagonisti non professionisti, che hanno dato vita ai personaggi adolescenziali, alle prese dei loro primi amori, del loro primo bacio dei loro batticuori e delle loro prime e “insormontabili” delusioni.

Così la prima domanda sorge spontanea.

D.: Moccia, parli dei giovani, di quella fascia dì età che disorienta sia i genitori che gli stessi protagonisti.
Quando parli di loro fai riferimento ai tuoi trascorsi personali o dai voce ai giovani che ti raccontano i loro problemi?

R.: E’ sicuramente un mix. Nel mio blog, mi scrivono tanti giovani. Le loro storie mi appaiono come piccole finestre ricche di avvenimenti, da cui attingo anche i miei racconti.
A volte le loro esposizioni mi preoccupano e in questo modo torno indietro con la mente.
Cerco di ricordare com’ero io a 13 e 14 anni, rileggo i miei diari, le lettere che ho scritto e che non ho mai consegnato e noto che a quella età i problemi si affrontavano in maniera differente, sembrano invalicabili, perché si ha una purezza diversa.
Oggi che sono più maturo, mi rendo conto che tutto può essere preso con più leggerezza e che fa parte di un percorso che più o meno tutti abbiamo passato.

D.: Visto che hai fatto un percorso di un’autoanalisi, hai notato differenze del rapporto che i giovani hanno con la società e con le loro emozioni?

R.: Rispetto allo spaccato degli anni ’70 le inquietudini sono sempre le stesse.
Diverso è il rapporto che hanno con la società.
Noi venivamo da un successivo evolversi generazionale. Si è vissuto con più libertà quello che è visto oggi in una chiave ridicola. Ma questo non sempre è positivo, perché ritengo che alcune cose devono restare stabili, devono essere punti fermi della nostra vita, prendo ad esempio la figura del professore.

D.: Fra poco sarai anche tu padre. Che genitore sarai?

R.: Nei rapporti con mio padre ho sempre avuto un moto di ribellione, è questo l’ho messo in conto, è un passaggio che mi toccherà. Oggi posso dire che mi piacerà trasmettere tutto quello che mio padre mi ha consegnato. Sicuramente il rapporto con mio figlio sarò una grande incognita ma è sicuramente una grande gioia.

D.: Per questo film hai scelto “attori” non conosciuti, privi di esperienza, come mai?

R.: Ho scelto questi tre ragazzi perché giusti per questi ruoli e soprattutto non sono raccomandati.
Per il regista è sicuramente un lavoro più impegnativo, perché deve insegnare a queste giovani leve, come trasmettere le emozioni per essere credibili, non sovrapporsi alla battute con gli altri attori, insomma deve spiegare ogni volta le tecniche di lavorazione.

“E’ vero – interviene Veronica Olivier – per me è stato difficile, ma Federico mi ha dato molto coraggio. E’ stato difficile concentrarsi e lavorare con tante persone che non conosci, mi sono sentita spesso a disagio.
Avevo la paura di essere sempre giudicata, ma per fortuna quando mi sentivo spiazzata chiedevo aiuto a Moccia”.

D.: L’attore protagonista Giuseppe Maggio assomiglia a Riccardo Scamarcio, scelta voluta o pura casualità?

R.: Al momento che mi è stato presentato non li avevo associati, anche se dopo me lo hanno fatto notare.
Io volevo che il personaggio avesse delle caratteristiche fisiche diversa dalla protagonista (Veronica) e da suo fratello (Raniero).
“Assomigliare a Riccardo Scamarcio non è un peso - si interpone Giuseppe Maggio – è sicuramente un elogio. E’ un attore affermato , bravo e che ha studiato recitazione. Penso che ogni personaggio abbia un racconto a sé. Spero di avere fortuna percorrendo la mia strada, così come Riccardo ha avuto la sua”.

D.: Hai iniziato negli anni 80 come sceneggiatore assieme a Castellano, poi come autore di testi di famose trasmissioni televisive (Ciao Darwin – Chi ha incastrato Peter Pan ed altre ancora), poi come scrittore e regista.
Ma Moccia in realtà quale figura più lo rappresenta?

R.: Un po’ tutte queste ed altre ancora. Sono anche pittore, ho fatto una mostra ma non ho mai messo in vendita i miei quadri. Ho scritto poesie che non ho mai pubblicato.

D.: Il tuo prossimo libro quale generazione rappresenterà?

R.: Forse il periodo universitario, periodo che mi ha riguardato e che sento più vicino a livello generazionale. Cercherò di trattare anche dei problemi dei genitori che sono sempre presenti nella vita dei giovani.

Dopo il successo del libro è prevedibile il successo nelle sale cinematografiche.
Moccia è bravo a rivolgersi a quella generazione con il loro linguaggio e poi parlare d’amore si sa non fa mai male, perché è bello credere nei propri sogni.

Anna deMarzo

sabato 31 ottobre 2009

Bari - Dopo 18 anni Uto Ughi realizza un sogno: suonare nel teatro Petruzzelli


Finalmente il sogno del Petruzzelli diventa realtà, per la Camerata musicale barese e per il grande violinista, diciotto anni dopo quel concerto mancato, “andato in fumo” con l’incendio che la notte del 27 ottobre 1991 bruciò il politeama barese, portandosi via tutto.

Le fiamme bruciarono anche la possibilità all’allora Camerata musicale barese di festeggiare il giorno dopo l’inizio della cinquantesima stagione e celebrare così con Uto Ughi i primi cinquant’anni della sua storia. La festa svanì anch’essa nel rogo, tra il fumo e le fiamme. Ed ora dopo 18 lunghi anni il Maestro Uto Ughi, con un Guarnieri del Gesù, scelto appositamente per l’occasione, senza memorabili rimpianti, ma con grande fiducia e speranza per la città ed il suo rinato teatro ha dato il via alla 68° Stagione della Camerata Musicale Barese; come se il tempo da allora si fosse fermato.

Con il suo magico violino e il grande talento che da sempre lo caratterizza e lo ha reso uno dei più grandi interpreti del proprio strumento, contraddistinto anche dalla signorilità con cui interrottamente si porge al suo pubblico e da cui viene da sempre ricambiato con assiduità e simpatia. Il Maestro ha riscoperto la bellezza e l’impareggiabile acustica del Petruzzelli accanto ai Filarmonici di Roma, in un concerto che prevedeva l’esecuzione di un programma colmo di un repertorio vicino ai gusti artistici di Ughi: musiche di Haydn, Beethoven, Paganini e Saint-Saens.

L’attestazione di stima e devozione si è potuta anche attestare dal quasi tutto esaurito del Teatro, gli spettatori pazienti, garbatamente in fila, hanno atteso il tanto sospirato ingresso, avvenuto per tutti dalla porta laterale. Da sottolineare l’encomiabile iniziativa della Camerata, che sempre vicina all’intento di divulgare sul territorio, specie tra i giovani l’incentivo ad avvicinarsi all’ascolto di musica di qualità , ha dato la possibilità agli studenti fino a 25 anni di un abbonamento per le due prime serate al prezzo di 18 euro, dando a questi ultimi l’opportunità di assistere molto probabilmente per la prima volta ad un concerto, di così grande valore, al Petruzzelli.

Dopo l’intervento augurale di Michele Emiliano, sindaco della città di Bari e la proiezione sulla cupola, prima dell’incendio e poi delle immagini dei dipinti andati distrutti con il rogo, il concerto è proceduto al di sopra delle aspettative, con un maestro Ughi sempre pronto e disponibile quasi colloquialmente ad introdurre all’attento pubblico le caratteristiche dei brani eseguiti.

E’ stato un grande successo annunciato, che ha riconsacrato sicuramente il neonato Petruzzelli alla grande musica, ma ha anche premiato la perseveranza e tenacia della Camerata Musicale Barese, nel portare avanti con approvazione di pubblico i suoi progetti.

Maria Caravella

mercoledì 28 ottobre 2009

Bari – Recensione dell’ultimo album dei Radiodervish: il mare e l’Oud


La nuova avventura dei Radiodervish comincia da Gerusalemme per tuffarsi nel profondo del mare: il loro ultimo album “Beyond the sea” (“Oltre il mare”), da domani in concerto al castello di Sannicandro (27, 28 e 29 novembre), vuole essere una svolta, un nuovo inizio dall’elemento primario per eccellenza, l’acqua.
“Con il settimo cd si è compiuta un’ottava musicale, adesso ricominciamo: come l’acqua che ha la capacità di trasformarsi e penetrare in ogni angolo, anche noi ci siamo trasformati e abbiamo cercato vie nuove, angoli nuovi per la nostra musica”, ha dichiarato Michele Lobaccaro, uno dei membri del gruppo formato da Nabil Salameh e Alessandro Pipino.
In effetti, esclusa la cifra stilistica comune e coerente a tutti i lavori del Radiodervish (cioè la loro capacità di esprimersi in molte lingue come l’inglese, lo spagnolo, il francese, l’arabo e la loro propensione alla multiculturalità e a certe particolari melodie), si tratta di un album ricco di novità rispetto ai precedenti.
Il mare, innanzitutto. In questo caso, è, senza dubbio, il Mediterraneo, con la sua capacità di unire Oriente ad Occidente, con le sue rotte di migranti e viaggiatori, con il suo essere “centro del mondo”, così come desiderano fare i Radiodervish.
La loro nuova musica, infatti, vuole costruire un universo, sia marino che terreno, con storie antichissime -come quella di Tancredi e Clorinda nella “Gerusalemme liberata” di Tasso rivisitata nel sesto brano, o racconti attuali e d’amore nel pezzo dal titolo “you are my world”.
Il picco di intensità, però, viene raggiunto nella penultima canzone “Deep blue”, capace di restituire e ricreare in sottofondo la voce del mare d’inverno, la solitudine di quel paesaggio, in cui si pronunciano sottovoce promesse e dediche tra innamorati.
Dopo questo assaggio, i Radiodervish proseguiranno il tour per il nuovo album con l’obiettivo di restituire le emozioni provate durante l’incisione del disco anche al di fuori dei confini pugliesi, a Roma e a Firenze.
In città non bagnate dal mare, per alcuni istanti risuoneranno le voci delle onde come in una conchiglia a forma di Oud.
Marisa Della Gatta

lunedì 26 ottobre 2009


All'Autodromo del Levante il fine settimana non prevedeva nulla di buono sotto il profilo meteorologico, un sabato di prove ufficiali sotto una pioggia insistente non permetteva ai piloti di esprimere al meglio le proprie potenzialità, ma nel pomeriggio la pioggia si è allontanata e una leggera brezza ha asciugato la pista; secondo turno di prove ufficiali con tempi decisamente migliorati.

Bari si sa è una città di mare e domenica mattina si è levato un vento di maestrale che ha spazzato via le nubi regalando alle gare una giornata piacevole e solare. Buona affluenza di pubblico, oltre 55 piloti iscritti provenienti da tutta Italia, alle 12,00 partenza della prima gara del 21° TROFEO INVERNO VELOCITA' in griglia la classe 125 Sport che vede schizzare come missili Ciro Pizzo e Marco De Luca seguiti da Daniele Scagnetti, gara a tre tra Pizzo De luca e Scagnetti che portano a 7 secondi il distacco dal resto del gruppo, tagliano il traguardo primo Ciro Pizzo team NMC Napoli su Aprila, secondo Marco De Napoli MC. Taranto su Aprilia e terzo Daniele Scagnetti Team Campi Racing.

Alle 13,00 parte la prima gara della finale del I° LEVANTE ROOKIE'S CUP categoria 600Aperta, partenza tirata e bella gara fino alla fine, taglia il traguardo primo Pasquale Di Meo MC. Sport Puglia su Yamaha seguito da Sante Annichiarico MC.Grottaglie su Honda, terzo Pietro Micelli MC. San Pietro Vernotico su Kawasaki. Nel primo pomeriggio al via la classe 600 Aperta del 21° TROFEO INVERNO VELOCITA' che vede in un solo secondo racchiusi i primi tre nell'ordine Massimiliano Iannone su Yamaha MC. Gentlemen's, secondo Muzio Fumai MC.Levante su Yamaha, terzo Alessandro Colatosti MC. Velletri su Honda.

Il I° LEVANTE ROOKIE'S CUP si chiude con la classe regina la Open, anche in questa gara partenza tesa e veloce che purtroppo vede, al secondo giro, una caduta spettacolare alla prima staccata della curva Gargano, fortunatamente senza danni ai piloti ma tolgono dalla gara due protagonisti Vitale De Rosa e Michele Paccione, bandiera rossa sospensione della gara che rivedrà una seconda partenza, ha la meglio su tutti Alessandro Cervino MC. Diabolik su Yamaha, seconda piazza per Giandomenico Montrone MC. Ruote Rampanti su Suzuki, terzo Domenico Nitti MC. Sport Puglia su Kawaski.

La giornata di gare si chiude con la classe Open del 21° TROFEO INVERNO VELOCITA', in pista veterani come Cosimo Diviccaro, Nicola Spalierno, Giuseppe Oliva e Nicola Nocera danno spettacolo con sorpassi al limite, non da meno il Materano Angelo Raffaele Rubino. Partenza in pole per Diviccaro seguito da Rubino, Andriotta e Oliva, Spalierno è 6° in Pole, la gara si chiude con la vittoria di Nicola Spalierno MC. Bari su Suzuki dopo una serie di sorpassi spettacolari e una lotta carena su carena con Cosimo Diviccaro MC. Sport Puglia su Yamaha che si piazza secondo a 5 centesimi di secondo dal primo, terzo Giuseppe (alias Spinotto) Oliva Matera Racing su Suzuki.

Il I° LEVANTE ROOKIE'S CUP con questa quarta gara è arrivato alla fine, il trofeo ha visto piloti alla prima esperienza dei gara, lo staff dell'autodromo del Levante diretto dalla Dott.ssa Ileana De giosa, ha curato la crescita dei piloti preparandoli prima delle gare con una serie di briefing che li hanno introdotti al mondo sportivo, sono stati preparati in pista, sui regolamenti, sulle tecniche di partenza, insomma a questi giovani amatori delle moto da competizione sono state date tutte le indicazioni teorico/pratiche per poter essere competitivi e i tempi realizzati e le gare sono state il risultato eccellente di questo lavoro.

Il I° LEVANTE ROOKIE'S CUP nella classe 600 Aperta è stato vinto da Vincenzo LagonigroMC. Centaurus punti 66 a pari punti 2° Vito Dalessio MC. Dei Trulli la differenza è stata data dalle pole, su quattro gare 3 pole sono andate a Lagonigro, 3° Sante Annichiarico MC. Grottaglie p.60, 4° Piero Micelli MC. San Pietro p.54, 5° Oronzo Guarini MC. Sport Puglia p.50. La categoria Open è stata vinta da Domenico Nitti MC. Sport Puglia punti 92, 2° Nicola De Liso MC. Sport Puglia p.70, 3° Giandomenico Montrone MC. Ruote Rampanti p.64, 4° Alessandro Cervino MC. Diabolik p.52, 5° Sante Leontino Sport Puglia p. 38.

Possiamo anticipare che il 2° LEVANTE ROOKIE'S CUP vedrà sicuramente un incremento dei piloti, per giunta già notevole oltre 40 iscritti, novità interessanti nella formula e nei premi.

Il 21° TROFEO INVERNO VELOCITA' torna con la seconda prova all'Autodromo del Levante di Binetto-Ba l'8 Novembre.

domenica 25 ottobre 2009

Bitritto (Bari) - 'Sunshine – The musical show' tutti per uno, uno per tre musical !!!


Presentato dall’Associazione Culturale Tin Pan Alley, ieri sera al Palatour di Bitritto, il Musical “Sunshine – The musical show”, con la regia di Antonella Sallustio.

Ma quello che si è visto ieri non era un musical, ma bensì tre musical in uno. No, non era un offerta promozionale a saldo (prendi tre paghi uno), ma un progetto ambizioso, dove i protagonisti, tutti giovani pugliesi (dagli artisti alla produzione) hanno voluto portare sulle scene una passione che in questi ultimi anni si sta diffondendo in Italia, per l’appunto il “Musical”.

Per la riuscita di un musical occorrono un insieme di elementi che debbono essere ben amalgamati tra loro.
E’ questo quello che si è potuto vedere ieri sera, dove recitazione, canto, danza, costumi hanno contribuito alla visione di uno spettacolo, della durata di due ore, piacevole e che ha avuto un alto consenso di pubblico.

Lo spettacolo ha proposto, in forma compendiata, tre musical noti sulla scena nazionale da “The Rocky horror show” a “ Muolin Rouge” e “Hair”, musical che per alcuni versi hanno in comune la triste fine dei personaggi e la trasgressione sessuale, sia essa etero o bisessuale e travestitismo.

Ma come fanno tre musical, così diversi tra loro, a fare un unico spettacolo, senza sovrapporsi e dare un senso logico alla trama?
La genialità è stata quello di non farlo partire immediatamente come un musical, ma da un incontro, non tanto fortuito, di un gruppo di giovani attori che grazie all’invito di uno sconosciuto si ritrovano, dopo cinque anni dal loro ultimo spettacolo in un magazzino abbandonato.
Un meeting che origina ricordi piacevoli e dissapori mai risolti del passato.

Ma la curiosità di quella misteriosa riunione prende il sopravvento e spaziando nel magazzino ritrovano gli abiti di scena smessi del loro ultimo spettacolo “The Rocky horror show”.
Così per gioco indossano di nuovo quei vestiti e nell’attesa di incontrare il misterioso personaggio che li ha invitati, iniziano a reinterpretare quello che era stato il loro canto del cigno.
Prendono vita : il trasgressivo dottor Frank Further, i fidanzatini d’America Brad e Janet , gli inquietanti maggiordomi, Riff Raff e Magenta e il robot Rocky, l’incarnazione dell’amante perfetto.

Il gioco è riuscito, i giovani attori si sono divertiti e si accorgono che non avevano dimenticato le loro parti e pian piano anche le loro divergenze si appianano.
Ritrovano altri abiti quello del loro spettacolo Moulin Rouge e perché non giocare ancora?
Ci riprovano e l’amore della bella cortigiana Satine e dello scrittore squattrinato Christian, un amore osteggiato dal gestore del teatro Zidler e dal Duca, ritorna ad emozionare i presenti.

Al termine di questa rappresentazione fa il suo ingresso il loro produttore (Franco Blasi) che li aveva abbandonati cinque anni prima e che è il mandante misterioso degli inviti.

Spiega loro che è in grado di produrli di nuovo grazie all’incontro di un nuovo produttore che nascosto nel magazzino li ha visti recitare, cantare e danzare e vuole aiutarli per farli ritornare sulle scene.
I ragazzi accettano e danno vita agli hippies dell’età dell’”Aquario” dello spettacolo “Hair”, show che li portò al successo.

E con un travolgente finale, gli attori e i musicisti, coinvolgono il pubblico a cantare insieme a loro il brano “Let the sun shine in“.
IL musical “Sunshine” è stato un ritornare indietro nel tempo non soltanto nella finzione da parte degli attori, ma anche per tutti gli astanti, dove canzoni di oltre quaranta anni sembrano ancora attuali e col passare del tempo non hanno subito alcun tipo di deterioramento.

Ma parliamo dei protagonisti.
Non ci sono stati dei primi attori, lo erano un po’ tutti, ma non possiamo non menzionare Giordano Cozzoli, che ha interpretato il travestito dott. Frank Further, la brava Marianna Spaccavento (Janet), il bravissimo Pierluigi Capurso (Brad e Christian), la dolce Antonella Sallustio (Satine).

Gli attori hanno cantato tutti dal vivo e sono stati accompagnati da bravi musicisti sotto la direzione musicale di Giovanni Astorino (bassista dei Caparezza).

Le coreografie a cura di Antonella Battista coadiuvato dal corpo di ballo della Dance Company.

La scenografia è risultata un po’ spartana, dove solo dei simboli come il Mulino, dei candelabri o un bidone riproducevano il luogo del racconto, mentre i costumi di scena, provenienti da Londra, sono stati all’altezza dello spettacolo.

Unico difetto che si è riscontrato è stato il suono a volte troppo alto che sovrastava la voce dei cantanti e dei microfoni archetto degli attori mal funzionanti.

Ma possiamo concludere un risultato ben riuscito dove trentacinque artisti pugliesi hanno dato vita ad uno show senza precedenti nel Sud Italia, spettacolo che potrebbe assurgere a palcoscenici più vasti.

Anna deMarzo

sabato 24 ottobre 2009

Bari - 'La principessa Sirena' di Teresa Ludovico, un viaggio fantastico tra musica, danza, luci, trasparenze e colori


Debutto nazionale ieri sera al Teatro Kismet Opera di Bari dello spettacolo “La principessa Sirena” a cura di Teresa Ludovico.
E’ questa la versione italiana dell’omonimo spettacolo presentato in Giappone dal Setagaya Public theatre di Tokyo, sempre con la regia della stessa Ludovico.

Con questa rappresentazione si chiude la trilogia dedicata alla fiaba iniziata l’anno scorso con “Bella e Bestia “ e “La regina delle nevi”, favole solo apparentemente destinate al pubblico dei più piccoli, perché piacciano e sono seguiti dagli adulti.

Scordati la versione mielata disneyliana, dove tutto finisce “… e vissero tutti felici e contenti”, perché la regia segue il finale proposto dal favolista danese Hans Christian Andersen, raccontando un amore impossibile.

Il lavoro proposto punta su una scrittura che arriva alla estrema sintesi del racconto, orientando la sua attenzione più sulle emozioni e all’incanto che la favola può trasmettere.

Per rafforzare questa magia anche la scenografia risulta molta spartana, proprio per non distrarre lo spettatore.
L’ambiente marino è stato rappresentato solo da un grande superficie riflettente di forma quadra, dove solo un leggerissimo velo posto sul davanti crea un’immagine evanescente e rarefatta. A completare l’habitat acquatico i suoni del mare.

Per ogni personaggio si è avuta una grande cura nella scelta dei costumi, che andava dall’elegante abito della principessa, allo sfarzoso della strega e dei suoi mostri marini, al gusto un po’ retrò delle principesse che si presentano alla corte del principe, per combinare un matrimonio.

Insolita ma piacevole la scelta musicale, che si muoveva su una vasta gamma sonora, dove si è potuto ascoltare anche un brano di Britney Spears “Baby one more time”.

Bravi tutti gli attori che hanno interpretato anche più personaggi, e che si muovevano con azioni danzate e con capriole circensi ed hanno recitato un po’ in francese ma anche con varie inflessioni regionali.

Un insieme di musica, danza, luci, trasparenze che hanno dato vita ad uno spettacolo che ha lo scopo di far sognare e proprio come il finale della favola ci porta su in alto come il vapore acqueo.

In scena Eugenia Amisano, Raffaella Gardon, Daria Menichetti, Paolo Summaria, Valerio Tambone.

Scenografia di Luca Ruzza
Luci di Vincent Longuemare
Costumi di Luigi Spezzacatene.

Anna deMarzo

venerdì 23 ottobre 2009

Bari - 'Oggi Sposi' intervista a Luca Argentero e Moran Atias


Oggi in 400 cinema italiani esce il nuovo film del regista Luca Lucini “Oggi Sposi”, interpretato da Luca Argentero, Filippo Nigro, Gabriella Pession, Francesco Montanari, Moran Atias, Dario Bandiera, Isabella Ragonese, Carolina Crescentini, Michele Placido, Lunetta Savino, Francesco Pannofino e Renato Pozzetto, distribuito da Universal Pictures Italia.

A presentarlo in anteprima a Bari due dei protagonisti Luca Argentero e Moran Atias che ho avuto il piacere di incontrare ed intervistare presso la libreria Feltrinelli di Bari.

D.: Luca, stamattina quando ho visto il film, mi hai sconvolta. Il primo fotogramma appari rasato e con un accento fortemente pugliese, un Argentero diverso da come ti conosciamo.

R.: Il regista ha voluto dei personaggi molto caratterizzati, non solo nel look, ma soprattutto nella loro tipizzazione. Per il dialetto mi sono fatto aiutare da un vostro corregionale e mio amico, Nicola Scorza che è di Foggia.

D.: Luca Lucini ti ha diretto anche nel film “Solo un padre”, ambientato in Puglia, Michele Placido in “Il grande sogno” con una location nel Salento, insomma possiamo dire che il binomio Argentero- Lucini, Argentero – Placido e Argentero – Puglia funziona.

R.: Con Luca ormai si è instaurato un rapporto che va oltre quello lavorativo, è un amico. Sul set riesce a creare un ambiente divertente e in questo film posso dire che più che lavorare mi sono divertito anzi ci siamo tutti divertiti.
Michele come regista invece è il tipo del rapporto gerarchico. Forse questo rapporto l’ho creato io, perché mi sono posto nei suoi confronti in modo adorante. Poi come collega è molto divertente, nella vita si presta a giocare.

D.: Il tuo personaggio, un agente di polizia pugliese che vive a Roma e con un passato da don Giovanni e si innamora della figlia di un ambasciatore indiano, interpretato da Moran Atias, che vogliono sposarsi.

R.: Uno scontro titanico tra due tradizioni e culture diverse affrontato con grande ironia. Una chiave di comunicazione che unisce e aiuta, si scherza su problemi odierni, dove si ha la presunzione di saperne di più.

D.: Due mesi fa ti sei sposato (25/09/2009), come è stato preparare il matrimonio?

R.: Un incubo. Per fortuna suocera, madre e moglie se la sono vista per tutti i preparativi. Per gli uomini si tratta di passare e pagare.
Il giorno del matrimonio è stato molto poetico, proprio come la fine di questo film.


D.: Moran, sei una modella, conduttrice, attrice israeliana, che lavora da tanti anni in Germania, negli Stati Uniti in Italia,, ma la tua casa dov’è?

R.: La casa è sempre qui con me, nel mio cuore. Sono sempre felice in qualsiasi luogo mi trovo, perché traduco in positivo la realtà.

D.: Interpreti sempre ruoli di ragazze di nazionalità diverse.

R.: E’ una fortuna perché in questo modo viaggio senza partire. Studio con attenzioni le loro tradizioni, il modo di parlare e di muoversi e questo mi diverte.

D.: Cosa rappresenta per te il matrimonio?

R.: Il matrimonio è la festa dell’amore e penso che ad organizzarlo sarà mia madre.

D.: Quali sono i tuoi prossimi impegni?

R.: Sto girando in America una serie televisiva “Crash” con Dennis Hopper, che presta vedrete in Italia.

Il film “Oggi Sposi” parla di quattro matrimoni, del momento più critico e meno romantico di due giovani che vanno a suggellare il loro amore sull’altare, quello dei preparativi : ricerca sala per la cerimonia, Chiesa disponibile, bomboniere e il fatidico invito ai parenti (chi eliminare e chi invitare).

Il film è una commedia, ma non immaginatela come un classico cinepattone che non si vende all’estero, lo dimostra la collaborazione tra Universal e Cattleya.

E’ una commedia che ben funziona, dove non trapela nessun tipo di volgarità, con un montaggio rapido e con una storia piena di ritmo, scritto da sceneggiatori tra i più richiesti al momento come Bonifacci, Brizzi e Martani, con una bella scenografia e fotografia e un'accurata scelta dei costumi.

“Oggi Sposi”, quattro matrimoni che si intersecano e con un finale “bollywoodiano” che mette tutti di buon umore.

Anna deMarzo

Bari - Un successo annunciato per “Molto rumore per nulla” con la regia di Gabriele Lavia


Dal 21 al 25 Ottobre va in scena al Teatro Piccinni di Bari “Molto rumore per nulla” di William Shakespeare, traduzione di Chiara De Marchi con Lorenzo Lavia, Giorgia Salari, Pietro Biondi, Francesco Bonomo, Salvatore Palombi, Andrei Nicolini, Gianni De Lellis, Alessandro Riceci, Luca Fagioli.

Regia di Gabriele Lavia.

La storia di “Molto rumore per nulla”, che ha ispirato anche molte grandi firme a livello internazionale è ambientata nella solare Messina, in un’atmosfera tipica dell’estate mediterranea, che fa da sfondo agli amori tra il giovane Claudio e la dolce Ero e tra i litigiosi Beatrice e Benedetto, personaggio quest’ultimo interpretato da Lorenzo Lavia, figlio del grande Gabriele, che in quest’occasione ha curato la regia.

Riflettori su Shakespeare quindi anche al Piccinni per l’avvio della Stagione del Teatro Pubblico Pugliese. Autore che riconsacrerà domenica 25 Ottobre 2009 il neo rinato Teatro Petruzzelli alla lirica con “Sogno di una notte di mezza estate”.

“Molto rumore per nulla”, nel particolare allestimento nato e sviluppatosi egregiamente nel laboratorio condotto da Gabriele Lavia, primo appuntamento di un ciclo dedicato a Shakespeare ,che si completerà entro la fine dell’anno con Otello e La Tempesta, è stato davvero un incipit interessante per la nuova Stagione 2009/2010.

In “Molto rumore per nulla”, di ritorno in Puglia dopo il tour dello scorso anno, Lavia dirige un gruppo di giovani interpreti cercando di svincolare il teatro scespiriano da un’interpretazione eccessivamente psicologica, infatti pur facendo rimanere intatti i temi chiave del teatro del famoso drammaturgo inglese: il dilemma esistenziale tra l’essere e l’apparire, il tema del doppio e la maschera, ha la capacità di renderlo “meno catastrofico”.

Con Lavia dunque si ride molto, grazie anche alla freschezza degli attori della compagnia Lavia Anagni, che riprende con un tono leggero le passioni, gli intrighi, la gelosia e l’invidia prodotti dall’amore di due coppie all’interno del più classico schema del teatro scespiriano, dove le vicende si sviluppano tra finte morti e macchinazioni, schermaglie appassionati e scambi di persona.

Un successo annunciato quello del Piccinni, con una scenografia dai toni semplici, capace di mettere in rilievo le straordinarie capacità dei giovani attori, valorizzate anche da una “regia leggiadra” favorevole alla riflessione ma soprattutto al sorriso degli spettatori.

Maria Caravella

mercoledì 21 ottobre 2009

Barletta (Bat) - Un successo senza età per Renato Zero interprete della musica italiana


Se qualcuno dei vecchi fan pensava ancora di vederlo sul palco versione anni Settanta – Ottanta, “sculettante e glam”come agli esordi della sua carriera, ha invece scoperto che quell’epoca è davvero finita! Ora sul palco dei concerti, partiti dal palasport di Acireale, davanti ad un pubblico di fan entusiasti, c’è solo un artista-uomo che ha il coraggio di denunciare i suoi 59 anni.

Zero in questo concerto abbandona per sempre, la fisicità del suo pop tradizionale. Dopo quell’incidente in scena a Verona nel 2000 in cui si era massacrato una gamba, Renato Zero in maniera intelligente ha il coraggio di comprendere che forse “non ha più l’età”oppure che finalmente è arrivato il momento di farsi apprezzare solo per le sue doti canore. E’ proprio lui infatti, negli ultimi tempi ad affermare soddisfatto: “Le facce del pubblico ora guardano le mie labbra”, “Ho imparato a cantare, non ero all’altezza di quel che scrivevo”.

Quello di Zero è un abbandono compiuto e intenzionale, di un mondo che era punto di riferimento della sua estetica, che viene sostituito con una scelta sontuosa e inedita nella musica italiana. Soprattutto ora, Renato Zero è finalmente padrone di se stesso, redento dalla discografia tradizionale, che aveva voluto ingabbiarlo in una icona, modello di un certo target di riferimento. In questo concerto non c’è spazio per i suoi vecchi successi, tranne che per “Ancora qui” con cui rivendica l’onestà del suo percorso, le notevoli “Inventi” e “Salvami del ’76, per spingersi fino al 1974 con una rara interpretazione di “113”, dove sfoggia un poncho alla Inti Illimani.

Siamo a Barletta in provincia di Bari: un numero illimitato di sorcini di ogni età donne, uomini, giovani vecchi e bambini ha invaso il Paladisfida di Barletta per incontrare nel suo tour che tocca per due giorni la Puglia l’ormai mitico Renato Zero. Una serata da non dimenticare, quella di Barletta, replicata in seconda serata per poter così accontentare le numerosissime richieste di partecipazione dei fan pugliesi e delle regioni confinanti. Un momento in cui il pubblico ha riconsacrato con affetto e simpatia una delle icone della musica italiana nel mondo.

Tutto qui parla del suo ultimo album “Presente”, 300 mila copie vendute a quello stesso “popolo esultante”che lo seguirà in un tour da qui al 22 Dicembre per tutta l’Italia, tanto vicino nel cuore e nell’anima ai fan accorsi a Barletta. Sul vasto palco, sormontato da sequenze argentee e sprazzi di luce cadenzati dal ritmo della musica incalzante con i musicisti all’opera, Renato non sa, però rinunciare ai suoi proverbiali completino glamour, ma questa volta “da mezza età”: giacche lunghe e bombetta coordinata, che ricordano i suoi esordi quando le indossava accanto alla Martini e alla Bertè: nero, bianco, perfino rosso sgargiante e grigio con paillettes nel finale, mentre con un pubblico in delirio canta: “I migliori anni della nostra vita”.

Le nostalgie sono ricorrenti per tutto il concerto anche se non apertamente declamate. Al termine di ogni canzone Renato Zero riappare dal centro del palcoscenico, dopo il rituale cambio di costume, che la gente piacevolmente si aspetta. Zero finisce per prenderci gusto e completa con l’osare anche con una tunica bianca alla Ratzinger, per “Il sole che non vedi”dedicata alla fede.

Per l’intero spettacolo, circa due ore e mezza, continua a sfilare grandissima parte di “Presente”, l’ultimo lavoro, che comprende anche una “dedica un pò così” su “Professore”, dove rivendica di essersi fatto da solo fuori dalla scuola, soprattutto rivolgendosi ai giovani di cui dichiara di apprezzare creatività e spirito innovativo.

A coadiuvare il lavoro di Renato Zero sul palco c’è l’ottima band di 7 autentici numeri uno della vecchia guardia (come Mark Harris alle tastiere, Melotti alla batteria, Iermano alle percussioni), si aggiunge una mega orchestra di 26 elementi, la Prato Ensemble diretta dal maestro Renato Serio.

Insomma Zero non ha badato sicuramente a spese, se lo paragoniamo ad alcuni suoi colleghi che l’orchestra l’hanno presentata solo in video.

Rosa Colombo