PHOTOGALLERY by Egidio Magnani

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mercoledì 23 luglio 2008

Capurso (Bari) - Facile emozionarsi con il quartetto americano Manhattan Transfer


L’M.C. è la sigla del Festival locale di jazz, il “Multiculturita jazz Fest”, che si tiene a Capurso, annualmente, e che è giunto sotto la direzione artistica di Michele Laricchia coadiuvato da Alceste Ayroldi, alla sesta edizione.

Partito con Kekko Fornarelli, pianista barese, sempre come location il sagrato della Reale Basilica di Madonna del Pozzo, al quarto martedì del mese di luglio, ha visto la presenza dei Manhattan Transfer, tra i nomi più attesi della rassegna, a riprova di come questo kermesse sia opportunamente dedicata alla musica jazz.

Così, la celebre formazione americana è ritornata in terra pugliese, con un concerto in esclusiva per il Sud Italia; l’ultima volta furono visti al Teatroteam e, andando ancora più dietro con i ricordi a Lecce. Quando alle ventuno e trenta le luci si sono spente (per scongiurare un inizio di pioggia) e i musicisti del gruppo vocale per eccellenza, Yaron Gershovksy al pianoforte, John B. Williams al basso, Wayne Johnson alla chitarra e Steve Hass alla batteria si mettono in fila, è difficile non pensare al tempo che passa, vedendo Tim Hauser, Janis Siegel, Alan Paul e Cheryl Bentyne, apparire sul palcoscenico in un’ovazione di pubblico non particolarmente adulto, ma abbastanza chic e trendy, con qualche capello bianco e ruga in più.

Ma bastano le prime note e i primi vocalizzi delle belle e affascinanti premieres dames Bentynel e Siegel per capire che l’unica cosa che non è cambiata è il suono, la voce e, fare con la voce quelle certe scale da brivido: neppure la disco, il punk, l’hip hop sono riusciti a rendere marginale The Manhattan Transfer.

Facile emozionarsi con il quartetto americano, le loro canzoni, rivisitazioni in chiave jazzistica, come da kermesse, mantengono la forza e la dolcezza dei giorni in cui sono state riarrangiate. Nel jazz lo spartito è, infatti, relegato quasi in secondo piano e potrebbe, in taluni casi, anche non esistere od essere ridotto ad un canovaccio di accordi e melodie principali a partire dalle quali il musicista crea in estemporanea il senso peculiare ed irripetibile di ciascuna esecuzione, nella quale la traccia può essere talmente modificata da risultare finanche irriconoscibile rispetto all’originale od alle versioni precedenti che di tale origine sono state date.

E le immagini che The Manhattan Transfer, grandi artisti degli anni settanta, ottanta sanno evocare, sono immagini in un certo senso epiche. Hauser, Siegel, Paul e Bentyne, hanno dato emozioni di questo genere. Sono riusciti a operare collegamenti fra varie esperienze artistiche, a esprimere la sintesi di un movimento o di un periodo con una facilità e una naturalezza da incanto.

E anche se i Manhattan Transfer, evidentemente non sono più quelli di un tempo, la loro performance è durata all’incirca un’ora e mezza, anche se sono apparsi commossi dalle ovazioni e dall’affetto del pubblico, loro resistono pur sempre come leggenda e come mito. Piacevolissima serata, dunque, a Capurso, anche se il vento è fortissimo e le foglie dei platani frusciano con il suono del quartetto americano. Bisognerebbe usare un termine alquanto desueto per descrivere questa seconda serata del Multiculturita jazz festival; platea stracolma e applausi interminabili per i due, tre bis che i quattro hanno srotolato, neanche se di anni ne avessero trenta, cioè feeling.

Chiaramente non potevano mancare alcuni dei brani più noti del loro repertorio, da “Birdland” di Joe Zawinul a “The Boy from New York City”, fino agli amati temi brasiliani di Gil, Jobim e Nascimento. Stasera si replica con Lino Patruno & Jazz Moments e giovedì la Marcus Miller Band, inizio ore ventuno.

Anna Furlan

sabato 19 luglio 2008

Bari – ‘Petrol’ e ‘C.F.F. e il Nomade Venerabile’ per la rassegna Aqua Vitae


Prosegue al Castello Svevo di Bari la rassegna Aqua Vitae, ospiti della seconda serata i C.F.F. e il Nomade Venerabile, un gruppo della nostra terra, nato nel 1999 a Gioia del Colle (Ba); dal percorso artistico multiforme, legati alla rock-wave al teatro danza e alla video-arte, più di 300 concerti nel 2002, premiati in numerosi festival anche a livello internazionale .

Repertorio della serata numerosi brani tratti dalla loro ultima fatica discografica, contraddistinto da testi piuttosto lunghi ispirai a problematiche attuali, più che canzoni possono essere definite delle piccole storie-riflessione sugli avvenimenti importanti della vita: L’amore, la metafora del viaggio …

Il tutto presentato attraverso vere e proprie performance, danza, musica, gestualità, con l’ausilio di ballerini che agiscono in simulazione con testi e musica. Efficace la scenografia di luci in sintonia con il videoclip “In cima al nulla” realizzato da Vertigo Imaging, che ha rappresentato un momento importante per il concerto.

Nella seconda parte della serata, la grande presenza scenica dei Petrol, Dan Solo e Franz Goria, mostri sacri, rispettivamente Basso dei Marlene Kuntz e voce dei Fluxus che hanno deciso insieme di sviluppare e portare avanti “un progetto scuro, scurissimo e incendiario, dal suono fluido e denso”.

Un Rock che parla di quotidianità e racconti di vita. In programma: Cera, Corro, Ogni silenzio, cuore, buio, Petrol, Tradiscimi, Senza alcuna…, Domani, Wu ming, Now I; canzoni ispirate a storie di tutti i giorni. Infatti nel loro primo album, uscito nel 2007 si parla di vita vissuta, raccontata e messa in musica. “ Si tratta di un disco complesso, a cavallo tra Fugazi e Pavement e trasversale ai registri dell’hard rock, del classic rock, fino al metal.
Una serata davvero riuscita con un pubblico in prevalenza cultore del rock , che non ha solo ascoltato passivamente, ma si è esibito con delle performance ai bordi del palco.

L’evento Aqua Vitae si concluderà sabato 19 luglio, con la proiezione del documentario “Le storie cantate – Viaggio tra i cantastorie di Puglia” di Nicola Morisco e Daniele Travisi e il concerto de Il Parto delle Nuvole Pesanti.

Maria Caravella

Bari - Ha incantato Gegè Telesforo con a sua simpatia e la capacità di coinvolgere tutti con l’arte dell’improvvisazione


Ha avuto inizio ieri sera presso il Castello Svevo di Bari la rassegna Aqua Vitae, ormai alla sua terza edizione. L’evento organizzato da Otium Records nell’ambito del cartellone estivo del Comune di Bari “Il valore dell’acqua”.

Aqua Vitae, con la direzione artistica di Franco Muciaccia, anche quest’anno ha proposto un cartellone di appuntamenti che si esaurisce in soli tre giorni con due concerti a sera. Per la prima serata il foggiano Gegè Telesforo accompagnato dalla sua band The Groovinators, che ha letteralmente incantato e coinvolto in performance interattive il pubblico dei presenti. Telesforo si è rivelato sul palco un personaggio dalle molteplici sfaccettature, in questo caso soprattutto nell’ambito dell’improvvisazione musicale. Il musicista ha proposto per l’occasione i brani tratti dal suo ultimo album “Love and other contradictions”.

Telesforo si è rivelato sul palcoscenico del Castello Svevo di Bari soprattutto come un musicista di grande talento che tra il serio e il faceto è riuscito a dare grande prova delle sue capacità vocali, riuscendo anche a divertire un pubblico composto prevalentemente da non addetti ai lavori.

La sua simpatia e la capacità di coinvolgere tutti con l’arte dell’improvvisazione sono state sicuramente le sue carte vincenti. Già noto al grande pubblico come cantante, percussionista, polistrumentista ma anche come giornalista e conduttore radiofonico e televisivo; ha dimostrato davvero di essere una figura professionale dai mille contorni e dalle altrettante sfumature, senza così smentire la grande capacità di talent scout di un altro poliedrico foggiano, il mitico Renzo Arbore.

Con Telesforo si sono esibiti musicisti di fama internazionale come, Mia Cooper (voce), Max Bottini (basso), Fabio Zeppetella (chitarra), Marcello Surace (batteria), Alfonso Deidda (tastiere e sax).

Il concerto del vocalist jazz pugliese è stato anticipato dall’esibizione della promettente band salernitana Levia Gravia, che ha saputo con il suo repertorio, miscelare abilmente il folklore alla classe della musica dei cantautori, con leggeri accenni al jazz. Il gruppo nato nel 2001 è risultato degno di numerosi riconoscimenti anche a livello nazionale.

I temi trattati nelle canzoni sono rivolti all’esaltazione e alla riflessione sulla quotidianità. Pienamente immersi nella contemporaneità musicale sfuggono al mercato da cassetta, ma si attestano presso un pubblico intelligente e amante della canzone d’autore.

La rassegna proseguirà venerdì 18, con il concerto della formazione di Gioia del Colle C.F.F. e il Nomade Venerabile, poi sarà di scena per la prima volta a Bari la formazione Petrol, band.

Sabato nell’ultima serata, 19 luglio, dopo la proiezione del documentario “Le storie cantate – Viaggio tra i cantastorie di Puglia” di Nicola Morisco e Daniele Trevisi, il concerto de Il Parto delle Nuvole Pesanti.

Maria Caravella

giovedì 17 luglio 2008

Bari - ‘Don’t worry, be happy’ non può essere altrimenti con la straordinaria voce di Bobby McFerrin


Un’icona della musica internazionale ha calcato le scene allo Stadio delle Vittoria di Bari.
Bobby McFerrin, si è esibito per la serata conclusiva di Bari in Jazz, Quarta edizione, Swingin’ & Swimmin, evento musicale che ormai ha la straordinaria capacità di avvicinare al mondo del Jazz anche i non addetti ai lavori.

Organizzato da Abusuan con la direzione artistica del famoso Jazzista Roberto Ottaviano, Swingin’ & Swimmin si è proposto anche quest’anno la promozione di progetti musicali innovativi in ambito jazzistico, fornendo a talenti e gruppi emergenti l’opportunità di esibirsi di fronte ad una giuria composta da musicisti professionisti e critici del settore.

Importante la concentrazione del festival su quegli artisti che ci hanno regalato negli ultimi decenni
“Una visione delle Americhe che più abbiamo amato e che ancora consideriamo come essere l’autentico spirito di un paese e di un popolo che nasce multietnico e che grazie anche al linguaggio del jazz ha saputo affermare in tutto il mondo valori di tolleranza, comprensione ed integrazione”.

Lo straordinario McFerrin, musicista americano, popolare presso il grande pubblico soprattutto per la famosa “Don’t worry, be happy” ha magnificamente portato a termine i propositi della manifestazione a Bari con un progetto inedito che ha visto coinvolti alcuni fra i migliori musicisti pugliesi impegnati prima in un workshop durato una giornata con il noto jazzista e poi nel concerto del 16 luglio.

Gianna Montecalvo, Lisa Manosperti, Stefano Luigi Mangia, Maria Giaquinto, Cristina Palmiotta, le Faraualla (Teresa Vallarella, Gabriella Schiavone, Serena Fortebraccio, Loredana Perrini e Maristella Schiavone), Rosanna Santa Maria, Fabrizio Piepoli, Francesco Loiso, Maria Mazzotta, Giuseppe Naviglio, Loredana Savino, Gianni De Gennaro, Oskar Boldre, Mario Rosini, Roberto Ottaviano, Giorgio Distante, Massimo Lazazzera, Nando Di Modugno, Livio Minafra, Redi Hasa, Camillo Pace, Pippo D'Ambrosio e Cesare Pastanella; questi i nomi degli artisti della nostra Terra che hanno preso parte al workshop intensivo tenuto da Mcferrin il 15 e che con lui il
16 luglio hanno calcato le scene del concerto all'Arena delle Vittorie, performance originalissima e soprattutto unica del regista della musica Bobby McFerrin.

L’impareggiabile artista americano ha intrattenuto il pubblico barese, composto per l’occasione da una utenza alquanto ricercata, affiancato anche da amanti della buona musica, curiosi di poter assistere dal vivo alle improvvisazioni di questo grande jazzista.

Il concerto sobrio nella coreografia, caratterizzate da un efficace gioco di luci che sincronicamente ha investito anche il pubblico, è stato diviso in due parti: la prima in cui sul palco McFerrin ha tenuto un assolo a cappella che ha lasciato il pubblico letteralmente ammaliato e la seconda in cui è stato accompagnato dai 28 musicisti pugliesi. Come tutti i concerti di Bobby McFerrin anche questo si è rivelato un avvenimento unico che ha saputo abilmente miscelare la cultura musicale della terra di Puglia con il grande mondo del Jazz.

L’evento uno dei più interessanti e importanti dell'estate barese, ha confermando la capacità di Bari in Jazz di programmare eventi di livello internazionale.

Rosa Colombo

mercoledì 16 luglio 2008

Bari -Il Premio Città di Bari è stato vinto da Valeria Parrella. Premiati anche Giuliana Sgrena e Tahar Ben Jelloun


Inizia con la voce di Giuliana Sgrena che legge alcuni brani tratti dal suo ultimo lavoro letterario “Il prezzo del velo” , l’undicesima edizione del Premio letterario “Città di Bari-Costiera del Levante-Pinuccio Tatarella”, svoltosi ieri sera al Parco 2 Giugno di Bari.

A lei è stato consegnato il primo premio della giuria “Premio Saggistica’ per il libro “Il prezzo del velo” un testo che attraverso il velo indaga su una realtà crudele e vera di un definito mondo dell’Islam.

Intervista dal giornalista Marino Sinibaldi, Giuliana Sgrena parla di un processo in atto di reislamizzazione associata ad una nuova rielettura dell’Islam e di come paradossalmente oggi, il velo viene combattuto nei Paesi di origine mentre è considerato un simbolo di tradizione nell’occidente.
Dopo il suo rapimento in Iraq, continua la giornalista-scrittrice, non sono mutate le mie convinzioni è solo cambiato il mio modo di vivere.

Ad alternare le premiazioni dei quattro scrittori finalisti in gara, l’intervenato del quartetto canoro pugliese femminile le Faraualla, che hanno cantato brani di pregevole fattura con voce rigorosamente a cappella.

La presentazioni dei romanzi in concorso sono state anticipate da un incipit letti dalla brava attrice Anna Bonaiuto e da schede filmate.

Così si sono alternati sul palco :

- Vittorio Giacopini con “Re in fuga” dove parla della ‘leggenda’ di Bobby Fischer il famoso scacchista americano, del suo drammatico rapporto tra individuo e società e individuo e sé stesso. Un uomo in fuga, ma soprattutto in fuga sa sé stesso, ma forse è da sottolineare che ‘anche i paranoici hanno nemici veri’.

- Luigi Guarnieri con ‘I sentieri del cielo’ , ambientato nella Sila di fine ‘800, un territorio dove si è affrontata la prima guerra in territorio nazionale, dove si sono contrapposti due mondi diversi, quello dei briganti capeggiati dalla figura del guerrigliero Evangelista Boccadoro e quello dell’esercitonazionale.
Un romanzo duro che parla di una storia e di una guerra volutamente dimenticata.

- Giuseppe Lupo con ‘La Carovana Zanardelli’ , un viaggio tra speranze ed amarezze ambientato in Basilicata.
Parla del percorso di 12 giorni realmente effettuato dal presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli con uno stuolo di politici in terra lucana.
A seguito di questa ‘gita’ nasce la prima legge per il Sud che porta il nome di “Zanardelli”.


A vincere l’XI edizione anche quest’anno è una donna Valeria Parrella con ‘Lo spazio bianco’ , un libro ambientato a Napoli, precisamente nel reparto di neonatologia, che parla di fragorosi silenzi, di attese ma soprattutto di speranza con la consapevolezza che piccoli gesti possano dare una svolta nella vita degli altri.

Il Premio Speciale della Giuria è stato assegnato allo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun con ‘Il razzismo spiegato a mia figlia’, dove parla del dialogo di un genitore e la propria figlia dopo aver partecipato ad una manifestazione contro il razzismo e delle infinite domande che sorgono su questa parola.

Lo scrittore è stato premiato dall’assessore alla Cultura del Comune di Bari, Nicola Laforgia, con la seguente motivazione : ‘per il suo impegno della cultura del proprio Paese nel Mondo e per il suo impegno al dialogo religioso e multiculturale’.


Lo scrittore marocchino evidenzia come in questo periodo sembra che l’Europa riscopre il Mediterraneo, basti pensare al summit di Parigi di questi giorni, e nel frattempo in alcuni Paesi vogliono promuovere le leggi contro l’immigrazione.
Il Mediterraneo è un paradosso perché è diviso da una parte povera e sovrappopolata e una più ricca e meno popolosa e mettere seduti attorno ad uno stesso tavolo poveri e ricchi, non porta a realizzare niente perché gli interessi sono diversificati, ma plasmiamo solo una gabbia politica.
Basta guardare i libri di storia e vedere che il Mediterraneo è stato il teatro di tante guerre ed è strano poi osservare quando poi ci amiamo fra di noi, ma non possiamo non evidenziare che siamo il popolo che più si è combattuto.

Parole dure dello scrittore che come compito di ogni bravo autore non è quello di dare risposte che possano funzionano ma porre continue domande, per far riflettere.

Anna deMarzo

domenica 13 luglio 2008

Bari - Energia pura nel concerto rock di Ligabue


Ci aveva lasciato, durante la conferenza stampa di fine maggio, con la promessa che ELLE – ELLE STADI 2008 sarebbe stato uno spettacolo nuovo e diverso dai precedenti. Poche parole, tanto da sollecitare gli appetiti e le attese dell’immensa moltitudine di fans accorsi alla tappa pugliese del tour estivo di Ligabue.
Al primo grande evento musicale di questa calda estate barese, in tanti si sono prenotati già dall’apertura delle prevendite lo scorso febbraio, fiduciosi che il principe del rock italiano non avrebbe certo deluso le attese dei sostenitori più appassionati.

Immancabilmente lo spettacolo è stato davvero entusiasmante rinnovato, in parte, nei componenti della band, nella scenografia e nella ricerca ritmica di un rock più grintoso e dinamico.
Abbiamo ritrovato un Liga più impegnato e sensibile ai temi della giustizia e dell’ambiente. Ed è proprio dedicato alla salute della nostra Terra, il primo forte messaggio visivo di grande impatto che appare sul megapalcoscenico lungo circa 60 metri, sovrastato da uno schermo di 26: riferimenti all’energia pulita (pale eoliche, pannelli solari) messi a confronto con le torri di una raffineria; insomma il “vecchio” ed il “nuovo”, .il “passato” ed il “futuro” che è solo nelle nostre mani perché, come sentenzia il rocker di Correggio “Il nostro Paese non è di chi lo governa ma di chi ci abita e voi, che non dovete mai smettere di sognare, vi meritate tutto”

La trepidante attesa dell’inizio del concerto è stata preceduta da due gruppi spalla: i Rio (dove suona Marco, il fratello di Ligabue) ed i ragazzi de Il Nucleo.
L’ora “X” è alle 21,15 in punto: un boato da far vibrare le mura dell’Arena ed è subito festa…il grande rock-party di Ligabue!

Una scaletta che racchiude ventanni di carriera in 23 brani pescati per lo più dall’ultimo lavoro discografico. Il mistero ed il fascino della notte crea un collegamento ideale tra i brani che aprono e chiudono il concerto. Si parte con “Certe Notti” e si chiude , dopo poco più di due ore, sulle note di “Buonanotte all’Italia”, uno struggente commiato alla nostra Nazione durante il quale scorrono sul maxischermo i volti di nostri illustri connazionali che hanno contribuito a tener alto l’onore e la dignità del nostro Paese: Biagi, Gaber, Totò, Bossellino, Falcone, De Andrè, Pertini, Moro, Pantani, Sordi e tanti altri.

Un Ligabue rinnovato dunque che vuole percorrere nuove strade tra le molteplici vie del rock.
Sul palco presenta una band rimaneggiata. Tra le conferme l’immancabile chitarra di capitan Fede Poggipollini; Niccolò Bossini (chitarre) e Josè Fiorilli (tastiere) mentre tra le new entry troviamo Luciano Luisi (tastiere) e gli americani Michael Urbano (batteria) e Kaveh Rastegar (basso):

Ogni brano è arricchito da un elemento visivo: dallo scorrere dei primi articoli della Costituzione Italiana, interrotti dopo l’undicesimo dal singolare quanto improbabile, articolo 1001 “Il rock deve essere suonato al volume che serve”; all’abilissima trapezista che c’incanta, lasciando tutti col naso in su, durante le note di “Piccola stella senza cielo”.

Le scelte del rinnovamento sono state fortemente sollecitate da Corrado Rustici, affermato ed apprezzato produttore musicale, con cui il Liga ha intrapreso una recente collaborazione, a fianco alla storica produzione di Fabrizio Barbacci. Portano la firma di Rustici i due inediti “Niente Paura” e “Buonanotte all’Italia”, che hanno suggellato il successo di “Primo Tempo” ed “Il Centro del Mondo”, il singolo che ha anticipato l’uscita di “Secondo Tempo”, seconda parte del primo “best of” di Ligabue . Di Barbacci sono la produzione e gli arrangiamenti degli altri due inediti: “Il mio pensiero” e “Ho ancora la forza” (scritta tempo fa con Francesco Guccini e ora riadattata).
“Primo e Secondo Tempo”, contengono un chiaro riferimento alle passioni cinematografiche e calcistiche di Ligabue e ripercorrono cronologicamente la ventennale carriera del grande rocker italiano.

Sono più o meno le ore 23,00; dopo “Urlando contro il cielo” l’adrenalina è ormai alle stelle, si spengono le luci, si sospende per pochi attimi la musica …ecco…riparte con “Tra palco e realtà” ed è qui la sorpresa che ha portato a mille le pulsazioni del pubblico femminile: assieme a capitan Poggipollini con indosso solo i jeans, ci appare un sensualissimo Liga super sex a torso nudo, decisamente in ottima forma!!! Con “Balliamo sul mondo” nessuno più riesce a star seduto o fermo al proprio posto: i salti e le braccia verso il cielo proprio non possono fermarsi…!!!

L’impetuoso e dirompente rock del Liga ha fatto tremare l’Arena delle Vittorie ed ha stregato e travolto il tappeto umano di quasi 25.000 fans presenti sul prato e sulle gradinate. Uno spettacolo completo, curato nei dettagli e molto ben organizzato fin dall’arrivo dei più audaci fans nelle prime assolate ore del pomeriggio.
Scrivere per comunicare una bella emozione, così come la si è provata è difficile …si rischia di dire troppo o troppo poco…ed, in ogni caso, è sempre meglio viverla specie se questo significa lasciarsi catturare, come in questa sera, dalla musica del Liga e della sua band.

Sono state più di due ore di grande rock, di magiche parole, di sudore, di braccia ed urla verso il cielo, di luci, di abbracci …che per tutti noi sarà difficile dimenticare e non serbare come una delle più entusiasmanti e magiche notti dell’estate 2008!!!

Angela Ronchi

Bari – Ha proprio ragione Enrico Vaime ‘I cretini non sono più quelli di una volta’


Incontriamo l’eclettico Enrico Vaime alla Feltrinelli di Bari, dove presenta il suo ultimo lavoro letterario “I cretini non sono più quelli di una volta”.

Appare timido, impacciato quando parla, come se avesse il timore che i suoi pensieri potessero non interessare gli astanti, ma al contrario quello che dice sono concetti a volte inespressi da molti, rappresentazioni mentali di una moltitudine demoralizzata e sconfortata del modo di vivere ma soprattutto del modo di essere.

A ricalco del suo precedente libro “Quando la rucola non c’era” dove la nostalgia del bel tempo passato fa da padrona, anche quest’ultimo lavoro si muove su dei ricordi personali che non hanno la pretesa di dare una lezione morale di come eravamo e di come dovremo essere, ma dimostra come il tempo ha modificato il nostro modo di pensare o meglio il nostro modo di non riflettere poiché non ci poniamo mai dei “perché”, incrementando il nostro degrado culturale.
“Non è una venatura di presunzione – dice Vaime - ma ho sentito il bisogno di descrivere la mia generazione, una generazione che ha perso tutti i treni possibili. Abbiamo mancato il ’68, anche se un minimo di contributo l’ho dato quando si sono presi la mia macchina, appena comprata, contro la mia volontà per costruire le barricate ; non abbiamo fatto la guerra perché minorenni e così abbiamo saltato molti eventi storici. Siamo stati dei testimoni, ma non abbiamo diritto di parola”.

Con l’ amarezza di un periodo che non gli viene riconosciuto, Vaime si riscatta con un altro ciclo, per lui la vita comincia nuovamente nel 1960 con l’entrata in RAI, tramite concorso pubblico, perché allora si faceva così.

“In quell’anno entrarono con me – prosegue Vaime - alla sede di Via Mazzini anche Liliana Cavani, Giuliana Berlinguer, Francesca Sanvitale, Carlo Fuscagni, Giovanni Mariotti, Leardo Castellani. Forse è questo uno dei motivi cha la RAI anche se un ente pubblico non fa più concorsi pubblici, ha capito quanto può essere pericoloso avere gente pensante e intelligente attorno. Ma sono quelli assunti in quel periodo che hanno ben inteso come andavano le cose e sono andati via tutti”.
Il libro dal titolo ironico, a sottolineare una frase convenevole : “ non ci sono più le mezze stagioni” , mette in risalto che non ci sono più i cretini di una volta.

I cretini di oggi sono intelligenti, perché hanno studiato, navigano su internet, ma in compenso non sanno far ridere, perché ritengono che chi riesce a divertire sia uno sciocco.

E allora cosa dovremo dire di Marcello Marchesi, Ennio Flaiano, amici e maestri di Enrico Vaime, che della figura del cretino ne avevano fatto il loro protagonista assoluto.

E su quella falsa riga di autoironia e satira dei suoi predecessori, Vaime si muove quotidianamente, nello spazio dell’emittente televisiva La7, Omnibus, nella rubrica “Trafficando” , dove finge di parlare delle condizioni del traffico per parlare delle notizie di cronica, alleggerendole e rendendole più sopportabili. Il tutto intervallate da frasi, prese dalla società autostradale che approfitta della nostra disattenzione per propinarci frasi del tipo : “Nebbia in entrambi le direzioni” – “Traffico intenso per mancato smaltimento del traffico”.

Certo se uno approfondisce, inorridisce.

Anna deMarzo

venerdì 11 luglio 2008

Bari - 'Stato innaturale', un assaggio live e un incontro amichevole con Valeria Vaglio


La Feltrinelli di Via Melo ha accolto lo show-case di Valeria Vaglio, per presentare il suo primo album: “Stato innaturale”, un assaggio live e un incontro amichevole, l’occasione ai fans presenti in sala di poterle fare domande in modo informale.

Sul “palco”, allestito per l’evento, dell’ex banca, riadattata a libreria, la band del disco con Saverio Petruzzellis (batteria), Andrea Gallo (chitarra acustica), Michele Campobasso (tastiera) e Giuseppe Bolognini (chitarra). Con lei la fedele chitarra con spalla mancante, suonata sempre con la giusta maestria. Ad aprire, “Fuego” seguita da “Stato innaturale”. Le domande del giornalista Francesco Costantini della Gazzetta del Mezzogiorno vertono sulla scrittura delle canzoni, del suo esordio sul palco dell’Ariston, progetti futuri, domande le cui risposte della Vaglio lasciano intendere un “nulla da formula perfetta”, ma soltanto e unicamente passione.

La sua “Le carezze e la ferita” ha scaldato l’audience e, non poteva mancare “Ore ed Ore”, reduce dai “fasti” sanremesi. La Vaglio cantautrice barese, in un periodo in cui la riscoperta dei repertori affonda nell’alibi della presunta “freschezza”, dona un momento di respiro e novità nel panorama giovanile italiano con la sua voce dalla timbrica scura e calda. “Stato innaturale” è un album che non può essere consumato in fretta, non lo si può apprezzare davvero ascoltandolo in piedi.

Non ha i sapori omologati di tanta “fast food music” che si sente in giro. La Vaglio suona con la briosa leggerezza di un pop legante e sincero e le sue dieci canzoni (11 da cd, con una cover di Alex Britti) richiedono soltanto la giusta attenzione che si deve a chi fa musica con passione senza la fretta della competizione e l’ansia dell’apparire. Non è poi molto.

E in attesa che ci siano maggiori passaggi nelle radio di qualche sua canzone tratta dal suo “Stato innaturale” la possiamo riascoltare dal vivo, ancora nella sua città natale, questa domenica sul palcoscenico allestito da Battiti Live in piazza Prefettura.

Anna Furlan

Bari – Intervista al giudice Ferdinando Imposimato sul 'caso Moro'


Una figura come quella del giudice Imposimato non necessita di molte presentazioni: basterà solo ricordare il suo ruolo di protagonista nei processi alla mafia e al terrorismo, il suo impegno per la difesa dei diritti umani e la sua grande visibilità per la collaborazione con la nota trasmissione “Forum” in qualità di giudice arbitro.

Imposimato manca da Bari da quasi 25 anni, quando ancora aveva i capelli biondi, come lui stesso ha ironicamente affermato. Finalmente, ha l’occasione per tornarci con l’invito all’ultima tappa pugliese della manifestazione cinematografica “Cinemadamare”. Obiettivi: ricordare e discutere l’uccisione di Aldo Moro, durante il trentesimo anniversario della sua morte e nella sua patria di formazione (Aldo Moro fu studente e docente alla Facoltà di Giurisprudenza di Bari).

Dunque, il posto e il momento più giusto per incontrare la persona più informata e competente sul tema.

Aldo Moro “doveva morire”, secondo il titolo del suo libro, che analizza l’attentato ai danni di Aldo Moro, dalla strage di Via Fani all’uccisione. Perché “doveva morire”? E, proseguendo con il suo titolo, “chi ha ucciso Aldo Moro”?

Doveva morire perché, al di là della versione ufficiale che indica nei terroristi delle Brigate Rosse gli autori materiali e gli esecutori dell’assassinio, si sono mossi altri personaggi (per esempio, il Ministro dell’Interno Cossiga). Questi hanno segnato l’assassinio di Aldo Moro con una condotta molto grave fino a giorno del rapimento, ma anche prima del processo, attraverso l’omissione della sicurezza di Aldo Moro, che più volte aveva chiesto la scorta senza risultato. Poi, perché, durante quei 55 giorni, ci sono state una serie di azioni intimidatorie che spingevano le Brigate Rosse a catturare Moro. Quindi, doveva morire perché era stato deciso così dai massimi esponenti politici di governo del tempo: Francesco Cossiga e il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Questa è una cosa che ormai risulta, secondo me in maniera clamorosa, attraverso gli atti e le ricerche che abbiamo fatto.

E qual è il ruolo del KGB in tutto questo? (Lei è stato il primo a scoprire il coinvolgimento dei servizi segreti russi nel “caso Moro”)

In questa vicenda sono entrati uomini delle due grandi superpotenze del tempo: del KGB sicuramente, ma anche degli Stati Uniti, della CIA. Infatti, esisteva un comitato di crisi che gestiva il sequestro di Aldo Moro e di cui facevano parte sia uomini della “P2”, sia un uomo della CIA come Franco Ferracuti, sia un uomo del Dipartimento di Stato come Steve Pieczenik, sia un uomo del KGB. Poi, Aldo Moro, per tre mesi e mezzo, era stato seguito all’Università “La Sapienza” da un colonnello del KGB, un falso studente borsista in Italia per frequentare il corso di Storia del Risorgimento Italiano. In realtà, però, era venuto per pedinare Aldo Moro e per seguire tutta la sua vicenda fino al giorno del suo sequestro.

Il partito socialista aveva intenzione di avviare una trattativa umanitaria con le Brigate Rosse per la liberazione di Moro. Il tentativo fallì a causa dei “no” di tutti gli altri partiti. Come interpreta questi “no” e, in particolare, quello della Democrazia Cristiana, a cui Aldo Moro apparteneva?

Perché anche questa iniziativa del Partito Socialista è stata vanificata da una serie di risposte di chiusura totale da parte del governo. Bettino Craxi aveva incaricato Giuliano Vassalli, un grande giurista, per elaborare un progetto in modo da portare ad una scelta unilaterale da parte dello Stato di liberare Aldo Moro. I socialisti, di certo, non volevano trattare con i terroristi, perché questo sarebbe stato impossibile, dal momento che il 16 Marzo erano stati uccisi i cinque uomini della scorta (tra cui Leonardi e Rivera). A questo punto, restava l’unica possibilità di un atto di clemenza nei confronti di qualche terrorista, non accusato di fatti di sangue, che avrebbe indotto le Brigate Rosse a liberare Moro. E, per la verità, Vassalli trovò un terrorista che aveva queste caratteristiche: Buonoconto, che aveva diritto alla libertà per le sue cattive condizioni di salute. Io ho avuto anche modo di parlare recentemente con Prospero Gallinari e mi ha detto che sarebbe bastata la liberazione di Buonoconto per costringere i terroristi a liberare Moro, dal momento che chiedevano necessariamente una contropartita. Ma, anche questa proposta di Vassalli non era molto intelligente e rispettosa della legalità, perciò venne respinta in maniera dura da parte di Andreotti e di Cossiga, i quali, fin dall’inizio, avevano affermato che non avrebbero mai accettato di liberare nessun terrorista.

La giustizia ha, a volte, il limite di non poter condannare qualcuno per mancanza di prove, ma ciò non significa che quel qualcuno sia innocente. Lei è giudice e, nello stesso tempo, scrittore. La verità storica, espressa da un libro o da un’inchiesta giornalistica, può superare il limite di quella giudiziaria?

Sì, perché, come mi insegnano i due storici Francesco di Martino e Gaetano Arfè, guai se si pensasse che la storia della Repubblica sia scritta dalle sentenze, perché, allora, non potremmo mai scriverla. La storia io l’avevo scritta già nelle prime 3 sentenze su Moro, però, all’epoca, io non avevo delle testimonianze importanti, per esempio come quella di Steve Pieczenik, che aveva confessato di aver architettato un piano per eliminare Aldo Moro d’accordo con Cossiga. Io stesso per trent’anni mi sono rifiutato di credere a quello che sto dicendo adesso, perché la stampa mi aveva indotto in errore. Quindi, alla sua domanda giusta e fondamentale rispondo: guai se ci dovessimo basare solo sulle sentenze per tracciare la storia di questo paese, che va tracciata anche contro le sentenze, perché c’è stata l’impunità di alcuni colpevoli della strage. Purtroppo, anche una parte della magistratura era al servizio dei poteri forti. Questa è la verità storica e dobbiamo prendere atto che oggi la situazione non è migliore, dal punto di vista della libertà di stampa e della magistratura.

Questo, infatti, è un periodo di fermento, intrecci, scontri tra il governo e la magistratura. In quale misura manca, adesso, una figura come quella di Moro?

Manca molto, perché Aldo Moro aveva una statura politica, morale e istituzionale straordinaria, una cultura giuridica e umanistica immensa (insegnava diritto e procedure penale all’Università “La Sapienza”), ma, soprattutto, una capacità di anticipazione degli eventi unica, perché aveva visto già nel 1973 che l’Italia si doveva aprire a nuovi orizzonti politici. La sua scelta del ’73 di fare un governo di centrosinistra con i socialisti venne, addirittura, appoggiata da Kennedy, che venne in Italia per sostenere la sua apertura ai socialisti, contrastata, invece, da una parte dei conservatori americani. Purtroppo, anche Kennedy subì lo stesso destino, perché quando tornò negli Stati Uniti fu assassinato. Quindi, adesso, un uomo come Moro non esiste. Del resto, anche di recente, Moro è stato definito l’unico grande statista che ha avuto l’Italia negli ultimi 60 anni. Era un grande uomo, però, purtroppo, durante i 55 giorni è rimasto solo, perché, addirittura, il Ministro dell’Interno è stato capace di soggiogare tutti i giornali che contano (la “Repubblica” e il “Corriere della Sera” che era nelle mani di Lucio Gelli, amico intimo di Cossiga) e di farsi firmare da 75 intellettuali italiani un documento che dichiarava la pazzia di Aldo Moro sotto la pressione delle Brigate Rosse. La cosa non è assolutamente vera, perché Aldo Moro era perfettamente lucido e voleva sopravvivere non per viltà, come qualcuno ha insinuato, ma semplicemente perché lui sapeva che la sua presenza era indispensabile alla sua famiglia. Quindi, Moro era un uomo straordinario e destinato a diventare Presidente della Repubblica. La sua candidatura, però, non era accettata né da Cossiga, né da Andreotti, né dei loro seguaci. Questa è la verità e questo ho scritto: uno dei moventi dell’uccisione è stata proprio la volontà di eliminare Moro dalla competizione per la Presidenza della Repubblica.

Quindi, “un uomo straordinario”. Eppure, il Cardinale Giuseppe Siri al momento della morte di Moro ha commentato dicendo: “ha avuto quel che si meritava”. Ma, in realtà, cosa meritava Moro dalla giustizia e dal mondo politico?

Siri era un cardinale conservatore e miope rispetto alle visioni futuristiche di Aldo Moro. Quindi, era semplicemente un personaggio che si adeguava alle circostanze: sapeva che Moro era, ormai, perduto e condannato a morte e allora incominciava a preparare il terreno per nuovi accordi con Andreotti e Cossiga. Lo stesso Papa Paolo VI non si è comportato bene nei confronti di Aldo Moro: non ha fatto nulla per aiutarlo. Anche se era possibile.

Marisa Della Gatta