PHOTOGALLERY by Egidio Magnani

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domenica 28 dicembre 2008

Castellana Grotte (Bari) - ‘Hell in the Cave’ traghettati nell’Inferno del sommo poeta Dante


E’ andato in scena ieri sera, la prima dello spettacolo ‘Hell in the Cave’ dalla location inusuale, la prima voragine della Grotte di Castellana, per rappresentare l’Inferno, la prima cantica della Divina Commedia del sommo poeta, Dante Alighieri.

Per chi ha già visitato queste famose grotte pugliesi, quando si è apprestato a scendere nelle profondità delle viscere della terra, sono sicura che non ha potuto fare a meno di paragonarlo al viaggio immaginario di Dante, dove le stalagmiti e le stalattiti con le loro svariate forme hanno dato il via alla fantasia dei visitatori.

Così ieri sera mentre si scendeva nella profondità della terra, la creatività di Dante si è tramuta in realtà.

Gli spettatori, in coda, (allegoricamente come in smaniosa attesa di essere traghettate sull’altra riva) vengono accolti da urla e gemiti, e dalla voce recitante che interpretata i versi del primo e terzo canto dell’Inferno :” Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, che la diritta via era smarrita….” “Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore …”.

Luci rosse evocano l’inferno e i fari che illuminano le stalattiti rendono angosciante l’ambiente.
Accolti da un grido simile ad un ululato, si presenta Lucifero che volteggia nella cava. Quando l’occhio dello spettatore si abitua alla semi oscurità dell’ambiente, si delineano i personaggi. Dalle stalattiti sbucano le anime in pena, chi vaga come “gent’è che par nel duol sì vinta?”, abbattuti e sopraffatti dal dolore, chi viene preso dai demoni e torturato.

Lo spettacolo si avvale dell’abbattimento della quarta parete, così sia i demoni che i dannati circolano tra gli astanti.
L’interpretazione dei demoni è molto efficace, sbuffano e non emettono suono umano, ma un borbottio bestiale, si muovono come animali e annusano i presenti per poterli riconoscerli dai condannati eterni, mentre i dannati piangono e si muovono come coloro che sanno di non avere più alcuna speranza.

Lo spettatore continua a scendere nelle viscere della terra, proprio come Dante e Virgilio che digradano i vari cerchi e lo spettacolo interagisce cambiando di volta in volta scena, non seguendo pedissequamente la cantica della Divina Commedia.

Due figure volteggiano cercando di abbracciarsi, sono Paolo e Francesca, i due amanti riminesi, mentre una voce recita i famosi versi che narra la storia del loro amore , del loro primo bacio e della loro morte : “galeotto fu il libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante”.

Nella selva dei suicidi appare Pier delle Vigne, fedele a Federico II , tanto che finì per perdere per esso prima la pace e poi la vita.

Con una voce quasi da esortazione si vede Pluto che grida le parole dall’oscuro significato ‘Pape Satan, pape Satan aleppe’.

L’incipit “la bocca sollevò dal suo fiero pasto …” presentano la figura del pisano conte Ugolino della Gherardesca che fu fatto morire di fame assieme ai suoi due figli e ai suoi due nipoti .

Ma è ormai giunta l’ora di uscire dall’Inferno, così appare Beatrice che conduce i visitatori a riveder le stelle.

Uno spettacolo quello di ieri sera che gli spettatori hanno potuto godere solo del 50% , come sottolineato dal regista Enrico Romita, che si è scusato per l’accaduto, a causa di un guasto al generatore, che ha protratto l’ingresso degli spettatori nella grotta di oltre un’ora, lasciandoli al freddo.

Ma “Hell in the cave” anche in forma ridotta si è fatta perdonare.
Un cast numeroso che comprendeva artisti, con le voci di Marcello Prayer e Giusy Frallonardo, il tributo a Carmelo Bene e Vittorio Gassmann, danzatori – acrobati di Res Extensa con le ballerina Elisa Barucchieri (coreografa) e Anna Moscatelli, i costumi di Dalila Suglia e Pino Maiorano, le ludi di Franz Catacchio e le musiche di Tony Carnevale.

Così dopo Giorgio Albertazzi che a luglio nella stessa location ha recitato Dante, l’amministrazione locale con questo spettacolo vuole promuovere e valorizzare il territorio e le Grotte di Castellana.

Anna deMarzo

Castellana (Bari) - Volley A1 - Florens Castellana si impone per 3 - 0 contro la Tena Santeramo nel derby di Puglia


Vittoria “pesante” della Cgf Recycle Florens Castellana Grotte nella dodicesima giornata della Findomestic Volley Cup serie A1 di pallavolo femminile.

Contro la Tena Santeramo la formazione allenata da Donato Radogna si impone per 3-0 e riscatta un periodo buio condito da diverse disavventure. Decisivo il contributo di Annamaria Quaranta (16 punti e il 54% in attacco) e di Danielle Scott-Arruda (17 punti, 74% in attacco e 3 muri punto). Finisce con un netto successo della formazione castellanese, quindi, il derby di Puglia della stagione 2008/2009, condito da una cornice di pubblico da 2000 spettatori (un orgoglio non solo per il volley nostrano, ma anche per l'intero movimento pallavolistico italiano).

Il successo del posticipo televisivo consente alla Florens anche di riaprire i giochi in ottica della qualificazione alla Final Eight di Coppa Italia, rimandando al turno infrasettimanale dell'Epifania ogni verdetto (due punti di distacco da Conegliano e Perugia, uno dal Sassuolo, il Castellana ne deve passare almeno una per accedere alle fasi finali della competizione di Lega).

Dalia in regia, Quaranta opposta, l'ex Soninha e Roani in banda, Petkova e Scott-Arruda centrali con Sansonna libero nella Florens. Sangiuliano al palleggio in diagonale con Tsekova, Capuano e Swieniewicz schiacciatrici, Marulli e Fernandez al centro, Sirressi libero nel Santeramo. Al via il primo confronto tra le due formazioni in serie A.

PRIMO SET - Subito positiva Scott-Arruda: tre di fila per il 4-3. Il muro della centrale americana per il 7-3, poi il diagonale di Soninha per l'8-5. Prima il martello brasiliano, poi Quaranta: la Florens scappa (13-6). Ace di Sangiuliano (13-8), poi due di fila per il capitano del Castellana: 17-8. Santeramo prova a rimanere nel set con Tsekova (17-11). Quaranta continua a spingere: block out e pallonetto per il 20-12. Due fast e una pipe di Scott-Arruda per il 25-14.

SECONDO SET - Scott-Arruda contro Swieniewicz: due a testa (6-6), poi un muro della polacca sull'americana: 6-7. Muro di Petkova (8-7), poi fast da seconda linea di Scott-Arruda: 10-8. E' ancora di Quaranta il break a metà set: 12-9. Sansonna ci mette alcune difese decisive, il resto lo fa Scott-Arruda: altri quattro (muro e fast) per il 18-14. Dopo una pipe della centrale americana (21-18), altri due di Quaranta per il 23-18. Chiude il capitano il block out del 25-21.

TERZO SET - Due di Marulli e due ace di Sangiuliano: Santeramo reagisce (3-6). Petkova, Soninha, Quaranta e Roani: il “gruppo” Florens impatta (10-10). Altro ace santermano di Capuano (13-15), poi “magia” di Dalia (14-15). Marulli con il quinto ace di squadra del set (15-17), poi il muro di Fernandez: Santeramo allunga sul 15-18. Petkova in primo tempo (17-20), Quaranta in diagonale (19-20), Scott-Arruda in primo tempo (20-21): la Florens ci prova. Santeramo sbanda: due muri di Dalia per il 23-22. Soninha chiude il 25-23.

sabato 22 novembre 2008

Bari – La Puglia ‘tosta’ del film ‘I galantuomini’ di Edoardo Winspeare


Dopo la Bari degli anni ’80, la Lecce degli anni ’90. Così, subito dopo il successo di “Il passato è una terra straniera”, il cinema italiano continua a riempirsi di Puglia con la pellicola “I galantuomini” del regista salentino Edoardo Winspeare (nelle sale dal 21 novembre).

Con un cognome che suona straniero per la sua nascita e la sua discendenza austriaca - la sua famiglia, anticamente originaria dello Yorkshire, si trasferì nel Regno di Napoli a causa delle guerre di religione – ma con un’anima profondamente leccese, essendo cresciuto in una piccola frazione di Tricase, Edoardo Winspeare si dimostra capace di narrare una storia d’amore “credibile” e “universale” su uno sfondo “estremo” e “provinciale” come il Salento della Sacra Corona Unita.

Se gli si chiede, infatti, quale immagine della Puglia emerge dal suo ultimo lavoro, risponde con un sorriso e un gesto quasi di stizza: “un’immagine tosta e difficile, vittima della mafia della Sacra Corona Unita, anche se in Puglia non c’è mai stata la stessa fusione con la politica della mafia siciliana”. E conclude con una sentenza amara: “non è e non era una situazione facile”.

Nel suo quadro alquanto desolante, però, sembra dimenticare la “rivoluzione culturale” pugliese nel cinema, nella letteratura e nella musica, tanto elogiata da Gianrico Carofiglio. Cosa ne pensa, allora, di questo processo in atto?

“Certamente l’elemento culturale dimostra un miglioramento, con artisti come Caparezza, i Negramaro, con il cinema. Poi, c’è l’importante collaborazione tra Bari e Lecce”.

Un passo avanti non da poco. Dimostrato nel film dalla firma nel copione dello scrittore barese Andrea Piva e dalla partecipazione come protagonista maschile dell’attore barese Fabrizio Gifuni, insieme a Beppe Fiorello e Donatella Finocchiaro, vincitrice al Festival del Film di Roma del premio “Marc' Aurelio d'Oro” come Miglior Attrice.

Questo riconoscimento è solo la parte ufficiale di un successo preannunciato anche dall’interesse e dalla partecipazione del pubblico barese alla presentazione de “I galantuomini” nel quarto appuntamento di “Pellicole a colloquio”. Presenti, inoltre, Alessio Boni e Marcello Praya, gli attori protagonisti della rassegna teatrale “Le direzioni del racconto” con “Carne rossa, carne nera” all’auditorium Vallisa di Bari (22-23 novembre).

Conflitti e pregiudizi sportivi tra Bari e Lecce rigorosamente a parte.

Marisa Della Gatta

mercoledì 19 novembre 2008

Bari – L’ eclettica Dobet Gnahoré per la serata finale del festival ‘Soul Makossa’


Partita il primo ottobre con i toni africani della performance
'Kokokynakà' sulle note del musicista eritreo Branè Arefaine al-krar, la nona edizione del festival interetnico di musica e teatro “Soul Makossa” si conclude in bellezza ritornando in Africa, con lo spettacolo dell’eclettica artista Dobet Gnahoré al teatro Royal di Bari.

Con questo ultimo evento e questa protagonista di fama internazionale, il festival – organizzato dall’associazione culturale barese Abusuan con l’assessorato regionale al Mediterraneo e alle attività culturali e quello provinciale e comunale alla cultura della Regione Puglia – oltre allo scopo di unire con le arti sceniche le culture mediterranee e i popoli (vista la partecipazione di un pubblico dalle nazionalità diverse), raggiunge anche quello di fondere insieme il canto, la danza e gli strumenti musicali.

Dobet Gnahoré, infatti, è molto più che la “nuova grande voce dell’Africa” essendo, a poco più di vent’anni, anche ballerina, percussionista e grande comunicatrice sul palco, grazie alla sua grande preparazione teatrale e coreografica.

La sua importante presenza scenica si nota già a prima vista e a primo ascolto dall’ introduzione della performance con l’assolo polifonico, intenso quanto un pianto, e dal suo look eccentrico, fatto di bracciali di legno in stile etnico, trucco “egiziano”, maglia con la cartina geografica dell’Africa e tailleur europeo. Non da meno la scenografia, creata in modo da riprodurre sul palco una piccola savana e una piccola tribù.

L’Europa e l’Africa, dunque, i due elementi in perenne comunicazione nell’arte di Dobet Gnahoré. I ritmi tribali e le melodie funky della band (Colin Laroche de Feline alla chitarra acustica, Boris Tchango alla batteria e Nabil Mehrezy al basso), i dialetti africani e il francese, la danza delle ballate e quella da discoteca interagiscono per trasmettere un unico messaggio: la volontà di un mondo migliore, senza fame e pieno di amore.

È l’amore per il proprio paese e per la famiglia, espresso nei brani intitolati “Pillage”, “Issa” e “Nan” dell’ultimo album “Na Afriki”. Il primo dedicato dalla cantante al suo paese, il secondo al fratello e il terzo alla madre.

Temi importanti e seri con lo scopo di divertire il pubblico e di farlo tornare a casa, magari, con un po’ di mal d’Africa.

Marisa Della Gatta

sabato 15 novembre 2008

Bari - Arrivano i Lost ... e delirio fu.


E il delirio fu. Il popolo dei fan dei Lost ha vissuto ieri il suo pomeriggio di follia alla Feltrinelli di Bari.

Era infatti una libreria assediata quella che ha fatto da sfondo all’incontro con la band vicentina, capitanata da Walter Fontana. Ed erano emozionati anche loro, i Lost i sei ragazzi rivelazione 2008, diventati cult prima ancora di pubblicare un disco, mentre entravano nella fossa dei leoni. Il pubblico, solo ragazzine, è letteralmente impazzito: c’era addirittura chi piangeva cantando in diretta telefonica con l’amica impossibilitata a partecipare all’evento, causa compito in classe di matematica il giorno dopo a scuola.

L’avveneristica struttura a due piani della Feltrinelli ha retto benissimo l’ondata di un non annunciato delirio (per l’evento nessuno pensava ad un’affluenza così massiccia). Ma si sa che l’importanza di una manifestazione si misura dai numeri dei ritagli di stampa e si spera che la qualità faccia germogliare anche un po’ di quantità. Ma a volte si finisce (spesso aggiungiamo noi) nel privilegiare non il “pregio” di una produzione musicale o cinematografica, bensì i frutti del “divismo” che in genere maturano durante le tournée promozionali degli eventi.

Uno scenario rasente l’inverosimile, l’incredulo, il parossistico, che ha fatto emergere, però, una sostanziale immaturità di fondo. Una moltitudine di ragazzine fra i 12 e 16 anni si è lasciata andare a scene di isterismo, urla, schiamazzi, spinte e quanto altro quest’ultima generazione, che si rifà ai miti-idoli, possa offrirci. Esterrefatti e increduli, noi per primi della stampa, per quello che è accaduto.

I Lost nascono nell'estate 2004 dall'incontro tra il cantante Walter Fontana e il chitarrista Roberto Visentin a loro si aggiungono il batterista Filippo Spezzapria, il bassista Matthew Miller - sostituito poi nel 2006 da Luca Donazzan e il chitarrista Giulio Dalla Stella. In Italia una storia così non c’è mai stata. Mai successo che un gruppo arrivasse a raggiungere un milione di contatti su Myspace a un anno dall’apertura. E' grazie a MySpace che la band riesce a ottenere il primo contratto discografico, dato che la pubblicazione della demo "My (?)" riscuote un buon successo nel sito.

Nel settembre 2006 quindi i Lost firmano per la Bass Department, mentre nell'estate 2007 il gruppo si iscrive al "Cornetto Free Music Audition" e viene selezionato per la diretta del programma musicale "TRL extra live" di Bari. Il 7 novembre è uscito “LOST live @ mtv.it”, un imperdibile cd + dvd dedicato al mondo dei Lost. Il cofanetto è la prima produzione targata mtv.it e si può considerare come una precisa indicazione della community del sito Mtv Italia che, da oltre un anno, supporta la musica di qualità con performance esclusive girate in spazi intimi e avvolgenti.

“LOST live @ mtv.it” è stato realizzato da 360° Playmaker per Carosello Records: è ricco di immagini esclusive e situazioni rubate, sfacciate e montate freneticamente in pure stile Mtv. Oltre all’incredibile ‘live @ mtv.it’ realizzato sulla prua di una nave ancorata nel Porto Antico di Genova, il cd-dvd “LOST live @ mtv.it” raccoglie i momenti più importanti di un anno di successi della band targati MTV e sarà disponibile al prezzo speciale di € 14,90.

Anna Furlan

Bari - 'Salomè', voluttuosa, erotica, capricciosa incanta Erode e cattura il pubblico


Voluttuosa, erotica, ma anche infantile e capricciosa come solo una principessa viziata può esserlo, è la Salomè che Vito Signorile ha presentato ieri sera in prima nazionale al Teatro Abeliano di Bari.

‘Salomè – l’ultima tentazione’ , ripropone la vicenda narrata nel Vangelo di San Marco, della figlia di Erodiade e di come convinse il tetrarca, suo patrigno e zio, a consegnargli la testa di San Giovanni Battista.

La tentazione è ben rappresentata dalla voglia di possedere, dalla curiosità e dal desiderio dei tre personaggi, Erode, Erodiade e Salomè che si muovono sul palcoscenico, chi in preda alla brama, chi dalla angoscia di perdere quello che possiede e chi dalla eccentricità e indifferenza che la circonda.
Si immobilizzano solo quando sentono la voce ammonitrice di Giovanni, che rinchiuso nelle segrete, continua a condannare pubblicamente la condotta del Tetrarca e della sua “prostituta” e preannuncia anche l’arrivo di un nuovo Regno e di Colui che viene dopo di lui, ma loro non intendono il suo parlare.

La tentazione la vera protagonista della serata, mostra un Erode, interpretato da Vito Signorile, avido, famelico e voglioso che ama collezionare e circondarsi da ciò che è bello e raro.
Per questo non esita ad uccidere il fratello per possedere la sua bella moglie, Erodiade. Per il suo palato regale, fa giungere i vini più pregiati dalle terre allora conosciute e nei suoi scrigni si possono trovare gioielli di incomparabile bellezza.
Ma chi possiede vuole sempre ottenere di più e non riesce a frenare questa sua corruzione materiale, si guarda attorno con la brama di afferrare quello che ancora non ha.

Così quando lo sguardo di Erode cade sull’avvenenza appena sbocciata della figliastra Salomè, la vuole possedere, perché non si può vincere alla tentazione.

Lo sanno bene anche le due donne.

Erodiade (interpretata da Antonella Racanelli) teme che la figlia subentri nelle grazie di suo marito e a lei nei migliori dei casi spetti un ruolo marginale, se non addirittura la morte.
A nulla valgono le sue danze per distogliere lo sguardo e i pensieri di Erode, da sua figlia.

Serena Ventrella, che interpreta Salomè, una erotica quanto sanguinaria fanciulla, sa bene di possedere un corpo che vale più della parola, e con le sue movenze sinuose e accattivanti, riesce persino ad intimorire il Tetrarca, che non esita, pur di vederla ballare a cedere metà del suo regno.


Lo sa bene Salomè che senza esitare danza sul pavimento sporco del sangue del capitano delle guardie, innamorato della principessa e che per lei si è tolto la vita.

La musica prende il ritmo e Salomè balla la danza dei sette veli e come un incantatore di serpenti incanta lo sguardo del re, e non solo … affascina i presenti in sala.


Ma i re non dovrebbero mai giurare, perché sono costretti a mantenere quello che dichiarano.
Così quando la fanciulla, non gli chiede di avere in dono metà del suo regno, o pavoni bianchi dai becchi dorati, o diademi e collane di perle, ma gli chiede come offerta la testa di Giovanni Battista su un vassoio d’argento, non sa che sta decretando anche la sua messa a morte.

Lo spettacolo, prodotto dal Centro Polivalente di Cultura Gruppo Abeliano, è interpretato da Vito Signorile (Erode) Massimo Triggiani (Giovanni), Enzo Sarcina (Giullare), Ivan Dell’Edera (Capitano), Antonella Racanelli (Erodiade), Serena Ventrella (Salomè), Fonte Fantasia (Schiava) e Patrizio Altieri, Sergio Antonacci e Vincenzo M. De Sario (soldati).

Lo spettacolo si avvale anche della partecipazione di Sabrina Speranza (coreografie), Michele Iannone (direttore di scena), Ottavia Dattolo, Vincenzo Mascoli, Michele Sivo e Angela Varvara (costumi) e Alessandro Amato (musiche originali).

Si replica venerdì, sabato e domenica.

Anna deMarzo

giovedì 6 novembre 2008

Bari - Gianrico Carofiglio 'Né qui né altrove. Una notte a Bari' scorci, colori e gli odori della nostra città


Ogni qualvolta qualche casa editrice manda in libreria un libro di Gianrico Carofiglio viene voglia di stappare una bottiglia.

I romanzi dello scrittore-senatore barese sono infatti merce rara, nel panorama noioso e inutilmente caotico dell’editoria italiana, dominata per lo più dalle peggiori sciocchezze americane.

L’ultimo volume arrivato in libreria nei primi giorni del mese di novembre si intitola: “Né qui né altrove. Una notte a Bari” (edizioni Laterza, pp.160, euro 10) ed è, per il lettore italiano, di particolare interesse, trattandosi della continuazione di quello che la casa editrice Laterza per la collana Contromano da anni ha promosso con alcuni scrittori che hanno fatto delle proprie città una guida letteraria.

Così per Carofiglio ci ritroviamo ancora una volta nel suggestivo panorama barese, una città da un clima di effervescenza e miseria ancora incombente. Una città in qualche modo giovane, piena di progetti astrusi e di segreti allegramente sbandierati. E per festeggiare questo feeling particolare fra Carofiglio e Bari la libreria Laterza ha organizzato una festa di lancio, in una notte lunga quanto una vigilia. Fuori un temporale si abbatteva fin dalle prime ore della sera, una pioggia attesa da mesi, la stessa attesa che si celava dietro l’evento dell’anno, il sesto libro di Carofiglio.

A far da padrone di casa in questa lunga notte, Alessandro Laterza: “ho desiderato la penna di Carofiglio perché ero sicuro della totale veridicità che lo scrittore avrebbe dato attraverso lo sguardo e la capacità di scrittura e di scorcio con delle rappresentazioni molto particolari degli ambienti in cui ci muoviamo quotidianamente. Una rappresentazione della città non persuasiva ma efficace nel dare i colori e gli odori della nostra città”.

A onor del vero, per questa prima, il pienone, come fu nel lontano 8 settembre 2006 alla libreria Feltrinelli, in occasione dell’uscita del suo terzo volume: “Ragionevoli dubbi”, non c’è stato, diciamo in fin dei conti che il tempo non è che sia stato tanto clemente con questa prima di “Né qui né altrove”. A far da sfondo a questa serata tutta barese-Carofiglio la proiezione del video del regista Mezzapesa, il quale mirabilmente in due minuti di proiezione è riuscito a riassumere mirabilmente il senso di questa città.

Anna Furlan

giovedì 30 ottobre 2008

Bari – Una città 'fantastica' e in chiaroscuro nel film 'Il passato è una terra straniera'


Un film sull’identità in un periodo in cui “di nuovo non sappiamo chi siamo e cosa vogliamo. Di nuovo chiamiamo paura la nostra infelicità”. Ambientato in una Bari “fantastica”.

Si potrebbe riassumere così, con queste parole del regista Daniele Vicari, l’essenza dell’attesissima riproposizione cinematografica del romanzo “Il passato è una terra straniera” scritto e, poi, sceneggiato (in collaborazione con Daniele Vicari, Massimo Gaudioso e il fratello Francesco Carofiglio) da Gianrico Carofiglio.

Dal libro alla pellicola - fino a poco tempo fa concorrente al Festival internazionale del Film di Roma e nelle sale a partire dal 31 Ottobre - il passaggio è stato diretto, come chiarisce il regista: “ ho scelto di realizzare Il passato è una terra straniera non perché avessi intenzione di fare un film su qualche libro di Carofiglio, ma perché in questo libro ho trovato una serie di elementi narrativi e spunti cinematografici molto interessanti e un valore universale nella storia”.

Una storia audace per alcune punte di violenza (tanto da essere vietato ai minori di 14 anni) che ha come protagonista Giorgio, interpretato da Elio Germano, un “bravo ragazzo”, laureando in giurisprudenza, fino all’incontro con Francesco (Michele Riondino) baro nel gioco d’azzardo nella Bari notturna della cattiva società, cocainomane e amante di “donne di lusso annoiate”.

È proprio la figura della donna, in un film sull’amicizia tra due uomini, ad affascinare e ad incuriosire, in quanto interpretata da attrici di rilievo come Valentina Lodovini (nel ruolo di Antonia) e definita da contorni evanescenti, da “pochissime pennellate che riescono a darle profondità”.

Ma nel film la prima donna è Bari, una città “immaginaria” in chiaroscuro, vista dal biancore del suo centro storico e dal buio dei suoi angoli nascosti.

Ha spiegato Daniele Vicari: “Mi sono spaventato perché la Bari attuale è il contrario della Bari degli anni ’80 descritta nel libro. È una città luminosa nonostante i suoi mille problemi”. Problemi che, addirittura, possono diventare virtù: il cantiere di piazza Cesare Battisti con il suo tanto contestato corridoio può diventare, infatti, lo sfondo più adatto a girare la scena finale del film.

“Era previsto girare la fine a Taranto, ma poi abbiamo trovato la location migliore affianco all’Università”, ha precisato il regista raccontando anche l’aneddoto del “camminamento di legno”, smontato per la sua pericolosità e poi rimontato ad hoc per le riprese.

Rimane da capire quanto sia diversa dal libro e quanto uguale al vero questa immagine di una Bari riflessa nello specchio dei suoi contrasti.

Marisa Della Gatta

sabato 25 ottobre 2008

Bari - Il ritorno di 'Capitan Fede' e dei 'Condotto 7' per una serata di grande rock


A pochi mesi dal magico concerto del 12 luglio, il rock del Liga torna ad infiammare il pubblico barese con lo spettacolo, in esclusiva per il Sud Italia, del celeberrimo chitarrista e cantautore bolognese Federico Poggipollini, meglio noto ai suoi fans ed a quelli di Luciano, come ”Capitan Fede”.e la più nota ed apprezzata Cover band pugliese di Ligabue, i “Condotto 7”.

Nella location del New Demodè, nei pressi dello stadio San Nicola, sono accorsi ieri sera, fin dalle ore 21,00, numerosissimi fans per poter godere di uno spettacolo davvero travolgente.
L’ora “X” è alle 22,30 quando i Condotto 7 aprono il concerto con “Lambrusco e pop corn”. Il pubblico è già in delirio dai primi brani che si susseguono grintosi e coinvolgenti.

Due ore di spettacolo di energia pura per una scaletta di circa 23 pezzi pescati tra il vastissimo repertorio del grande Luciano. Non sono mancati i più recenti successi del principe del rock italiano come “Il mio pensiero” ed “Il centro del mondo”, assieme alle immortali “Tra palco e realtà”, “Le donne lo sanno”, “Ballando sul mondo”, ”Happy hour”, fino a raggiungere l’apice del delirio con la travolgente “Urlando contro il cielo”.

I “Condotto 7” nascono a Bari nel 2004 e si distinguono subito dalle altre Cover di Ligabue, pugliesi e non, per lo stile autentico capace di firmare, pur prestando fede ai successi del rocker emiliano, ogni interpretazione con una propria impronta personalissima. La band è composta da Aldo La Sella (batteria), Mimmo Positano (chitarre e cori), Francesco Montrone (basso), Beppe Arnese (chitarre e cori), Nicola Pedone (tastiere) e da Antonio Cassano (voce e chitarra acustica nonchè personaggio simbolo della band), tutti magistralmente diretti dal general manager Dario Del Console.

Lo show è stato arricchito da momenti particolari ed emozionanti durante i quali Fede, impadronendosi della scena, ha regalato al pubblico i suoi pezzi di maggior successo quali “Bologna e piove”, “Il Chitarrista”, notissima cover del brano dell’indimenticato artista Ivan Graziani, “Tra di noi” ed “Indelebile”, interpretata in assolo.

Entrato a far parte, poco più che ventenne, della band dei Litfiba, Fede Poggipollini firma da ben quattordici anni, la propria immagine e la propria musica, come componente di spicco della band di Ligabue. Capitan Fede è anche un apprezzato cantautore ed attualmente sta lavorando al nuovo album “Trasversale”, la cui uscita inizialmente prevista, per i primi dell’anno in corso, è stata rinviata per problemi tecnici, a primi mesi del 2009.

Federico ha dichiarato, in più occasioni, di amare il pubblico pugliese che lo ha sempre accolto con calore ed affetto e pertanto, come può, non manca di offrirci il suo talento artistico, la sua voce ma soprattutto, il suono vibrante della sua chitarra. E’ infatti recente l’esibizione al Target Club di Bari, seguita all’elettrizzante serata sold out, assieme ai “Condotto 7”, alla festa della birra 2007 in Cassano delle Murge.

Ieri è stata una serata in musica molto appagante sul piano emotivo in cui gli artisti non si sono affatto risparmiati offrendo anima e cuore ai loro fans..

I Condotto 7 salutano il pubblico, in deroga alla scaletta, sulle note della dolcissima “Leggero”, magistralmente interpretata in acustica da Antonio Cassano. Un pezzo molto amato dai fans del Liga e profondo nel rappresentare le sensazioni di liberta, di quello stato di grazia di chi vive leggero, senza pensieri o patemi dell’anima, chimera per molti di noi, ma raggiungibile solo quando si è veramente felici.

Angela Ronchi

Sannicandro (Bari) - I Radiodervish aprono le porte del cuore con 'Betlemme concert for Life and Peace 2007'


Castello Normanno Svevo di Sannicandro di Bari- 24 Ottobre 2008 –
Secondo appuntamento serale, per il progetto di residenza teatrale dei Radiodervish “ Le porte dell’occidente” realizzato nell’ambito dei “Teatri Abitati” .

I signori della world music, Nabil Salameh e Michele Lobaccaro, a distanza di dieci anni dal loro disco d’esordio ”Lingua contro lingua”, registrato nel Castello Episcopio di Grottaglie, tornano in un altro sito monumentale della nostra regione, stavolta non solo
per realizzare il loro prossimo album(previsto per fine 2009) ma per vivere realmente e condividere uno spazio, luogo d’ incontro e dialogo tra culture diverse. Una immaginaria “porta”, varco tra due mondi ancora lontani, l’Oriente e l’Occidente, a cui piace pensare come due emisferi cerebrali, armonicamente fusi per creare un individuo equilibrato.

Le “Porte dell’Occidente”, dicono Nabil e Michele, si svilupperà come un grande laboratorio teso ad incrementare un percorso di integrazione ancora lontano ma possibile, e per questo una particolare attenzione va rivolta alle nuove generazioni, più che mai interessate ad affrontare trasformazioni del tessuto culturale e sociale italiano che le generazioni precedenti difficilmente potevano immaginare, mediante seminari e workshop a loro dedicati .
Una nuova umanità, non più immaginata ma reale, dove le culture e le religioni dialoghino tra loro, arricchendosi reciprocamente, nel verbo di una nuova lingua del cuore .

All’interno della sala del Castello, in un’atmosfera intima e raccolta, i Radiodervish, alla presenza del giovane regista barese Pippo Mezzapesa, reduce dal successo all’ultimo Festival di Venezia con il suo primo lungometraggio “Pinuccio Lovero”, hanno accolto con entusiasmo i pochi presenti alla presentazione del documentario “ Betlemme concert for life and peace 2007” realizzato dal regista e da Enzo Piglionica al montaggio.

La pellicola, è stata realizzata con maestria e assoluta dedizione, lo scorso dicembre a Betlemme, in una tre giorni culminata con la partecipazione della formazione barese al Concerto di Natale.
Una sorta di reportage, a metà tra un documentario ed un video clip vero e proprio, dove le immagini dei luoghi santi, intrisi di malinconia e tristezza, scorrono veloci a ritmo della musica dei Radiodervish. Nabil e Michele Lobaccaro, raccontano commossi al pubbico la loro esperienza in un viaggio quasi irreale, a lungo immaginato ma finalmente diventato realtà.

Mezzapesa racconta di quel viaggio velocissimo ma cosi’ denso di significati per lui, dell’incontro e della conoscenza, avvenuta proprio in quei luoghi di Nabil e Michele, “ così difficili da seguire con la macchina da presa” proprio per l’entusiasmo ed il desiderio di conoscere che a volte, li spingeva a muoversi freneticamente. Fotogrammi della popolazione araba, dei mercati caratteristici di quei luoghi, volti segnati dal dolore di una guerra senza speranza, bambini pronti a dimenticare con un calcio di pallone, tra strade diroccate, dove la presenza delle forze dell’ordine è ormai parte della vita quotidiana.

Nabil, visibilmente commosso, racconta la sensazione di “sentire la terra più pesante, perché in ogni mio passo vivevo la storia di un popolo esiliato”, il popolo palestinese, appartenente a quel “mondo degli spettri” a cui egli stesso apparteneva .
Rivivo nell’immaginazione le mie generazioni passate, dice Nabil, “ogni cosa mi sembrava più densa, forse rivivevo nella memoria quel 1948, anno in cui i miei genitori fuggirono da Jaffa “. Una leggera amarezza per essere in un luogo che forse, i suoi genitori, ormai anziani non rivedranno mai più, la sensazione forse “di aver loro rubato qualcosa “.

Mezzapesa, racconta entusiasta, dei vicoli chiaroscurali e dei “volti pasoliniani” incontrati per le strade, del senso di oppressione avvertito dinanzi al Muro del Pianto, algido ed invalicabile, “grigio e desolato, dalla parte palestinese, colorato ed affrescato con murales, da quella israeliana, quasi a voler rimuovere la vergogna di quell’assurda barriera di divisione” . Momenti di intensa emozione sono avvenuti nell’incontro con la cantante israeliana Noa, accompagnata da Zohar Fresco, in un’abbraccio immortalato dalla videocamera di Mezzapesa , costretto a “correre all’impazzata per cogliere al meglio le magiche immagini di quel momento, nel quale per un ’attimo ho avvertito la paura di poter morire , essendo circondati dalle forze militari “.

Immagini non contaminate, testimoni di un mondo a noi lontano, che a volte pensiamo possa esistere solo nelle immagini di un telegiornale, asserisce Lobaccaro, in una “terra di confine, Gerusalemme, dove a pochi metri di distanza convivono la Chiesa della Natività, con il Muro del Pianto e la Moschea di Al Axa , in un intreccio di contraddizioni “ .

La serata prosegue, in un crescendo di emozioni, con la proiezione del videoclip “ Amara Terra mia”, realizzato in Salento con la regia di Franco Battiato e prodotto dalla prestigiosa etichetta discografica Radiofandango (distr.Edel).

Un sottile nesso lega le due pellicole, in due luoghi, apparentemente distanti ma accomunati da quel fenomeno dell’ emigrazione di cui noi stessi nel nostro Sud siamo stati protagonisti, una terra di confine, di approdo per tanti che sperano di trovare in Italia spazi e dignità di vita .

Claudia Mastrorilli

giovedì 23 ottobre 2008

Bari - Livio Minafra, pianista di raffinato talento, ha presentato il suo ultimo album 'La fiamma e il cristallo'


Da ieri è nei negozi “La fiamma e il critallo”, l’atteso secondo nuovo album di Livio Minafra, uno dei più giovani e talentuosi jazzisti che la Puglia possa vantare in questi ultimi anni, pubblicato da Enja.

Presentato negli spazi della libreria Feltrinelli, il giovane autore ha dialogato con il giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno Ugo Sbisà, oltre a cimentarsi nell’esecuzione di alcuni suoi brani tutti di sua composizione contenuti nel nuovo album.

Il titolo del cd, come ha spiegato Minafra, ha un significato specifico.

Per il giovane compositore l’ordine nella nostra vita è difficile da comprendere, mentre nel disordine si trova l’ordine. Ha proseguito nel dichiarare che la personalità di ognuno, più è definita più è complessa e, che pertanto deve essere contrastata per essere completa.

“La fiamma e il cristallo” quindi, è un titolo che sa di caldo e che sa di freddo, sono la testimonianza che per essere se stessi bisogna essere in contrasto con se stessi.

Non a caso ascoltando il disco si potranno percepire atmosfere bianche e altre di un arancio sulfureo. Il suo lavoro è un qualcosa dove non si conoscono i medi ma i contrasti.

Rispetto al primo disco che sembrava più libero questo appare più meditato più ricercato e ponderato. Livio Minafra ha un modo tutto suo di librare i pensieri e le parole, i suoi ragionamenti raggiungono un autismo particolare dove i tempi della musica dettano il suo modo di giocare con essa.

Livio Minafra insieme a Giovanni Allevi ha reso il mondo della musica classica meno concettuale, non è più quel mondo devoto e rivolto all’indietro, ma cerca canali comunicativi con i giovani, il pubblico di oggi. Minafra a detta nostra è un pianista di raffinato talento, contamina i confini tra classica, pop e jazz. Operazione a volte snobbata dai “puristi”, che la considerano troppo commerciale.

Anna Furlan

domenica 19 ottobre 2008

Bari - ‘Lezione Ventuno’ di Alessandro Baricco, un viaggio fantastico per parlare di amore, gioventù e morte


Il secondo appuntamento per la nona edizione di ‘Pellicole a colloquio’ alla Feltrinelli di Bari, vedono l’ eclettico, scrittore, musicista ed ora anche regista Alessandro Baricco accompagnato dal produttore barese Domenico Procacci, per presentare il loro ultimo lavoro cinematografico “Lezione Ventuno”.

Sono le ore 12.00 di un sabato, alla libreria Feltrinelli di Bari, non molta affollata come le altre volte , ma quelle presenti pronte e partecipi a far domande allo scrittore torinese, non sul suo ultimo lavoro, poiché la programmazione del film è prevista il giorno seguente, ma curiosi di conoscere il pensiero di Barrico, come se fosse la bocca della verità e potesse elargire responsi ai loro quesiti esistenziali.

Ma il pensiero filosofico del Baricco si limita a estendere concetti già espressi da altri anche parlando per metafore e quando gli si chiede perché un film incardinato sulla Nona sinfonia di Beethoven lui risponde “perché è una bella storia, ricostruita negli anni e poi perché “senza musica la vita sarebbe un errore (pensiero di Friedrich Nietzsche )”.

Così inizia a spiegare il suo ultimo lavoro cinematografico, un film dove il personaggio, Mandrian Kilroy, un professore universitario inglese eccentrico quanto geniale è impegnato a smontare una serie di capolavori, 141 per l’esattezza, che ritiene non siano stati tali.

Ma la caratteristica del film è che fa perno su piani temporali diversi, e come una macchina del tempo viaggia ora indietro e ora in avanti raccontando storie che confluiscono in un solo film.
Si va nel passato raccontando il pomeriggio del 7 maggio del 1824, quando venne eseguita la prima esecuzione della Nona sinfonia a Vienna.

Si ritorna ai giorni nostro dove Martha, la pupilla del professore Kilroy ormai scomparso dalla scena universitaria, lo cerca per ascoltare dalla sua voce il finale della sua lezione più bella.

A sua volta si intreccia un’altra storia ambientata nel 1824, quella di un giovane musicista, Hans Peters che muore assiderato suonando il suo violino su un lago ghiacciato, mentre per tutta la notte era stato protetto dai folletti della montagna.

“Sono tre vicende che si incrociano con una struttura semplice e fiabesca, grazie soprattutto ai luoghi dove è stato girato il film – prosegue Baricco – che rendono le inquadrature simili a quadri”.

Il mondo creato da Baricco è fatto di immagini meravigliose ricche di atmosfere oniriche, in un mondo che non localizzi e non è un immaginario italiano, composto solo da qualche frase che ti danno il senso del racconto.

Un libro scritto per trarne un film che il produttore Procacci ha colto al volo pensando di produrlo anche per l’estero, infatti il cast è inglese ed è girato in lingua inglese, pertanto non si dovrà ricorrere al doppiaggio.

Protagonista incondizionato dell’ opera cinematografica è la “Musica”, dove oltre ai brani di Beethoven si avrà il piacere di ascoltare pezzi di Vivaldi, Rossini, Strauss ma come si potrà constatare i concetti principali su cui poggia il film, saranno i temi tanto cari a Baricco : la giovinezza, la bellezza, la creatività e la morte.

E le domande che il pubblico pongono a Barrico vertono sui giovani e sul loro futuro incerto.
Ma lo scrittore spiega che il suo lavoro non è un impegno civile ma quello che si sente da dire è già stato detto da Karol Wojtyla “Non abbiate paura” .

Le paure di oggi saranno sicuramente diverse fra 20 anni, ma quelle di oggi sono a cura di un sistema che tende a far avere paura, proponendo le problematiche del clima, delle borse, delle guerre, con il solo scopo di tenerci tutti a bada.
Pertanto quello che Baricco tende a consigliare è “non combattere battaglie che vi consegnano, ma abbiate il coraggio di combattere battaglie vostre”.

“Non arrendersi alla barbarie ma dare un equilibrio alla barbarie”.

Anna deMarzo

domenica 28 settembre 2008

Bari – Vasco Rossi rock star indiscussa e la magia dei suoi brani


“Spinoza diceva che chi detiene il potere spera sempre che la gente sia ammalata di tristezza”. E’ questa la massima evocata dalla grande rock star per dare il benvenuto al pubblico dell’Arena delle Vittorie a Bari. Dopo i raddoppi di Bologna e Torino, Live Nation Italia ha avuto il piacere di annunciare un secondo concerto di Vasco Rossi anche a Bari.

L’appuntamento del 26 e 27 settembre nel capoluogo pugliese ha mobilitato solo per la prima serata circa trentamila persone e per “l’ondata effetto tsunami” il Comune ha predisposto un piano ad hoc per la mobilità, che ha permesso a tutti di raggiungere ordinatamente i luoghi del concerto. Possiamo definirlo “un caos ordinato”; l’evento Vasco Rossi ha seguito l’evento Fiera del Levante in ogni i senso, mobilitando tutto un vissuto al di fuori dell’Arena, prima e dopo il concerto, fatta di venditori occasionai di gadget, camper-paninoteche ambulanti ed altri fantasiosi venditori che sono riusciti, favoriti soprattutto dalle zone rese a traffico limitato, a creare l’atmosfera distensiva e goliardica delle feste di piazza dopo “la vita spericolata” del concerto.

Un pubblico ordinato, composto da targhet variegato ha invaso il prato e le gradinate, giovani e meno giovani, spesso famiglie composte da due tre generazioni, quasi a voler testimoniare la trentennale carriera del mitico e intramontabile Vasco Rossi. Per più di due ore la trasgressiva rock star dal fascino tipicamente italiano, ha tenuto i suoi fan con lo sguardo incollato al palco definito
“Un mostro di ferro vero”. Infatti il palcoscenico su cui Vasco si muove è davvero maestoso, a dir poco spettacolare, ricco di effetti speciali, con due maxi schermi laterali che permettono all’intero pubblico ovunque posizionato di seguire in ogni sua performance l’impareggiabile Vasco.

Ideato dallo studio Gio Forma, è largo 70 metri, profondo 22 metri, alto 25 metri, per un totale di 903 metri quadri di piano calpestabile. Le sue principali caratteristiche sono: un fondale semicircolare che si sviluppa per 42 mt., composto da circa 1000 specchi convessi che riflettono tutto ciò che c’è intorno.

Di altissima tecnologia i 2 megaschermi ad altissima definizione di tecnologia MiStrip che rimandano le immagini dal palco e per finire1 gigantesco anello ellittico centrale sospeso in aria, composto da 300 barre MiStrip luminose per effetti ed immagini dall’alto; 2 passerelle semicircolari laterali, lunghe 20 metri che materialmente e non solo metaforicamente entrano fra il pubblico, “ per abbracciare gli spettatori”, facendoli sentire come se fossero tutti sul palco. Ma non è finita! Il tocco di magia finale viene dato dal gioco di luci, studiate dal light design Giovanni Pinna che riesce a creare un effetto alquanto surreale.

E’ uno spettacolo potente, di rock duro, molto coinvolgente. Vasco Rossi dal palco trasmette al suo pubblico la sua solita rabbia e incredibile forza, coadiuvato anche dalla sua storica band ai massimi livelli di energia e affiatamento.

Come in ogni concerto di Vasco anche qui c’erano tutti gli ingredienti che rendono la partecipazione all’evento – concerto un’esperienza straordinaria ed irripetibile per i tantissimi fan e non solo… Infatti anche chi per la prima volta fa questa esperienza senza dubbio ne esce partecipe. Sicuramente qualcosa di speciale contribuisce in modo particolare a rendere la partecipazione indimenticabile. L’”Approccio nichilista”, continuamente dimostrato da Vasco Rossi, produce sempre il suo fascino, soprattutto perché dettato da un convincimento interiore, che sempre coinvolge il pubblico.

L’incipit è “Qui si fa la storia”. Fin dai primi rintocchi si percepisce che non dà un attimo di tregua. In una strana serata di fine settembre dalla temperatura quasi invernale, con un cielo plumbeo che minaccia pioggia per l’intera durata del concerto, tiene tutti con il fiato sospeso dal primo all’ultimo brano. La scaletta si compone di più di 30 brani, che tengono conto dell’anima e del ritmo di tutta la produzione di Vasco. Le nuove canzoni, ci sono tutte, o quasi tranne “Non vivo senza te” e “Ho bisogno di te”.

Tutto il repertorio è abilmente collegato alle tematiche che più frequentemente si ripetono nelle sue canzoni e ci fanno vivere la vera anima di questo artista, che lo rende nei confronti del tempo inossidabile. Lottare contro l’ipocrisia, l’intolleranza, i limiti alle libertà individuali, l’indifferenza e contro tutto ciò che ci propina passivamente la televisione e la civiltà dei consumi, è e continua ad essere il fulcro e l’ingrediente fondamentale della “poesia” di Vasco, che ancora riesce a farci sognare “una vita spericolata” fuori dalla quotidianità.

Non è stata casuale la scelta di brani come “T’immagini” e “La Noia” particolarmente attinenti a “Il mondo che vorrei” , di grande attualità in una società come la nostra in cui i meccanismi più perversi che tengono in piedi la mondanità non tendono certamente a trasformarsi in positivo. Infatti canzoni come “Non appari mai”, “L’uomo che hai qui di fronte” e “Gli spari sopra”, ci dimostrano la continuità e la coerenza dell’artista nel suo percorso canoro.

E ancora…. brani di grande intensità come “Un senso” e “Sally” e poi ….momenti puramente ricreativi, tra sesso e rock’n roll, con canzoni come “Gioca con me”, ultimo singolo per le radio.
Per congedare il suo pubblico Vasco propone una “Vita spericolata” che canta in versione acustica, pianoforte e voce ed infine l’indimenticabile “Alba Chiara”.

Dopo trenta lunghi anni di carriera e i traguardi raggiunti, tutti cercano di comprendere il segreto di tanta longevità artistica da ritrovarsi sicuramente nella disarmante semplicità con cui Vasco si rivolge fin dagli esordi al suo pubblico: “Io nella musica sono onesto e sincero, dico cose che altrimenti non direi neanche all’amico più fidato.”

Maria Caravella

domenica 14 settembre 2008

Bari - Il silenzio della musica immortale di Ennio Morricone


In una Feltrinelli gremita ed incuriosita, il maestro Ennio Morricone, vera e propria icona della musica internazionale, ha incontrato questa mattina il pubblico barese, ad anticipare il concerto previsto per questa sera presso l’Arena della Vittoria annullato purtroppo per danni strutturali e strumentali dovuti alle avverse condizioni atmosferiche.

Visibilmente commosso ed emozionato ha regalato momenti di intensa emozione, rispondendo con straordinaria generosità ed umiltà alle domande che il prof.Pierfranco Moliterni (docente di Storia della Musica all’Università di Bari) gli ha posto, a partire dai suoi esordi musicali a Roma, dove si diplomò in tromba, strumentazione per banda e composizione (con Goffredo Petrassi) al Conservatorio di Santa Cecilia e dove mosse i suoi primi passi artistici facendosi notare per il suo incontenibile talento dal grande Nino Rota, ma anche da Raffaele Gervasio e Dino Asciolla.

A quei tempi, come asserisce lo stesso maestro, “ bisognava lavorare anche come arrangiatore, e questo mi ha formato ulteriormente come musicista a tutto tondo, applicandomi nello studio della musica da camera “. Non va dimenticato che il Maestro Morricone insieme all’altro Premio Oscar Luis Bacalov (Il Postino) per diversi anni sono stati gli arrangiatori dell’RCA etichetta discografica nella quale militavano artisti come Morandi, Paoli, Tenco e Dalla.

Ma il legame con la nostra terra, si rafforza nel 1990, al festival Time Zones (del quale è presidente onorario) con un indimenticabile concerto al teatro Petruzzelli. E proprio ricordando il maestro Nino Rota che il professor Moliterni chiede “ come si fa a conciliare la scrittura della cosiddetta musica da film con quella “ assoluta” ?
Esiste una profonda divergenza tra le due, anche se non esiste una musica di serie A ed una musica cosiddetta minore, asserisce il compositore : la musica da film è complementare ad un’altra opera, quella cinematografica, e per questo deve essere soggetta ad alcuni particolari vincoli storici e dettati dalle esigenze ben precise del regista, che va per questo rispettato,

e ben difficilmente può restare autonoma . La musica “ assoluta” rappresenta invece la necessità primaria che ha il compositore di esprimere il suo mondo interiore, la sua urgenza primaria di voler comunicare agli altri una propria idea “. E per i primi dieci anni della sua intesa attività artistica ( 50 anni di carriera e più di quattrocento colonne sonore e cento composizioni di musica assoluta ), Morricone si è cimentato prevalentemente nella scrittura cinematografica per poi tornare all’essenza della composizione musicale, quasi a voler “ rispondere “ ad alcune esigenze musicali di musicista integrale e a cercare una nuova strada di “ riscatto” ai condizionamenti esterni.

Un’altra novità, come lo stesso Moliterni asserisce, è quella dell’ introduzione di strumenti solisti quali la viola ed il flauto di Pan, magistralmente suonato da Gheorghe Zamfir in alcuni celebri brani di “ C’era una volta in America”, idea nata proprio dalle immagini flash back del protagonista nell’età giovanile e poi diventato vero e proprio leit motiv dell’ intera colonna sonora, a sottolineare le scene di violenza del film .

Ma momenti di intensa emozione sono sopraggiunti quando, illustrando la pubblicazione del suo ultimo disco e dvd “ Note di Pace” ( registrato lo scorso anno in piazza San Marco a Venezia) , il musicologo gli ha chiesto di spiegare la nascita della composizione “ Voci dal Silenzio” presente nel disco. “ Il brano fu scritto dopo la strage delle Twin Towers - ricorda Morricone – ed io mi trovavo in studio di registrazione per terminare le incisioni della colonna sonora “ Il gioco di Ripley” di Liliana Cavani . Volevo ricordare quel terribile momento ma poi mi resi conto che era riduttivo ricordare solo quella tragedia a cui i mass media diedero già così tanto risalto, per questo decisi di dedicare la mia composizione alle vittime di tutti i disastri della storia, spesso dimenticati. In “ Le voci dal Silenzio” si odono infatti lievemente alcune voci lontane.

Sono le voci dei popoli abbattuti dal colonialismo di cui oramai non si fa più memoria. La musica ha il grande compito di indurre una riflessione più profonda affinché non accadano più tragedie di questo genere.” Alcune lacrime solcano il viso del maestro ed il pubblico, si scatena in un fragoroso ed interminabile applauso. Spazio poi, alle numerose domande del pubblico, tra cui l’interessante intervento del compositore Salvatore Sica riguardo l’utilizzo dei campionatori nella musica moderna a volte dettato da esigenze economiche. “ Non ho mai avuto pregiudizi sull’ uso di certe macchine, anche se ritengo sia inutile l’utilizzo delle stesse come sterili riproduttori di strumenti acustici, la cui timbrica ed il cui calore risultano essere per alcune caratteristiche dello strumento stesso inimitabili.

E’ invece più interessante l’uso creativo delle stesse, con l’invenzione di suoni innovativi da introdurre anche in ambito compositivo. In ogni caso non bisogna dimenticare mai, anche quando non si ha a disposizione un’ orchestra vera e propria , la scrittura musicale orchestrale “ .

Ennio Morricone, saluta così il suo pubblico concedendo, autografi e stringendo le mani di coloro che hanno avuto l’onore, solo per un’attimo, di avvicinarlo .

Claudia Mastrorilli

Bari - Cinema in libreria. A Bari si può. Ferzan Ozpetek, Isabella Ferrari, Domenico Procacci 'Un giorno perfetto'


Cinema in libreria. Da anni a Bari si può.

Con la rassegna “Pellicole a colloquio” diretta da un cinefilo di grande passione per la settima arte, Angelo Ceglie, è possibile interagire con incontri sempre emozionanti con attori, registi e produttori.

Ad aprire il mese di settembre per giungere così al suo nono appuntamento annuale è stata la volta di un film che ha presenziato alla poco passata rassegna cinematografica della Mostra di Venezia: “Un giorno perfetto”, pellicola tratta dall’omonimo libro della scrittrice Melania Mazzucco, la quale ha lasciato i diritti d’autore al produttore pugliese Domenico Procacci.

Come i leoni di Davide Ferretti hanno visto sul red carpet la presenza di Isabella Ferrari e del regista Ferzan Ozpetek, anche la Feltrinelli di Bari ha ospitato il regista e l’attrice con la presenza silenziosa del produttore Domenico Procacci lo scorso venerdì. Giunti in orario, i protagonisti si sono prima concessi ai microfoni di televisioni private e giornalisti di carta stampata, poi ad un pubblico che pazientemente ha atteso le varie formalità di circostanza.

Ferzan Ozpetek si è presentato per la prima volta, utilizzando un soggetto, una sceneggiatura già scritta. Ha interagito per i primi venti minuti dell’incontro con la giornalista Antonella Gaeta (Repubblica), la quale ha percorso le tappe della nascita, dell’uscita e delle emozioni che il film insindacabilmente trasmette. Il regista, non nuovo ad una sua presenza a Bari, lo fece con il suo “Saturno Contro”, solo l’anno scorso, ha confermato le sue emozioni e la sua voglia per un film che si allontanasse da una storia da lui stesso raccontata ma che si rifacesse ad una storia scritta da altri.

Il rapporto con la scrittrice Mazzucco, ha spiegato, è stato prolifico a livello intellettuale, e la stessa scrittrice in un primo momento temeva di vedere un film che seguisse di pari passo il suo libro, invece ho visto sullo schermo “Un giorno perfetto” di Ozpetek. È stata la volta dell’attrice Isabella Ferrari, avvenente nella sua semplicità, la quale si ritrova con due film all’attivo in sala, non scordiamo “Il seme della discordia” di Pappi Corsicato, anch’esso reduce dal red carpet veneziano. Due film che vedono due interpretazioni diverse e contrastanti e a parere di molti l’ultimo film citato non renderebbe merito ad un’attrice versatile e sempre emozionante nelle sue varie interpretazioni.

Al di là di tutto è apparsa una Ferrari serena, dolce e che nel suo amare tutto, ama anche quello che il regista gli chiede, come ha raccontato, cercando di riuscire a far parte del suo mondo il più possibile. Una Ferrari che è riuscita a capire l’intento di Ozpetek con il suo lavoro: riuscire a far arrivare il sentimento attraverso il silenzio, gli occhi, attraverso una recitazione molto misurata, molto sofisticata. Un pubblico attento che non ha reso una libreria sotto assedio, ha atteso che la parola fosse poi rivolta a loro con domande, giunte puntuali, dalle più strane, alle più sincere, come quella posta da una giovane ragazza circa il suo rapporto con la morte.

Domanda che ha spiazzato il regista costretto a rispondere in modo evasivo per poi celarsi dietro un “non so”. C’è da dire che alla fatidica domanda, quanti avessero visto il film, ci sono state molte mani alzate, ma nessuno ha posto domande specifiche ai protagonisti. A conclusione si è passato agli autografi di rito, chiesti da una Isabella Ferrari, quasi fosse un diritto da parte di quanti fossero andati lì per apprezzarla.

Anna Furlan

domenica 7 settembre 2008

Bari - 46 artisti, 26 scrittori con la loro creatività per la Mostra multimediale “Verde”


Zona piazza del Ferrarese a Bari, una delle piazze più attive, a livello locale, in fatto di creatività nell’ambito dell’arte e della cultura.

Un “distretto” in crescita, che cerca di ampliare i propri orizzonti ospitando iniziative artistiche e culturali. Così per la Mostra multimediale “Verde”, progetto curato da Gianni Leone, Daniela Corbascio e Marina Losappio, promossa dall’associazione culturale Incipit con il contributo del comune e della provincia di Bari, visitabile fino al 28 settembre, nata per valorizzare la giovane arte portando artisti e installazioni nei locali compresi tra piazza Ferrarese e piazza Mercantile.

L’iniziativa prevede un percorso che riguarda il “Verde”, colore complementare assai discusso nell’ultimo anno (dall’anima verde sono stati i corti presentati nella sesta edizione del Film Festival Internazionale Cortometraggio Salento Finibus Terrae lo scorso 27 luglio e verde è stato il colore di cui si è tinta l’ultima edizione del Cosmit di Milano, la più importante piattaforma al mondo dedicata al settore del design e dell’arredamento), coinvolgendo fotografia, video, scritture e installazioni.

Quarantatre artisti insieme a 26 scrittori, interpretano il concetto del verde e lo analizzano come Joseph Beuys ha tramandato: “abbiamo il dovere di mostrare ciò che abbiamo prodotto con la nostra creatività”. Tutti gli artisti della collettiva riescono a suscitare emozioni, stupore, ammirazione per l’originalità, la cura dei particolari o semplicemente per la loro maestosità. Emozioni che si provano guardando la foto di Paola Trizio: “Spine 2008”. Una donna in stato interessante, dal rigore formale e struggente bellezza; le sue braccia stanno per svelare nel chiarore di un controluce, caricato ma gradevole, un qualcosa di nobile, che non disdegna carezze e che fa presagire da quell’edera di luci verdi (unico colore) poste sul suo seno, abbandoni d’amore contenuti nel gesto del suo accarezzarsi il nucleo dove è stato concepito il seme della vita; “l’alga che adesso culla quest’onda” come scrive mirabilmente Maria Paola Porcelli nel suo racconto “Verde è” a latere dell’immagine della Trizio.

Ammirazione per l’originalità nell’installazione di Giampiero Milella: “Fotosintesi clorofiliana”, foglie di fichi d’india attaccati a flebo dal liquido verde e al “No entry”, un’installazione polimaterica di Annamaria Ippolito, carica di una certa sacralità in quella linea verde posta a confine con l’orizzonte. Cura dei particolari per Manuela Lorusso e la sua foto “Shad 2004”, Miki Carone con l’installazione “Libellule, 2008” e “Virdis Nostrum, 2008” foto malinconica di Francesco Mezzana, che ci riporta agli umori conturbanti e oppressi della “La Chambre” di Balthus.

Stesso senso di malinconia riscontrabile nell’opera di Gianni Leone, fotografo trentennale, in: “Senza titolo, 2008”, dove il verde con venature nere si stagliano in ondeggianti superfici silvestri, riconducibili al più tenebroso percorso dantesco della sua Divina Commedia. Stupore misto ad amarezza, perché forse ci si aspettava un qualcosina in più, per quanto riguarda l’opera di Iurilli: “Nilo Verde, 2008”, un olio su carta. Stupisce anche l’installazione di Giuseppe Teofilo: “Senza titolo, 2008”, 13 bottiglie in vetro poste a semicerchio, illuminate all’interno da altrettante tredici lampadine, idea ingegnosa ma sibillina.

Questo è “verde”, un’insieme chiassoso e discreto, irriverente e, al contempo, devoto alla nobile utopia modernista secondo la quale l’arte può relazionarsi direttamente con la quotidianità, migliorando la vita di tutti. Una nobile utopia modernista che ritroviamo nei cinque video installazioni di Francesco Schiavulli. Per l’artista il verde diventa veicolo di dramma e sofferenza, egli preferisce offrire un’interpretazione più concreta, dispiegando un’opera di forte impatto emozionale, fresca ed intensa nello stesso tempo. La sua è quasi una “video-pittura”, dove è consentita soltanto un’esperienza frammentaria, si potrebbe accostarlo al poeta americano Cummings, per il modo in cui schiude la vita a una forma di serietà superiore. Un mondo nel quale l’uomo è portato ad approfondire se stesso, a sviluppare i propri drammi nativi.

Schiavulli sembra possedere una ferita entro la quale idee, influssi, suggerimenti provenienti da ogni dove si accumulano, dopo essere stati preventivamente assimilati, adottati alla sua personalità. L’artista sorprende sconvolgendo, la sua arte è un eccentrismo domestico; il suo umorismo e bizzarrie, una volta decifrato il suo linguaggio conturbano rassicurando. La vera audacia dell’artista è la sua modestia, una modestia che gli fa assumere e condurre a termine l’impresa di tramutare pressoché qualsiasi cosa in arte. Ogni opera sottolinea esibizioni ed esibizionismi.

Ma nel verde ci hanno insegnato Goethe, Itten, Klee, Mondrian, Delacroix, si trova il giallo e il blu; questo è il risultato del verde, tutto il resto è fantasia, improvvisazione, a volte incapacità. “Siamo liberi, il sole è caduto a terra rotolando. Il cielo è altissimo senza dolore”, Paolo Comentale in “Verde”.

Anna Furlan

venerdì 22 agosto 2008

Noci (Bari) - La nostra identità culturale e la storia dello spettacolo raccontata da Gigi Proietti in ‘Buonasera 2008’


Una grande presenza scenica, quella di Gigi Proietti, ieri sera a Noci in provincia di Bari.

Il popolare “maresciallo Rocca” è riuscito a portare al suo seguito oltre tremila persone. Un pubblico dalle caratteristiche variegate, che ha assistito ad uno spettacolo di varietà a tutti gli effetti, come se fosse un concerto di piazza.

Infatti oltre al pubblico posizionato in poltrona “seguendo la tradizione teatrale con tutti i crismi” numerosi sono stati gli spettatori, che in piedi,collocati ai bordi del perimetro ufficiale, sulle balconate limitrofe, con l’ausilio di maxi schermi hanno seguito con l’occhio vigile, per più di due ore, sul palcoscenico le battute, gli aneddoti, le canzoni e le divertenti performance proposte dallo show man Gigi Proietti.

Lo spettacolo, per una scarsa padronanza organizzativa, forse impreparata ad accogliere un così vasto numero di persone è iniziato con circa un’ora e mezza di ritardo. Buonasera 2008, proposto da Proietti ha avuto il suo incipit con un omaggio ad un grande del Teatro del ‘900, Eduardo De Filippo. Si è trattato di un atto unico (scelto ad introdurre lo spettacolo quale emblema del teatro d’autore) firmato dal grande commediografo partenopeo, che ha portato sulla scena un Proietti, poco conosciuto al grande pubblico, protagonista del tipico umorismo di Eduardo sempre tra il serio e il faceto.

E’ stata poi la volta der gelataro…. uno dei tanti personaggi complementari nell’ambito del teatro che fu; quando ancora i bambini si accontentavano di gelati, pop corn e prodotti nostrani, come mostaccioli e castagne secche. Proietti sceso fra il pubblico, ha ricordato i sapori e gli odori di una vecchia Roma che non c’è più e soprattutto i famosi strilli dei venditori ambulanti, che giungevano in bicicletta e lontani dall’era del consumismo riparavano ombrelli e piatti rotti e vendevano fiori. L’unico a sopravvivere fra questi, ma haimè! non più in bicicletta è l’arrotino che per pochi istanti ci riporta indietro nel tempo.

E’ la volta di “Qui sotto il cielo di Capri” con cui Gigi Proietti, indossando lo smoking, italianizzato in “fumando”, trasporta il pubblico presente nella magica atmosfera del varietà.
Il mitico avanspettacolo, che conduceva il pubblico lontano dalla quotidianità e lo catapultava magicamente in un mondo surreale, lontano dai problemi di tutti i giorni.

Era il tempo dello Swing, dei ritmi latino americani, del Merengue (oggi tornati alla ribalta), in cui si pronunciavano nomi esotici, come ad esempio Tequila, pensando fosse il nome di una misteriosa signora. Si ammiravano i mitici ballerini di Bolero, ironicamente parodiati da Proietti, sempre contraddistinto dalla sua singolare professionalità, che lo rende un artista completo, capace di spaziare dal Teatro d’autore alla canzonetta, mantenendo sempre viva l’attenzione del pubblico.

Quello di Proietti non è stato un tuffo nostalgico nel passato, ma soprattutto un voler raccontare la nostra storia dello spettacolo, un modo per non disperdere la nostra identità culturale.
E’ stata poi la volta dei ricordi legati al Teatro Brancaccio a Roma, alla scuola di teatro, all’ironizzare sui “trucchi del mestiere” con cui l’attore continuamente è costretto a convivere per conquistarsi il tanto sospirato applauso a scena aperta.

Insostituibile il ruolo apportato dall’Orchestra, dei boys accompagnati da una soubrette d’eccezione, Susanna Proietti.
Insomma il grande Gigi nazionale, ha inteso mettere a nudo il mestiere dell’attore, con carrettelle, vecchi trucchi della Commedia dell’Arte, satira di ogni tipo, senza dimenticare le canzoni popolari, quasi sempre tristi, in cui come diceva Proust alberga l’anima dei popoli.

…… Ma soprattutto una grande nostalgia per i sentimenti veri, punto di riferimento nel passato, da contrapporre purtroppo ad un bilancio negativo di questi ultimi nel nostro presente.
“Per questo amore è meglio non cantare …. perché non c’è” così recita dal palcoscenico Proietti, riguardo all’amore, considerato una volta baluardo di certezze.

Oltre a Susanna, ha affiancato sul palcoscenico Gigi Proietti, in questo grande omaggio al Teatro, anche la figlia Carlotta in veste di cantante. Si è trattato di uno spettacolo completo, che ha dato l’opportunità di apprezzare sul palcoscenico Proietti, nelle sue numerose sfaccettature, consacrandolo sicuramente fra i grandi dello Spettacolo italiano.

Maria Caravella

giovedì 14 agosto 2008

Barletta (Bari) - Il fenomeno Jovanotti travolge il pubblico di Barletta


Nuovo attesissimo appuntamento con la musica rock d’autore ieri sera a Barletta con il concerto di Lorenzo Cherubini, meglio noto come Jovanotti. L’evento ha richiamato un’immensa folla di fans raccolti nel Fossato del Castello che hanno dovuto attendere sino alle 22,00 per vedere salire sul palco il “profeta del pensiero positivo”. L’arrivo dell’artista è stato preceduto dalla proiezione in video di frasi ad effetto (le balene non hanno le corde vocali…i porcospini galleggiano…la prima vertebra cervicale si chiama Atlante, e così via…) e da un collegamento in tenda dove Jovanotti, qualche attimo prima del concerto, salutando e scusandosi del ritardo dovuto a problemi tecnici, ha infiammato la folla impaziente cantando la sua dolcissima «Bella».

L’impatto è stato travolgente: Lorenzo irrompe sul palcoscenico con una giacca ornata di lucine luminose, salta e balla, contagiando tutti i presenti che si son lasciati trasportare dall’energia pura dei ritmi e delle danze, dall’emozionante e magico viaggio musicale, tributargli tantissimi applausi

Il re della “rep” italiano festeggia quest’anno vent’anni di carriera con il SAFARI TOUR 2008 che segue all’uscita dell’omonimo album (il disco più pop della sua carriera) foriero di ampi consensi di pubblico e di critica. Recente è infatti il prestigioso riconoscimento alla splendida «Fango» (uno dei tre singoli estratti dall’album SAFARI) del premio Mogol alla scrittura musicale.

Il concerto parte con «Safari» che nella lingua swahili significa “viaggio”; quel viaggio che ha assunto nella vita e nella carriera dell’artista un’importanza primaria. L’album stesso incarna il tema del viaggio e racchiude musiche e suoni da tutto il mondo. Parla di terre lontane trasformando le emozioni nel linguaggio universale della musica, unico ed inimitabile nel suo genere.

Non mancano i messaggi impegnati come quando, sul megaschermo di 21 metri per 6, appaiono le indimenticabili immagini di Piazza Tienanmen o quando Lorenzo ci commenta l’immagine proiettata di una stella - la costellazione di Ercole - distante circa 22 mila anni luce da noi, esempio del concetto d’infinito che ” non riusciamo decifrare ma che è dentro ognuno di noi”!

Lorenzo è un cantante dal messaggio schietto e spoglio di sovrastrutture, mette se stesso in ciò che canta, i suoi dolori, le sue note battaglie per la difesa ed il rispetto delle popolazioni lontane meno fortunate delle nostre. Ma vuole anche regalare al pubblico semplicemente un sano divertimento
Con l’ultimo lavoro discografico Jovanotti abbandona un pò le vesti del guru e del profeta per indossare quelle che più si addicono ad un cantautore. La ricerca del sentimento profondo materializza l’amore in poesia regalandoci forse la sua più bella canzone d’amore: «A Te», cantata in coro da un pubblico in delirio e purtroppo recentemente coinvolta in un’accusa di plagio per la presunta somiglianza con la “A la primiera persona”dello spagnolo Alejando Sanz

Sul palco, oltre al mitico Saturnino, ci sono Riccardo Onori (chitarre), Franco Santarnecchi e Christian Rigano (tastiere) e una doppia batteria, con l'americano Mylious Johnson e l'anglogiamaicano Gareth Brown che si sono lanciati in un assolo mozzafiato che ha fatto andare in delirio in pubblico

I fans hanno assistito ad uno spettacolo live sorprendente di grande musica. A Jovi piace sperimentare ed ecco apparire sui volti di Lorenzo e del pubblico presente, a tratti durante tutto il concerto, una maschera tecno-tribale proiettata con un laser che li ha seguiti anche in movimento, grazie ad un software sofisticato

Per circa due ore jovanotti ha alternato nuovi brani dell’ultimo album ai suoi più grandi successi come «Penso positivo», «Una tribù che balla», «Tanto», «Falla girare», «L'ombelico del mondo», «Serenata Rep», ma anche «Dove ho visto te», «Temporale». Non è mancato il momento più intimistico con alcune ballad acustiche come le bellissime «Chissà se stai dormendo», «Morirò d'amore», «Ti sposerò», ecc.

Lorenzo è ormai un patrimonio della nostra musica, un artista amante della vita che è cresciuto in questi vent’anni regalandoci testi e sonorità sempre nuove su cui ballare e sognare. Un grazie sentito dunque a Jovanotti ed alla sua band per averci sorpreso con uno spettacolo travolgente ed appassionato e per averci offerto due ore di sano divertimento.

Angela Ronchi

mercoledì 23 luglio 2008

Capurso (Bari) - Facile emozionarsi con il quartetto americano Manhattan Transfer


L’M.C. è la sigla del Festival locale di jazz, il “Multiculturita jazz Fest”, che si tiene a Capurso, annualmente, e che è giunto sotto la direzione artistica di Michele Laricchia coadiuvato da Alceste Ayroldi, alla sesta edizione.

Partito con Kekko Fornarelli, pianista barese, sempre come location il sagrato della Reale Basilica di Madonna del Pozzo, al quarto martedì del mese di luglio, ha visto la presenza dei Manhattan Transfer, tra i nomi più attesi della rassegna, a riprova di come questo kermesse sia opportunamente dedicata alla musica jazz.

Così, la celebre formazione americana è ritornata in terra pugliese, con un concerto in esclusiva per il Sud Italia; l’ultima volta furono visti al Teatroteam e, andando ancora più dietro con i ricordi a Lecce. Quando alle ventuno e trenta le luci si sono spente (per scongiurare un inizio di pioggia) e i musicisti del gruppo vocale per eccellenza, Yaron Gershovksy al pianoforte, John B. Williams al basso, Wayne Johnson alla chitarra e Steve Hass alla batteria si mettono in fila, è difficile non pensare al tempo che passa, vedendo Tim Hauser, Janis Siegel, Alan Paul e Cheryl Bentyne, apparire sul palcoscenico in un’ovazione di pubblico non particolarmente adulto, ma abbastanza chic e trendy, con qualche capello bianco e ruga in più.

Ma bastano le prime note e i primi vocalizzi delle belle e affascinanti premieres dames Bentynel e Siegel per capire che l’unica cosa che non è cambiata è il suono, la voce e, fare con la voce quelle certe scale da brivido: neppure la disco, il punk, l’hip hop sono riusciti a rendere marginale The Manhattan Transfer.

Facile emozionarsi con il quartetto americano, le loro canzoni, rivisitazioni in chiave jazzistica, come da kermesse, mantengono la forza e la dolcezza dei giorni in cui sono state riarrangiate. Nel jazz lo spartito è, infatti, relegato quasi in secondo piano e potrebbe, in taluni casi, anche non esistere od essere ridotto ad un canovaccio di accordi e melodie principali a partire dalle quali il musicista crea in estemporanea il senso peculiare ed irripetibile di ciascuna esecuzione, nella quale la traccia può essere talmente modificata da risultare finanche irriconoscibile rispetto all’originale od alle versioni precedenti che di tale origine sono state date.

E le immagini che The Manhattan Transfer, grandi artisti degli anni settanta, ottanta sanno evocare, sono immagini in un certo senso epiche. Hauser, Siegel, Paul e Bentyne, hanno dato emozioni di questo genere. Sono riusciti a operare collegamenti fra varie esperienze artistiche, a esprimere la sintesi di un movimento o di un periodo con una facilità e una naturalezza da incanto.

E anche se i Manhattan Transfer, evidentemente non sono più quelli di un tempo, la loro performance è durata all’incirca un’ora e mezza, anche se sono apparsi commossi dalle ovazioni e dall’affetto del pubblico, loro resistono pur sempre come leggenda e come mito. Piacevolissima serata, dunque, a Capurso, anche se il vento è fortissimo e le foglie dei platani frusciano con il suono del quartetto americano. Bisognerebbe usare un termine alquanto desueto per descrivere questa seconda serata del Multiculturita jazz festival; platea stracolma e applausi interminabili per i due, tre bis che i quattro hanno srotolato, neanche se di anni ne avessero trenta, cioè feeling.

Chiaramente non potevano mancare alcuni dei brani più noti del loro repertorio, da “Birdland” di Joe Zawinul a “The Boy from New York City”, fino agli amati temi brasiliani di Gil, Jobim e Nascimento. Stasera si replica con Lino Patruno & Jazz Moments e giovedì la Marcus Miller Band, inizio ore ventuno.

Anna Furlan

sabato 19 luglio 2008

Bari – ‘Petrol’ e ‘C.F.F. e il Nomade Venerabile’ per la rassegna Aqua Vitae


Prosegue al Castello Svevo di Bari la rassegna Aqua Vitae, ospiti della seconda serata i C.F.F. e il Nomade Venerabile, un gruppo della nostra terra, nato nel 1999 a Gioia del Colle (Ba); dal percorso artistico multiforme, legati alla rock-wave al teatro danza e alla video-arte, più di 300 concerti nel 2002, premiati in numerosi festival anche a livello internazionale .

Repertorio della serata numerosi brani tratti dalla loro ultima fatica discografica, contraddistinto da testi piuttosto lunghi ispirai a problematiche attuali, più che canzoni possono essere definite delle piccole storie-riflessione sugli avvenimenti importanti della vita: L’amore, la metafora del viaggio …

Il tutto presentato attraverso vere e proprie performance, danza, musica, gestualità, con l’ausilio di ballerini che agiscono in simulazione con testi e musica. Efficace la scenografia di luci in sintonia con il videoclip “In cima al nulla” realizzato da Vertigo Imaging, che ha rappresentato un momento importante per il concerto.

Nella seconda parte della serata, la grande presenza scenica dei Petrol, Dan Solo e Franz Goria, mostri sacri, rispettivamente Basso dei Marlene Kuntz e voce dei Fluxus che hanno deciso insieme di sviluppare e portare avanti “un progetto scuro, scurissimo e incendiario, dal suono fluido e denso”.

Un Rock che parla di quotidianità e racconti di vita. In programma: Cera, Corro, Ogni silenzio, cuore, buio, Petrol, Tradiscimi, Senza alcuna…, Domani, Wu ming, Now I; canzoni ispirate a storie di tutti i giorni. Infatti nel loro primo album, uscito nel 2007 si parla di vita vissuta, raccontata e messa in musica. “ Si tratta di un disco complesso, a cavallo tra Fugazi e Pavement e trasversale ai registri dell’hard rock, del classic rock, fino al metal.
Una serata davvero riuscita con un pubblico in prevalenza cultore del rock , che non ha solo ascoltato passivamente, ma si è esibito con delle performance ai bordi del palco.

L’evento Aqua Vitae si concluderà sabato 19 luglio, con la proiezione del documentario “Le storie cantate – Viaggio tra i cantastorie di Puglia” di Nicola Morisco e Daniele Travisi e il concerto de Il Parto delle Nuvole Pesanti.

Maria Caravella

Bari - Ha incantato Gegè Telesforo con a sua simpatia e la capacità di coinvolgere tutti con l’arte dell’improvvisazione


Ha avuto inizio ieri sera presso il Castello Svevo di Bari la rassegna Aqua Vitae, ormai alla sua terza edizione. L’evento organizzato da Otium Records nell’ambito del cartellone estivo del Comune di Bari “Il valore dell’acqua”.

Aqua Vitae, con la direzione artistica di Franco Muciaccia, anche quest’anno ha proposto un cartellone di appuntamenti che si esaurisce in soli tre giorni con due concerti a sera. Per la prima serata il foggiano Gegè Telesforo accompagnato dalla sua band The Groovinators, che ha letteralmente incantato e coinvolto in performance interattive il pubblico dei presenti. Telesforo si è rivelato sul palco un personaggio dalle molteplici sfaccettature, in questo caso soprattutto nell’ambito dell’improvvisazione musicale. Il musicista ha proposto per l’occasione i brani tratti dal suo ultimo album “Love and other contradictions”.

Telesforo si è rivelato sul palcoscenico del Castello Svevo di Bari soprattutto come un musicista di grande talento che tra il serio e il faceto è riuscito a dare grande prova delle sue capacità vocali, riuscendo anche a divertire un pubblico composto prevalentemente da non addetti ai lavori.

La sua simpatia e la capacità di coinvolgere tutti con l’arte dell’improvvisazione sono state sicuramente le sue carte vincenti. Già noto al grande pubblico come cantante, percussionista, polistrumentista ma anche come giornalista e conduttore radiofonico e televisivo; ha dimostrato davvero di essere una figura professionale dai mille contorni e dalle altrettante sfumature, senza così smentire la grande capacità di talent scout di un altro poliedrico foggiano, il mitico Renzo Arbore.

Con Telesforo si sono esibiti musicisti di fama internazionale come, Mia Cooper (voce), Max Bottini (basso), Fabio Zeppetella (chitarra), Marcello Surace (batteria), Alfonso Deidda (tastiere e sax).

Il concerto del vocalist jazz pugliese è stato anticipato dall’esibizione della promettente band salernitana Levia Gravia, che ha saputo con il suo repertorio, miscelare abilmente il folklore alla classe della musica dei cantautori, con leggeri accenni al jazz. Il gruppo nato nel 2001 è risultato degno di numerosi riconoscimenti anche a livello nazionale.

I temi trattati nelle canzoni sono rivolti all’esaltazione e alla riflessione sulla quotidianità. Pienamente immersi nella contemporaneità musicale sfuggono al mercato da cassetta, ma si attestano presso un pubblico intelligente e amante della canzone d’autore.

La rassegna proseguirà venerdì 18, con il concerto della formazione di Gioia del Colle C.F.F. e il Nomade Venerabile, poi sarà di scena per la prima volta a Bari la formazione Petrol, band.

Sabato nell’ultima serata, 19 luglio, dopo la proiezione del documentario “Le storie cantate – Viaggio tra i cantastorie di Puglia” di Nicola Morisco e Daniele Trevisi, il concerto de Il Parto delle Nuvole Pesanti.

Maria Caravella

giovedì 17 luglio 2008

Bari - ‘Don’t worry, be happy’ non può essere altrimenti con la straordinaria voce di Bobby McFerrin


Un’icona della musica internazionale ha calcato le scene allo Stadio delle Vittoria di Bari.
Bobby McFerrin, si è esibito per la serata conclusiva di Bari in Jazz, Quarta edizione, Swingin’ & Swimmin, evento musicale che ormai ha la straordinaria capacità di avvicinare al mondo del Jazz anche i non addetti ai lavori.

Organizzato da Abusuan con la direzione artistica del famoso Jazzista Roberto Ottaviano, Swingin’ & Swimmin si è proposto anche quest’anno la promozione di progetti musicali innovativi in ambito jazzistico, fornendo a talenti e gruppi emergenti l’opportunità di esibirsi di fronte ad una giuria composta da musicisti professionisti e critici del settore.

Importante la concentrazione del festival su quegli artisti che ci hanno regalato negli ultimi decenni
“Una visione delle Americhe che più abbiamo amato e che ancora consideriamo come essere l’autentico spirito di un paese e di un popolo che nasce multietnico e che grazie anche al linguaggio del jazz ha saputo affermare in tutto il mondo valori di tolleranza, comprensione ed integrazione”.

Lo straordinario McFerrin, musicista americano, popolare presso il grande pubblico soprattutto per la famosa “Don’t worry, be happy” ha magnificamente portato a termine i propositi della manifestazione a Bari con un progetto inedito che ha visto coinvolti alcuni fra i migliori musicisti pugliesi impegnati prima in un workshop durato una giornata con il noto jazzista e poi nel concerto del 16 luglio.

Gianna Montecalvo, Lisa Manosperti, Stefano Luigi Mangia, Maria Giaquinto, Cristina Palmiotta, le Faraualla (Teresa Vallarella, Gabriella Schiavone, Serena Fortebraccio, Loredana Perrini e Maristella Schiavone), Rosanna Santa Maria, Fabrizio Piepoli, Francesco Loiso, Maria Mazzotta, Giuseppe Naviglio, Loredana Savino, Gianni De Gennaro, Oskar Boldre, Mario Rosini, Roberto Ottaviano, Giorgio Distante, Massimo Lazazzera, Nando Di Modugno, Livio Minafra, Redi Hasa, Camillo Pace, Pippo D'Ambrosio e Cesare Pastanella; questi i nomi degli artisti della nostra Terra che hanno preso parte al workshop intensivo tenuto da Mcferrin il 15 e che con lui il
16 luglio hanno calcato le scene del concerto all'Arena delle Vittorie, performance originalissima e soprattutto unica del regista della musica Bobby McFerrin.

L’impareggiabile artista americano ha intrattenuto il pubblico barese, composto per l’occasione da una utenza alquanto ricercata, affiancato anche da amanti della buona musica, curiosi di poter assistere dal vivo alle improvvisazioni di questo grande jazzista.

Il concerto sobrio nella coreografia, caratterizzate da un efficace gioco di luci che sincronicamente ha investito anche il pubblico, è stato diviso in due parti: la prima in cui sul palco McFerrin ha tenuto un assolo a cappella che ha lasciato il pubblico letteralmente ammaliato e la seconda in cui è stato accompagnato dai 28 musicisti pugliesi. Come tutti i concerti di Bobby McFerrin anche questo si è rivelato un avvenimento unico che ha saputo abilmente miscelare la cultura musicale della terra di Puglia con il grande mondo del Jazz.

L’evento uno dei più interessanti e importanti dell'estate barese, ha confermando la capacità di Bari in Jazz di programmare eventi di livello internazionale.

Rosa Colombo

mercoledì 16 luglio 2008

Bari -Il Premio Città di Bari è stato vinto da Valeria Parrella. Premiati anche Giuliana Sgrena e Tahar Ben Jelloun


Inizia con la voce di Giuliana Sgrena che legge alcuni brani tratti dal suo ultimo lavoro letterario “Il prezzo del velo” , l’undicesima edizione del Premio letterario “Città di Bari-Costiera del Levante-Pinuccio Tatarella”, svoltosi ieri sera al Parco 2 Giugno di Bari.

A lei è stato consegnato il primo premio della giuria “Premio Saggistica’ per il libro “Il prezzo del velo” un testo che attraverso il velo indaga su una realtà crudele e vera di un definito mondo dell’Islam.

Intervista dal giornalista Marino Sinibaldi, Giuliana Sgrena parla di un processo in atto di reislamizzazione associata ad una nuova rielettura dell’Islam e di come paradossalmente oggi, il velo viene combattuto nei Paesi di origine mentre è considerato un simbolo di tradizione nell’occidente.
Dopo il suo rapimento in Iraq, continua la giornalista-scrittrice, non sono mutate le mie convinzioni è solo cambiato il mio modo di vivere.

Ad alternare le premiazioni dei quattro scrittori finalisti in gara, l’intervenato del quartetto canoro pugliese femminile le Faraualla, che hanno cantato brani di pregevole fattura con voce rigorosamente a cappella.

La presentazioni dei romanzi in concorso sono state anticipate da un incipit letti dalla brava attrice Anna Bonaiuto e da schede filmate.

Così si sono alternati sul palco :

- Vittorio Giacopini con “Re in fuga” dove parla della ‘leggenda’ di Bobby Fischer il famoso scacchista americano, del suo drammatico rapporto tra individuo e società e individuo e sé stesso. Un uomo in fuga, ma soprattutto in fuga sa sé stesso, ma forse è da sottolineare che ‘anche i paranoici hanno nemici veri’.

- Luigi Guarnieri con ‘I sentieri del cielo’ , ambientato nella Sila di fine ‘800, un territorio dove si è affrontata la prima guerra in territorio nazionale, dove si sono contrapposti due mondi diversi, quello dei briganti capeggiati dalla figura del guerrigliero Evangelista Boccadoro e quello dell’esercitonazionale.
Un romanzo duro che parla di una storia e di una guerra volutamente dimenticata.

- Giuseppe Lupo con ‘La Carovana Zanardelli’ , un viaggio tra speranze ed amarezze ambientato in Basilicata.
Parla del percorso di 12 giorni realmente effettuato dal presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli con uno stuolo di politici in terra lucana.
A seguito di questa ‘gita’ nasce la prima legge per il Sud che porta il nome di “Zanardelli”.


A vincere l’XI edizione anche quest’anno è una donna Valeria Parrella con ‘Lo spazio bianco’ , un libro ambientato a Napoli, precisamente nel reparto di neonatologia, che parla di fragorosi silenzi, di attese ma soprattutto di speranza con la consapevolezza che piccoli gesti possano dare una svolta nella vita degli altri.

Il Premio Speciale della Giuria è stato assegnato allo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun con ‘Il razzismo spiegato a mia figlia’, dove parla del dialogo di un genitore e la propria figlia dopo aver partecipato ad una manifestazione contro il razzismo e delle infinite domande che sorgono su questa parola.

Lo scrittore è stato premiato dall’assessore alla Cultura del Comune di Bari, Nicola Laforgia, con la seguente motivazione : ‘per il suo impegno della cultura del proprio Paese nel Mondo e per il suo impegno al dialogo religioso e multiculturale’.


Lo scrittore marocchino evidenzia come in questo periodo sembra che l’Europa riscopre il Mediterraneo, basti pensare al summit di Parigi di questi giorni, e nel frattempo in alcuni Paesi vogliono promuovere le leggi contro l’immigrazione.
Il Mediterraneo è un paradosso perché è diviso da una parte povera e sovrappopolata e una più ricca e meno popolosa e mettere seduti attorno ad uno stesso tavolo poveri e ricchi, non porta a realizzare niente perché gli interessi sono diversificati, ma plasmiamo solo una gabbia politica.
Basta guardare i libri di storia e vedere che il Mediterraneo è stato il teatro di tante guerre ed è strano poi osservare quando poi ci amiamo fra di noi, ma non possiamo non evidenziare che siamo il popolo che più si è combattuto.

Parole dure dello scrittore che come compito di ogni bravo autore non è quello di dare risposte che possano funzionano ma porre continue domande, per far riflettere.

Anna deMarzo