domenica 7 settembre 2008
Bari - 46 artisti, 26 scrittori con la loro creatività per la Mostra multimediale “Verde”
Zona piazza del Ferrarese a Bari, una delle piazze più attive, a livello locale, in fatto di creatività nell’ambito dell’arte e della cultura.
Un “distretto” in crescita, che cerca di ampliare i propri orizzonti ospitando iniziative artistiche e culturali. Così per la Mostra multimediale “Verde”, progetto curato da Gianni Leone, Daniela Corbascio e Marina Losappio, promossa dall’associazione culturale Incipit con il contributo del comune e della provincia di Bari, visitabile fino al 28 settembre, nata per valorizzare la giovane arte portando artisti e installazioni nei locali compresi tra piazza Ferrarese e piazza Mercantile.
L’iniziativa prevede un percorso che riguarda il “Verde”, colore complementare assai discusso nell’ultimo anno (dall’anima verde sono stati i corti presentati nella sesta edizione del Film Festival Internazionale Cortometraggio Salento Finibus Terrae lo scorso 27 luglio e verde è stato il colore di cui si è tinta l’ultima edizione del Cosmit di Milano, la più importante piattaforma al mondo dedicata al settore del design e dell’arredamento), coinvolgendo fotografia, video, scritture e installazioni.
Quarantatre artisti insieme a 26 scrittori, interpretano il concetto del verde e lo analizzano come Joseph Beuys ha tramandato: “abbiamo il dovere di mostrare ciò che abbiamo prodotto con la nostra creatività”. Tutti gli artisti della collettiva riescono a suscitare emozioni, stupore, ammirazione per l’originalità, la cura dei particolari o semplicemente per la loro maestosità. Emozioni che si provano guardando la foto di Paola Trizio: “Spine 2008”. Una donna in stato interessante, dal rigore formale e struggente bellezza; le sue braccia stanno per svelare nel chiarore di un controluce, caricato ma gradevole, un qualcosa di nobile, che non disdegna carezze e che fa presagire da quell’edera di luci verdi (unico colore) poste sul suo seno, abbandoni d’amore contenuti nel gesto del suo accarezzarsi il nucleo dove è stato concepito il seme della vita; “l’alga che adesso culla quest’onda” come scrive mirabilmente Maria Paola Porcelli nel suo racconto “Verde è” a latere dell’immagine della Trizio.
Ammirazione per l’originalità nell’installazione di Giampiero Milella: “Fotosintesi clorofiliana”, foglie di fichi d’india attaccati a flebo dal liquido verde e al “No entry”, un’installazione polimaterica di Annamaria Ippolito, carica di una certa sacralità in quella linea verde posta a confine con l’orizzonte. Cura dei particolari per Manuela Lorusso e la sua foto “Shad 2004”, Miki Carone con l’installazione “Libellule, 2008” e “Virdis Nostrum, 2008” foto malinconica di Francesco Mezzana, che ci riporta agli umori conturbanti e oppressi della “La Chambre” di Balthus.
Stesso senso di malinconia riscontrabile nell’opera di Gianni Leone, fotografo trentennale, in: “Senza titolo, 2008”, dove il verde con venature nere si stagliano in ondeggianti superfici silvestri, riconducibili al più tenebroso percorso dantesco della sua Divina Commedia. Stupore misto ad amarezza, perché forse ci si aspettava un qualcosina in più, per quanto riguarda l’opera di Iurilli: “Nilo Verde, 2008”, un olio su carta. Stupisce anche l’installazione di Giuseppe Teofilo: “Senza titolo, 2008”, 13 bottiglie in vetro poste a semicerchio, illuminate all’interno da altrettante tredici lampadine, idea ingegnosa ma sibillina.
Questo è “verde”, un’insieme chiassoso e discreto, irriverente e, al contempo, devoto alla nobile utopia modernista secondo la quale l’arte può relazionarsi direttamente con la quotidianità, migliorando la vita di tutti. Una nobile utopia modernista che ritroviamo nei cinque video installazioni di Francesco Schiavulli. Per l’artista il verde diventa veicolo di dramma e sofferenza, egli preferisce offrire un’interpretazione più concreta, dispiegando un’opera di forte impatto emozionale, fresca ed intensa nello stesso tempo. La sua è quasi una “video-pittura”, dove è consentita soltanto un’esperienza frammentaria, si potrebbe accostarlo al poeta americano Cummings, per il modo in cui schiude la vita a una forma di serietà superiore. Un mondo nel quale l’uomo è portato ad approfondire se stesso, a sviluppare i propri drammi nativi.
Schiavulli sembra possedere una ferita entro la quale idee, influssi, suggerimenti provenienti da ogni dove si accumulano, dopo essere stati preventivamente assimilati, adottati alla sua personalità. L’artista sorprende sconvolgendo, la sua arte è un eccentrismo domestico; il suo umorismo e bizzarrie, una volta decifrato il suo linguaggio conturbano rassicurando. La vera audacia dell’artista è la sua modestia, una modestia che gli fa assumere e condurre a termine l’impresa di tramutare pressoché qualsiasi cosa in arte. Ogni opera sottolinea esibizioni ed esibizionismi.
Ma nel verde ci hanno insegnato Goethe, Itten, Klee, Mondrian, Delacroix, si trova il giallo e il blu; questo è il risultato del verde, tutto il resto è fantasia, improvvisazione, a volte incapacità. “Siamo liberi, il sole è caduto a terra rotolando. Il cielo è altissimo senza dolore”, Paolo Comentale in “Verde”.
Anna Furlan
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