lunedì 18 gennaio 2010
Bari - Francesca Reggiani in ‘Tutto quello che le donne (non) dicono’ quadro di un italiano medio
Lo spettacolo portato in scena al Nuovo Palazzo di Bari dalla brava attrice Francesca Reggiani, “Tutto quello che le donne (non) dicono” è un monologo recitato tutto d’un fiato che racconta e mette alla berlina i nuovi miti odierni : tronisti, veline, donne single (non per scelta) che a 40 anni rincorrono feste su feste per trovarsi al momento e al posto giusto per trovare quello “Che le si piglia”, ex mariti grigi e musoni che di colpo ringiovaniscono e si sentono i protagonisti dei libri di Moccia.
La Reggiani con la sua pieces teatrale, descrive in modo impertinente un mondo reale e privo di contenuti che ci circonda.
Così il primo personaggio portato in scena e una ragazzina di 17 anni, aspirante “Velina” (nuova professione in voga tra le giovanissime. Ma esisterà un albo professionale con la qualifica “Velina”?).
Credenziali richieste : Non saper fare nulla, ma essere disponibile a 360°.
Se si domanda a queste giovanissime :E’ più importante la bellezza o l’intelligenza? In coro ti risponderanno la Bellezza, perché nessuno ha mai dato una pacca sull’intelligenza.
Giovanissime che saltano da una trasmissione all’altra in varie ospitate e quando nessuno più le si piglia si scaraventano in politica.
Per la Reggiani ormai politica e spettacolo sono mischiati tra loro in quanto in ambedue i casi non esiste più professionalità.
Non sono sottratti alle critica dell’attrice, anche i giovani che aspirano ad essere tronisti. Anche in questo caso i requisiti richiesti sono non saper far nulla, avere tanti tatuaggi ed essere insolenti.
Ma a difendere queste figure entra in campo Maria De Filippi (imitata dalla Reggiani) e madre della trasmissione “Uomini e donne” che ha un alto indice di share direttamente proporzionale al vuoto mentale dei protagonisti.
Segue poi l’imitazione di Sophia Loren con la sua veracità napoletana, del ministro Gelmini e la sua cadenza bergamasca, alla spontaneità e procacità di Sabrina Ferilli e dello psichiatra Vittorino Andrioli.
I temi portati in scena dalla Reggiani riguardano il ritratto dell’italiano medio.
Un italiano che ha un concetto vago dell’Italia e che per lo più coincide con l’idea di Nazionale Italiana.
Di italiani che rincorrono i chirurghi plastici, che alla faccia della crisi acquistano SUV, che si separano con l’arrivo dei figli e che danno origine ad una generazione di single.
Insomma ridendo e ridendo, lo spettacolo della Reggiani ci porta davanti ad uno specchio facendoci riflettere sulla nostra vita quotidiana e sul nostro modo di essere.
Lo spettacolo “Tutto quello che le donne (non ) dicono” è scritto dalla stessa Francesca Reggiani con Valter Lupo e Gianluca Giugliarelli.
Anna deMarzo
venerdì 15 gennaio 2010
Bari – Aldo Moro ‘ritorno a casa’ nel suo Ateneo. Napolitano ricorda l’eredità morale e di pensiero dello statista
Quando nel 1975 ricevette il sigillo d’oro dell’Università di Bari, disse “lego completamente la mia vita a quella di questo Ateneo”.
A parlare ero lo statista Aldo Moro, che ne aveva frequentato le aule prima come studente e poi come docente. Dopo 35 anni, quel legame oggi è stato ribadito con più tenacia. Nel corso di una solenne cerimonia, alla presenza di Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica italiana, l’Università del capoluogo pugliese è stata intitolata alla figura di Aldo Moro.
E’ un battesimo carico di valore che fa dello statista ucciso dalle brigate rosse nel 1978 un esempio da offrire per sempre alla società e soprattutto ai giovani. All’evento, che si è svolto nel teatro Petruzzelli di Bari, hanno assistito anche i rettori di gran parte delle università italiane. In prima fila, accanto a Napolitano, i due figli di Aldo Moro, Agnese e Giovanni. Vicino, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, il ministro Raffaele Fitto, il deputato del Pd Massimo D’Alema e poi i rappresentanti delle istituzioni locali: il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e quello del consiglio regionale Pietro Pepe, il sindaco del capoluogo pugliese Michele Emiliano e il governatore della Provincia di Bari Francesco Schittulli.
“Oggi è come un ritorno a casa – ha detto Agnese Moro – perché in nessun altro luogo mio padre può sentirsi più a casa se non nella sua città e nel suo Ateneo”.
Napolitano, che ha ricevuto dal rettore dell’Università di Bari, Corrado Petrocelli, il primo sigillo d’oro, ha sottolineato la necessità di appropriarsi dell’eredità morale e di pensiero di Aldo Moro, della dedizione incondizionata allo studio e al ruolo di educatore, in un momento critico del sistema universitario. Le riforme, come quella presentata in Parlamento, ha detto, sono necessarie così come è necessaria la consapevolezza di lavorare “su un’ottica di lungo periodo e non sulla base di impostazioni contingenti, asfittiche, di corto respiro cui corrispondono conflittualità deleterie”.
Principi tanto più veri per il Mezzogiorno del Paese e l’Università di Bari in particolare di cui il presidente della Repubblica ha riconosciuto il cammino di crescita dalla seconda guerra mondiale in poi. Di difficoltà ha invece parlato il rettore Corrado Petrocelli sottolineando l’allarme per i fondi tagliati alla ricerca di base. “La conoscenza non è un lusso, è una necessità – ha sottolineato - è la base per rendere il nostro Paese competitivo e salvarlo dal declino”.
A pagarne le spese più grosse è sempre il Sud Italia. Le borse di studio nel meridione soddisfano solo il 60,7 per cento degli aventi diritto, a fronte del 98,1 per cento del Nord e del 95,6 per cento del Centro. Ma malgrado tutto, l’Ateneo barese guarda al futuro con spirito positivo grazie ai risultati raggiunti nella ricerca, ai progetti di innovazione e ai maggiori servizi garantiti agli studenti, al dialogo intessuto con le altre istituzioni accademiche pugliesi per un’ipotesi federativa, alla forte cooperazione con enti nazionali e internazionali.
E’ un’idea di Università che si avvicina molto a quella di Aldo Moro, che la immaginava come un ponte “che supera gli ostacoli e al contempo unisce, avvicina, accorcia le distanze e rende possibile l’incontro”.
Daniela Vitarelli
giovedì 14 gennaio 2010
Bari – ‘Le perfezioni provvisorie’ di Gianrico Carofiglio
L’attesa palpabile di poter sfogliare le pagine intonse e, ancora, odorose di stampa, un’aria rilassata, familiare, un pubblico attento e trasportato…questo si percepiva, ieri sera, nei locali del megastore Feltrinelli di Bari.
Insieme a Gianrico Carofiglio si è attesa la mezzanotte per l’uscita del suo nuovo lavoro ‘Le perfezioni provvisorie’.
Come bachi da sete i colli, contenti le copie dei libri, si sono ‘schiusi’ a mezzanotte dando vita a farfalle che vibreranno nell’aria come già hanno avuto modo di fare i suoi lavori precedenti.
Ancora una volta Carofiglio sceglie una tipologia diversa per presentare il suo lavoro optando per deliziare i presenti con l’esecuzione di brani al pianoforte.
Il magistrale Mirko Signorile ci trasporta all’interno del romanzo con brani che sembrano materializzare le scene che coinvolgono il protagonista del libro, l’ormai famoso avvocato Guerrieri.
Una silente tragicità si coglie dalle note di ‘Chelsa Hotel’, da quelle di ‘Piano Man’ sino a giungere alla ritmicità malinconica della ‘Canzone dell’amor perduto’.
Così si alternano letture di passi del romanzo alla musica che inebria e trasporta.
Il viaggio di Guerrieri si compie. Percepiamo la sua solitudine venata di malinconia nelle sue ore private. I ricordi si sommano e quel divenire che prima sembrava non spegnersi mai, quella perfezione che forse ci appartiene per un breve lasso di tempo sembra svanire con la consapevolezza dell’età matura…una perfezione provvisoria..
Si cercano, però, antidoti personali a questa malinconia, Guerrieri sceglie il consueto senso dell’umorismo, la musica, i libri e le surreali conversazioni con il sacco da boxe, nel soggiorno di casa e decide, inoltre, di lasciarsi trasportare da un nuovo intrigante caso.
Tutto inizia quando un collega gli propone un incarico insolito: cercare gli elementi per dare nuovo impulso a un’inchiesta di cui la procura si accinge a chiedere l’archiviazione. Manuela, studentessa universitaria a Roma, figlia di una Bari borghese e opulenta, è scomparsa in una stazione ferroviaria, inghiottita nel nulla dopo un fine settimana trascorso in campagna con gli amici. Guerrieri esita ad accettare l’incarico, più adatto a un detective che a un avvocato. Poi, scettico e curioso a un tempo, inizia a studiare le carte e a incontrare i personaggi coinvolti nell’inchiesta. Tra questi, la migliore amica di Manuela, Caterina. Una ragazza molto - troppo - giovane, bella e immediata al limite della sfrontatezza. In parallelo con l’indagine, nasce e si sviluppa l’amicizia con Nadia (che i lettori di Carofiglio hanno già incontrato in Ad occhi chiusi), donna singolare e affascinante, dal burrascoso e ambiguo passato.
Si è continuato con un brano tratto dal triste film Philadelphia…per poi giungere alla colonna sonora –così come l’ha definita lo stesso autore- del libro identificata con ‘I don’t want to talk about it’.
Una colonna immaginaria, certo, che si sviluppa nella mente di Carofiglio che, ancora una volta, regala ai lettori personaggi incredibili dimostrando una capacità straordinaria d’indagare e raccontare la natura umana.
Luana Martino
domenica 10 gennaio 2010
Bari - Quintetto X: elegante e sensuale Rosalia De Souza spessore e dinamismo di Bosso e Partipilo ... un successo!
BOSSO E PARTIPILO: IL VALORE AGGIUNTO DEL QUINTETTO X
C’era grande attesa per l’inaugurazione del teatro F.OR.MA, una nuova struttura realizzata nella vecchia sede di Telebari in via Fanelli. Il contenitore culturale, che dispone di 277 posti a sedere e di un palcoscenico di circa 100 mq, si va ad aggiungere ad altri di analoghe dimensioni di cui si è arricchita la città in questi anni.
La denominazione fa riferimento alla Fondazione Orfeo Mazzitelli, intelligente imprenditore, compianto fondatore di Telebari, e pioniere delle televisioni libere in Puglia. Nella messa in opera del teatro è stata particolarmente curata l’acustica e le rifiniture interne. Il cartellone, con un programma diversificato (jazz, leggera, elettronica e cabaret di qualità), si inserisce autorevolmente nel pluralismo culturale della città.
Per il primo appuntamento della stagione è stato scelto quel Quintetto X che a metà degli anni ‘90 rappresentò una delle esperienze musicali più felici della scena barese. Nato da un’idea di Nicola Conte, musicista e produttore, e dal suo amore per la musica brasiliana, il gruppo si è formato nel centro culturale Fez. Il jazz è inteso come una intuizione, un atto spontaneo che esalta il ritmo e il movimento, e in questo senso la collocazione più consona appare proprio nella musica sudamericana.
Poi Conte incontra a Roma Rosalia De Souza, cantante brasiliana, e l’idea si definisce in progetto. Rosalia è nata a Rio De Janeiro nel quartiere di Nilopolis, autentica scuola di samba a cielo aperto, ed è venuta in Italia per perfezionarsi. Dunque, chi meglio di lei ha la voce giusta per il quintetto? Il progetto si concretizza così in un disco, “Novo Esquema de Bossa”, che conquista i consensi della critica e del pubblico più attento.
Il gruppo, dopo un certo periodo di notorietà negli ultimi anni si è defilato, ma non ha perso lucidità. Così gli organizzatori lo hanno scelto per l’inaugurazione e hanno richiamato Rosalia, che in questi anni si è conquistata una grande popolarità con altri tre dischi all’attivo e una nutrita attività internazionale. Nell’ensemble sono stati invitati come ospiti d’eccezione Gaetano Partipilo al sax, e Fabrizio Bosso alla tromba. Risultato: i biglietti sono andati a ruba!
Il concerto si snoda senza enfasi, con naturalezza e semplicità. Rosalia, snella, affascinante, solare, ha sangue caliente ed è ricca di comunicativa. Il pubblico sa bene che sarà presentata una carellata di brani tratti da tutta la produzione del Quintetto e di De Souza. E così è, infatti: “Senza paura”, “Diplomacia”, “C’è più samba” (del repertorio di Mina), “Samba Longe”, “Carolina Carol Bela”, “Dias De Carnaval”, “Luiza Manequim”, sono tutti brani tratti dai rispettivi lavori discografici. E’un misto di bossa nova, afro, jazz e pop che ha assunto una non meglio identificata denominazione di “Nu-bossa”. In realtà si riconosce un linguaggio che vuole unificare tradizione e modernità, accostando le sonorità degli anni ’60 all’elettronica.
Ci sono tutti gli elementi noti della musica di Carlos Jobim, De Moraes, Pascoal, ma anche Veloso, Joao Gilberto, Toquinho, Chico Barque, calati in un’atmosfera jazzata che è la contaminazione ideale per due modi di esprimersi che, pur sviluppatisi in luoghi diversi, hanno la stessa matrice africana. La musica sudamericana descrive, alla stessa maniera di quella italiana, il senso comune dei sentimenti, e la ricerca della felicità racchiusa nella nostalgia.
Lo fa con una intimità elegante e sensuale al tempo stesso, così come Rosalia si muove con eleganza e sensualità sul palco, accennando qua e là passi di danza. La sua voce è come la carezza “di un velluto, di una brezza”, come la definisce Nicola Conte. Molto interessanti i brani del suo ultimo lavoro discografico, “D’improvviso”, uscito un anno fa: la title-track è cantata nella nostra lingua, in omaggio all’Italia.
L’ingresso di Bosso e Partipilo merita un discorso a parte. I due hanno aggiunto spessore e dinamismo ad un concerto di per sé già consistente. Il calore della tromba, la tonalità graffiante del sax sono stati un valore aggiunto che hanno entusiasmato il pubblico, a cominciare dalla splendida esecuzione di “Tutu” di Miles Davis, agli assolo strepitosi in cui anche le pause degli altri avevano funzione. Gli stacchi improvvisi, le ripartenze, i duetti serrati, gli inserimenti corali con l’instancabile Galeandro al flauto traverso, hanno impreziosito di jazz puro il samba di Rosalia. Applausi a scena aperta e gran finale con bis a ruota libera, senza tanto guardare l’orologio. Il virtuosismo nei vocalizzi della cantante hanno infine placato un pubblico affascinato e insaziabile.
Al pianoforte Piersante Vincenti, alle chitarre Francesco De Giosa, al basso Marcello Piarulli, alla batteria Fabio Accardi, al flauto Anton Giulio Galeandro.
Gianfranco Morisco
domenica 3 gennaio 2010
Bari – Le malizie di una ‘Locandiera’ di Andrea Buscemi con Eva Robin’s
L’Anno Nuovo al Teatro Piccinni di Bari, con la rassegna "Actor" del Teatro Abeliano, si inaugura con l’atto unico dello spettacolo "La Locandiera" di Carlo Goldoni, con Eva Robin’s (Mirandolina), Andrea Buscemi, Renato Raimo, Riccardo De Francesca, Giorgio Reali, per la regia di Andrea Buscemi, produzione Peccioli Teatro.
Andrea Buscemi oltre che attore (interpreta lo spiantato marchese di Forlipopoli), ne ha curato anche la regia, puntando su una scenografia minimalista e che non si modifica in nessun caso, anche se durante la rappresentazione si comprende che la scena si svolge ora nella sala da pranzo, ora nella camera da letto o nella cucina della locanda.
La protagonista è Mirandolina, interpretata da una statica Eva Robin’s, che ha dato vita ad una locandiera fiorentina che fuoriesce dai canoni della commedia goldoniana e dagli schemi della Commedia dell’Arte, presentando una donna che conscia della sua bellezza la usa come mezzo per raggiungere i suoi scopi senza mai concedere nulla in cambio e che ammicca al pubblico esponendo i suoi commenti reconditi.
Goldoni con quest’opera sembra fare un’attenta psicoanalisi del mondo femminile o meglio ancora dell’arte della seduzione usata non per cercare marito ma praticata per i propri interessi, personificando i nuovi ideali della classe media emergente all’inizio del 1700.
Come satellini ruotano attorno a Mirandolina i personaggi decadenti dello stesso periodo, i nobili.
Troviamo il ricco conte di Albafiorita(Riccardo De Franceca), lo spiantato marchese di Forlipopoli (Andrea Buscemi) ed il misogino cavaliere di Ripafratta (Renato Raimo).
Se il personaggio cardine della Locandiera di Goldoni è Mirandolina, in quello presentato al Piccinni emerge senz’altro il marchese di Forlipopoli, ossia il bravo Buscemi, che ha dato vita ad un esilarante personaggio, una macchietta che ha divertito il pubblico e che concedeva perché nulla aveva la sua “protezione” a Mirandolina.
Molto bravo anche il nostro corregionale Renato Raimo, nella parte di un cavaliere rustico nemico giurato delle donne tanto da non darne alcuna confidenza ma nell’arco di una giornata grazie alla “scioltezza del parlare” e alla malizia della locandiera riesce ad innamorarsene.
Non da meno Riccardo De Francesca, rivale in amore del marchese.
Ma Goldoni non poteva estromettere di colpo la Commedia dell’Arte e così affiorano solo due personaggi che la personificano : Ortensia e Dejanira, due donne in antitesi alla protagonista. Mirandolina , scaltra, attenta ma allo stesso tempo molto femminile e le due commedianti che tentano di raggiungere lo stesso scopo della locandiera in maniera più cialtrona ma con i loro modi non raggiungono alcuno scopo.
Ma come sempre fra i due litiganti il terzo gode, ed anche in questa commedia chi gode è Fabrizio (Giorgio Reali) che interpreta il fedele cameriere segretamente innamorato della locandiera, nonché suo futuro sposo.
Morale della favola ‘non lasciarsi mai ingannare dalle lusinghe di una donna, pardon di una locandiera.
Anna deMarzo
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