PHOTOGALLERY by Egidio Magnani

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martedì 30 novembre 2010

Bari - Paolo Fresu e Uri Caine fra Jazz e Barocco


Era stato il maestro Giorgio Gaslini negli anni ’70 a inventare e definire il concetto di “musica totale”, allargando in ambito musicale i confini fino all’orizzonte visibile.

Da allora gli ibridi, le fusion e i relativi tentativi si sono moltiplicati a dismisura, dando una visione diversa degli stili. La fusion più classica fu quella del rock con il jazz, anche se i puristi del jazz non hanno mai smesso di storcere il naso.

Che dire allora dell’operazione pensata, elaborata e messa in opera da Paolo Fresu, talentuoso e acclamato trombettista jazz di livello internazionale?

Alla soglia dei 50 anni, forte della sua esperienza e delle consacrazioni di pubblico e critica, Paolo ha rivolto la sua attenzione alla musica antica, in particolare a quella barocca: “La musica del ‘600 – ha sempre detto – ha come uno swing che la avvicina al jazz”.

Nel 1999 addirittura Fresu incide un madrigale di Monteverdi. Proprio in quel periodo, lavorando a Vienna con un gruppo di musica classica, scopre le composizioni di Barbara Strozzi, sconosciuta cantante e compositrice del ‘600, figlia illegittima del librettista veneto Giulio Strozzi. La donna non ebbe fama né fortuna, (se ne può facilmente comprendere il motivo), pur essendo validi i madrigali che componeva. Così Fresu studia quelle partiture, le lega al jazz, ne parla con Uri Caine, eclettico pianista americano che vive dall’altra parte dell’Oceano, e realizza un progetto ardito e coraggioso, della cui complessità è perfettamente cosciente. “Sarebbe stato più facile lavorare sulle composizioni di Monteverdi, – dice – ma abbiamo fatto la scelta più difficile, perché le pagine della Strozzi sono uniche, originali, focose. E’ una sfida.”

Ieri, 29 novembre, nella Casa delle Musiche di Bari, alias il teatro Kursaal, per Puglia Sounds, ha avuto inizio la nuova avventura musicale, e il tour internazionale, di Paolo Fresu e Uri Caine, con il quartetto d’archi Alborada String Quartet.

Il progetto prende il nome strano di “Pìspisi”, una parola del dialetto sardo di Berchidda, il paese natale di Fresu, che sta a significare “essere sull’orlo”. Per trasposizione si può intendere “in punta di piedi”, nel senso di un approccio timido e rispettoso alla musica barocca; ma anche “in punta di lingua”, come ama sottolineare Fresu.

“La vittoria” e “Godere gioventù” sono i primi due madrigali.

Paolo suona tromba e filicorno, nella sua posa particolare (seduto su una sedia e spesso di profilo al pubblico); Caine suona clavicembalo e pianoforte. Il concerto appare fortemente caratterizzato dal madrigale, la cui natura non è per niente modificata. I suoni dei fiati si inseriscono a perfezione nella struttura, aggiungendo solo una rilettura più moderna.
Al jazz ci si avvicina pertanto solo come sonorità.
Nulla di particolarmente nuovo viene anche dalle tastiere, anche se è molto facile per un pianista partire dalla musica classica e avventurarsi nel jazz e anche se Uri Caine è uno che ha inciso rivisitazioni di Mahler, Schumann e Bach.

Tuttavia se il clavicembalo ricrea meglio l’atmosfera dell’epoca, il pianoforte ha un suono più deciso che meglio riempie lo spazio sonoro. Naturalmente non ci sono assolo. Nei brani a seguire, ”Il costume dei grandi” e “Dal pianto degli amanti ….” si notano aperture interessanti: gli archi tacciono e piano e tromba dialogano in maniera serrata, scivolando chiaramente nel jazz, senza mai dimenticare il tema barocco principale. Gli strumenti leader dell’ensemble rimangono tromba e filicorno, anche quando restano in attesa, pronti ad intervenire pure per un breve stacco di tonalità.

Nella seconda parte del concerto ci sono più sonorità jazz, ardite e impensate, sorprendenti. C’è l’intelligenza di un lavoro attento e accurato, in cui viene mantenuto vivo un segreto equilibrio fra la coscienza viva del passato e la necessità dell’innovazione.
E l’ascoltatore non viene tradito, né deluso.

Sicuramente i puristi del jazz e quanti si sono accostati al concerto con diffidenza avanzeranno delle riserve. Per noi Fresu ha superato l’esame a pieni voti.
Se alla fine vincerà la sfida lo diranno anche le altre platee, a cominciare da quella dell’Auditorium Parco della Musica di Roma ove stasera si replica.

Gianfranco Morisco

Bari - Gag, musica e follia gli elementi del nuovo spettacolo della Rimbamband Show


Un grande successo di pubblico al Teatro Forma di Bari; un sabato sera alternativo alla movida barese, che ha coinvolto giovani e meno giovani, in alcuni casi intere famiglie per applaudire e apprezzare un “fenomeno” dalla firma terra di Bari.

Ad esibirsi sul palcoscenico la nota comic-band “La Rimbamband”, ormai nota al pubblico di tutta Italia per la partecipazione a diverse puntate del “Maurizio Costanzo Show”; da poco reduci dallo spettacolo teatrale "Il poeta Straniero, ovvero Straniero Ugo, poeta" al Brancaccio di Roma e dalla trasmissione televisiva "Barbareschi Sciock" su La 7 e da tante altre situazioni di successo, presentano il loro nuovo spettacolo dal titolo "Rimbamband Show".

Ma chi sono veramente?
Cosa faranno sul palcoscenico del Teatro Forma?

Si tratta di un sassofonista, un contrabbassista, un pianista, un batterista, un capobanda, dalle caratteristiche “un po’ folli”, che regalano tra sogno e realtà, comicità e tante “note litigiose, e divertenti, spesso rimbombanti, ma straordinariamente briose!

L’'idea della band è semplice, tanto da apparire quasi ingenua: scherzare, fino alle estreme conseguenze con la grande musica italiana e non solo…. Il tutto nasce prendendo alcuni autori con alcuni pezzi che hanno fatto la storia della canzone, mescolando ad essi note e battute, suoni ed interpretazione e tanta gestualità, coadiuvati anche da esperimenti musicali “con strumenti informali”, per passare poi a vere e proprie performance comico – musicali che spesso e volentieri contengono momenti di esaltazione e vera e propria interazione con il pubblico presente in sala.

Spiegare tutto questo con parole, è davvero difficile.
Potremmo dire in modo semplicistico: la band, gioca con la musica italiana e con i suoi grandi protagonisti, nomi del calibro di Renato Carosone e Fred Buscaglione, Gaber e tanti altri Grandi come Mozart, Rossini, Jerry Lewis, Lecoq, senza dimenticare nemmeno lo Zecchino d’oro, fenomeno tipicamente italiano con “Il valzer del moscerino”; tanto per intenderci, li mischia, li confonde, li esaspera, li esalta.

In tutto questo qual è la caratteristica che contraddistingue questi talentuosi e soprattutto variegati artisti?

Sicuramente creatività e professionalità in vari campi dello spettacolo e una grande dedizione al lavoro, che permette loro di inventare gag sempre nuove ed originali. In fondo è questo lo spirito che anima i cinque musicisti che compongono la "Rimbamband":Raffaello Tullo (voce), Renato Ciardo (batteria), Niccolò Pantaleo (sax), Vittorio Bruno (contrabbasso) e Francesco Pagliarulo (piano) detto "il Rosso".,

Si tratta di uno “spettacolo vivo”, mai uguale a se stesso, perché una serata non è mai uguale alle altre, come non è mai uguale il pubblico che vi partecipa, che con i suoi interventi può anche modificare il corso dello show.

Si tratta sempre e comunque di performance egregiamente costruite, per una massima in cui sperimentazione e professionalità si incontrano meravigliosamente, per proseguire all’unisono tenendosi per mano.

In questo, caso tutto ciò è stato suggellato da grande affluenza di pubblico, che ha ben gradito “RIMBAMBAND SHOW” la nuova performance della band, sconvolgendola con calorosi applausi.

Ad onor del vero va sottolineato, che circa duecento persone sono rimaste fuori per il tutto esaurito, ma sicuramente potranno rifarsi con le successive repliche, che terranno impegnato il gruppo presso il Teatro Forma per quasi tutto il mese d Dicembre.

Ricordiamo dalla voce degli stessi protagonisti che Il progetto Rimbamband nasce nel 2001 dall’idea di Raffaello Tullo che dice: "Bari ci ha sempre dimostrato affetto, per questo possiamo spingerci oltre, infatti lo spettacolo non parla, suona e sogna, è pieno di effetti, rumori, suoni, c'è una sorta di rumorismo fatto con gli strumenti, c'è molto swing ma poi si va verso la follia, si ripropongono vari musicisti famosi, rumori, mimica, recitazione, praticamente tutti noi ci misuriamo con altri linguaggi, ognuno di noi fa altro (mimo, recitazione)! Lo spettacolo racconta di 5 bambini che giocano con gli strumenti! Io ho scritto i testi (scrivo suggestioni), poi ognuno di loro se li rende comodi a proprio modo!"

“RIMBAMBAND SHOW” per la gioia di grandi e piccini, (è proprio il caso di ribadirlo!!!!!) sarà di scena ancora presso il TEATRO FORMA in via Fanelli i giorni:
28 Novembre ore 21,00
7 Dicembre ore 21,00
8 Dicembre ore 18,00 / ore 21,00
11 Dicembre ore 21,00
12 Dicembre ore 18,00 / ore 21,00
25 Dicembre ore 21,00
26 Dicembre ore 18,00 / ore 21,00

Che dirvi? Cercate di non perderlo! Si tratta di un’ora e mezza di simpatia e buonumore che vi darà la carica per affrontare la vita con maggiore sprint e allegria.

Maria Caravella

venerdì 12 novembre 2010

Bari – Il ritorno al cinema di Ermanno Olmi con il film 'Il villaggio di cartone' ambientato al Palaflorio


Ermanno Olmi Al Palaflorio di Bari, set del suo nuovo film dal titolo “Il villaggio di cartone” (una produzione Cinemaundici in collaborazione con Rai Cinema, Edison e Apulia Film Commission), racconta la genesi e la storia del suo ritorno al lungometraggio cinematografico, dopo la decisione di dedicarsi soltanto ai cortometraggi o ai documentari.

Spiega, poi, le circostanze che lo hanno portare a scegliere il Capoluogo pugliese e, in particolare, il Palazzetto dello Sport (recentemente inaugurato dopo la chiusura durata 7 anni) come “ambientazione ideale” del suo lavoro.

«Avevo bisogno di un teatro di posa alto almeno 15 metri per la costruzione di una chiesa ma non ne ho trovato alcuno; abbiamo cercato nei capannoni industriali e miracolosamente, mentre ero qui in vacanza, circolava la voce dell’esistenza di questo palazzetto: quando sono entrato per la prima volta ho pensato che fosse un teatro di posa perfetto», ha spiegato Olmi evidenziando la cifra quasi provvidenziale della sua esperienza barese.

Sull’argomento, Elio Sannicandro, Assessore allo Sport del Comune di Bari, ha rivelato la sua iniziale “resistenza” nel concedere al regista il Palaflorio «solo per l’amore per lo sport di averlo sempre disponibile per gli appuntamenti sportivi». Ciò nonostante, si è detto «orgoglioso di ospitare un evento culturale di simile portata».

La realizzazione del film è stata possibile anche grazie al finanziamento fornito dalla società di energia Edison con la formula del Tax Credit (il decreto del gennaio 2010 che regola l’attività di soggetti non appartenenti nel settore cinematografico ma decisi ad operare nelle produzioni cinematografiche con un Tax Credit pari al 40% del loro contributo). Le ragioni della collaborazione sono state indicate nel legame storico tra la società e il regista e nel tema comune del collegamento tra Oriente ed Occidente.

Per tornare, dunque, al contenuto e al significato del film, Ermanno Olmi ha rivelato come il tema principale consista nell’accostare due mondi divisi dal pregiudizio: quello dei bianchi e dei neri e, dunque, dell’immigrazione e dell’integrazione della popolazione africana in Europa. Un argomento di particolare rilievo anche per il Presidente dell’Apulia Film Commission Oscar Iarussi in quanto «decisivo per l’identità pugliese».

Il cast, infatti, oltre ai personaggi principali interpretati da attori come Michael Lonsdale (nella parte del vecchio prete), Rutger Hauer (il sacrestano), Massimo De Francovich (il medico) e Alessandro Haber (il graduato), è composto da artisti non professionisti provenienti da varie zone dell’Africa ma residenti in Italia. Tutti hanno scoperto quasi “per caso” la possibilità di lavorare con il regista considerandola come «un’opportunità per il cambiamento culturale della mentalità con cui sono considerati gli stranieri nel mondo».

Una simile scelta, definita dal Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola “inattuale” e “poeticamente controcorrente” in un periodo di “incultura dominante”, è stata argomentata da Olmi con una ragione precisa: «Quando sono venuto in contatto con i miei amici neri ho scoperto la mia ignoranza: chiacchierando con loro durante i provini ho capito che noi abbiamo perso un’opportunità di godere della vita che loro hanno ancora. In questo film cerco di raccontare la mia scoperta di un’umanità che è rimasta tale come il colore della pelle, ho scoperto che sarà l’Africa ad aiutare noi e non viceversa perché il futuro è nelle origini». Parole profetiche.

Marisa Della Gatta

mercoledì 10 novembre 2010

Bari - Chi comanda qui? si chiede Fausto Bertinotti e Niki Vendola prova a rispondere


Il futuro della Costituzione fra Alice nel paese delle meraviglie e il lontano “Fraternite, egalitè, libertè”.

Nel lontano 1996 autorevoli costituzionalisti e teorici della politica si confrontarono in un libro: “Il futuro della Costituzione”, discutendo circa le molteplici idee di costituzione in campo, sulle tensioni tra democrazia e costituzionalismo, sul significato di concetti quali potere costituente, custode della costituzione, potere di revisione costituzionale, indagando i paradossi e le prospettive della riforma costituzionale in Italia, interrogandosi infine sulla necessità e opportunità di dare una costituzione all’Europa.

A riprendere quel lontano dibattito intrapreso da Gustavo Zagrebelsky, Pier Paolo Portinaro e Jörg Luther, Fausto Bertinotti, presidente della Fondazione della Camera dei deputati, con il libro, fresco di stampa: “ Chi comanda qui? Come e perché si è smarrito il ruolo della Costituzione” (edito Mondadori). Dopo 14 anni per rispondere alla domanda: “Come si è smarrito il ruolo della Costituzione?”.

Determinazione di una sconfitta delle forze motrici: il movimento operaio, che aveva interpretato la Costituzione. Così ai microfoni, in un’affollata libreria Feltrinelli, l’ex segretario del Partito di Rifondazione Comunista. “Poi la globalizzazione capitalistica – ha proseguito- si è andata affermando realizzando un pensiero unico su scala mondiale, europeo, determinando il progressivo degrado della democrazia con un regime sostanzialmente oligarchico. Noi votiamo ma a decidere sono sostanzialmente altri”. Potremo dire che il primo grado di colpevolezza pare sia la globalizzazione.

Ecco la piccola parolina magica o ameba. Da qui la domanda su: “Cosa bisognerebbe fare per tutelare di più la Costituzione in questo momento storico?”. Bertinotti punta sul rovesciamento della logica costituzionale, una democrazia che prima era intesa come eguaglianza, “oggi siamo un dominio del mercato, che con la sua mano invisibile determina la vita delle persone: la precarietà, l’incertezza. L’articolo 3 della Costituzione è stato abbattuto. Bisognerebbe ricominciare dalla ricostruzione sulle macerie dell’art. 3 della Cost., ricordando quello che dice: il compito della Repubblica è rimuovere gli ostacoli che impediscono il libero sviluppo della persona umana”.

Sono due gli articoli della Carta a essere più cari a Bertinotti: ovviamente il primo e il terzo. L’incipit della Costituzione, “La Repubblica democratica fondata sul lavoro” richiama quella sovietica del 1936; a suo parere si tratta di una garanzia. L’articolo 3, “ Ė compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

È quello “chiave”, un “testo eversivo”: con esso il “carattere programmatico” e finalistico del documento è espressamente rivendicato. Lo Stato, o meglio la Repubblica, o meglio ancora la classe, ha il dovere di intervenire in materia economica, l’autorità di decidere cosa sia “il pieno sviluppo della persona umana”. “Principi che sono stati ribaltati”, fa eco il presidente della Regione: Nichi Vendola. “La destra ha vinto, governando con un nuovo vocabolario, fatto di violenza e plebeismo, noi possiamo vincere solo recuperando l’eleganza della passione, quella che ho imparato da Fausto Bertinotti”.

“Chi comanda qui” viene considerato come un libro da buona azione, come l’ha spiegato Sonia Pellizzari, moderatrice dell’incontro, da buona azione civile, politica e culturale. Provando a restituire il criticato originale e originario alla nostra Costituzione, ripercorrendo attraverso il concetto di Costituzione un’idea di società ma anche di uomo. Un libro che individua un articolo eversivo, l’articolo 3, il perno della nostra Costituzione: non c’è democrazia senza uguaglianza. In questo racconto, che mai diventa un recupero della storia, ma ci fa pensare sulla lungimiranza dei nostri costituenti, la politica deve interrogarsi, trent’anni gloriosi che hanno avuto un deragliamento con la globalizzazione. “Chi comanda qui” può e deve essere considerato una raccolta di lezioni sulla Costituzione.

Per Vendola, l’operazione che attua Bertinotti nelle pagine del libro è un recupero di memoria. La capacità di chiedersi dove ci si trova e dove si è arrivati. La memoria è l’unica bussola che può consentire di orientarsi verso un futuro migliore. Da qui un salto indietro di 65 anni: “l’Europa fra il 1914 e il 1945- spiega il presidente della Ragione- era diventata il più grande mattatoio della storia umana. Mai la guerra aveva conosciuto delle mutazioni così importanti, passando dal periodo di pochi decenni, dal corpo al corpo tra gli eserciti al fungo atomico di Hiroshima. Ed è proprio all’interno di questa storia di guerra nasce la vicenda dei totalitarismi, in particolar modo quello nazifascista, con l’obiettivo di programmare la devastazione del codice di convivenza fra gli umani.

“Chi comanda qui” è anche la domanda che fa “Alice nel paese delle meraviglie”, quando attraversa lo specchio e si trova in un mondo capovolto, in un mondo in cui le regole sono prive di logica e buon senso. Sono segnate da una certa crudeltà e noi –ribadisce Vendola- ci ritroviamo a vivere esattamente oltre uno specchio e come Alice in un paese di strane meraviglie in cui la menzogna parla di se stessa come se fosse la verità e il benessere viene proclamato regalando malessere alla maggior parte soprattutto delle giovani generazioni”.

Il presidente della Fondazione della Camera dei deputati, a margine dell’evento barese, spende parole a favore di Vendola: “Lei pensa che Nichi Vendola possa essere il leader giusto? “Vendola ha tutte le caratteristiche umane, politiche, culturali per esprimere questo bisogno di cambiamento”.

Non possiamo che concludere con un pensiero di Antonio Pascale: “Sogno un paese che abbia il coraggio di dire: era una buona idea ma siamo stati troppo arroganti nel proporla o forse siamo diventati troppo vecchi per portarla avanti. Allora, un Paese così di sicuro vedrà arrivare al suo cospetto nuove menti, pronte a prendere il testimone e a lavorare affinchè non finisca in cattive mani o venga risucchiato nel buco nero del passato.”

Il video dell'introduzione di Niki Vendola lo trovate su:
http://www.youtube.com/watch?v=vEdnZ9FqdEU

Anna Furlan

giovedì 4 novembre 2010

Bari - Anna Oxa ritorna in grande stile, ritorna per una terra che da straniera le ha dato i natali


Pare che negli ultimi anni la Puglia sia diventata non più asilo politico per tanti disperati del mare provenienti da terre lontane, bensì asilo culturale e musicale con due format che stanno facendo della Regione il vero orgoglio politico.

Così dopo il format dell’Apulia Film Commission che sta dando lustro al nostro territorio per location di produzioni filmiche, ora si sta dando vita ad un programma per lo sviluppo del sistema musicale regionale, che viene riconosciuto sotto il nome della “Puglia Sounds”.

Un complesso di azioni che ha l’obiettivo di creare, per la prima volta in Italia, un meccanismo virtuoso tra produzione e distribuzione di spettacoli pugliesi, nazionali ed internazionali, promosso dalla Regione Puglia, Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo finanziato dal FESR ASSE IV e attuato dal Teatro Pubblico Pugliese.

Chiaramente un progetto di tale importanza non poteva che non avere una casa, la quale è stata riconosciuta in un teatro cittadino, il Kursaal Santalucia, sotto il nome della “Casa delle musiche”, inaugurata ad ottobre, diventando così il quartier generale del progetto “Puglia sounds”.

Ed è proprio in questa location che Anna Oxa, la prima grande artista italiana, ha allestito e presentato in Puglia il suo nuovo spettacolo musicale, dopo aver partecipato al bando messo a disposizione da Puglia Sounds, che vedrà la conclusione oggi con il suo concerto-spettacolo, in prima nazionale, al teatro Piccinni di Bari.

Dopo quattro anni di doloroso e introspettivo silenzio, ritorna in grande stile, ritorna per una terra che da straniera le ha dato i natali. L’artista di origini albanesi ha trascorso una due giorni, per presentare la sua ultima fatica “Proxima” che da il titolo anche al concerto.

L’artista ha dedicato tutto un pomeriggio prima con un incontro formale alla Casa delle musiche con il primo cittadino Emiliano, l’assessore regionale alla Cultura Godelli e il presidente del TPP, Grassi per la stampa, poi dopo un’ora si è riversata nella nota libreria cittadina Feltrinelli per abbracciare i suoi numerosi fans che non hanno perso l’occasione per acclamare l’ormai asceta artista.

“Bisogna ridare la dignità creativa. Ci vuole etica in tutti i campi della vita. L’arte, spiega la Oxa, non è come la merce da consumare in grande quantità, ma è un continuo divenire qualcos’altro, è un mettersi in discussione”.

E Anna forse in questi anni di assenza dai riflettori ha guardato più a fondo dentro di sé per arrivare alla convinzione che “l’arte non nasce necessariamente dal dolore e dai poeti maledetti”.

“Io, sottolinea la poliedrica artista, non porto qui a Bari uno spettacolo, ma due mondi, le strutture e le risonanze del suono. Ci sono quelle più degradate, quelle che restano in superficie, ma poi arrivano anche quelle nobili, quelle che emanano senza bisogno di alcuna carica”.

A fare da contraltare il sindaco, Michele Emiliano: “Anna Oxa ha una carriera e una personalità intatta. La sua storia, il suo genio e ribellione sono di esempio per la città. Incoraggiano i baresi all’autostima, in un momento in cui ce n’è davvero poca”.

Dismessi i panni da collegiale, che l’hanno vista timidamente fasciata in una gonna a righe, la ritroviamo mutevole, come da suo stile, con cappello giallo, pantaloni larghi neri e un color turchese da far da contrasto alla sua capigliatura nera, negli spazi della libreria Feltrinelli.

Qui ritroviamo un’Anna come un fiume in piena con la voglia di raccontarsi e raccontare il suo nuovo mondo, fatto di suoni, colori, forme e anima. Un silenzio di quattro anni, vissuti in disparte ora Anna Oxa torna e la parola che ama di più è ricerca, quella interiore. E sulla ricerca è imperniato il suo nuovo lavoro, davvero importante.

“Tutto l’amore intorno”, il suo singolo scritto per lei da Ivano Fossati, una nuova canzone bandiera di questo nuovo tempo di Anna Oxa.

Parla di una mancanza d’amore con il bisogno di riempire cercandolo all’esterno costantemente. “C’è uno stato che si vive e sospende tutto il mondano”, spiega, dialogando con la giornalista Enrica Simonetti.

La curiosità maggiore è per l’allestimento del suo imminente spettacolo che vedrà lo spettatore immergersi in un viaggio dall’eccezionale esperienza evolutiva. Accompagnata sul palco da 5 musicisti (Loris Ceroni al basso e produzione musicale, Dario Giovannini alla chitarra, Cristiano Micalizzi alla batteria, Marco Nati alla chitarra, Christian Ravaglioli alle tastiere, fiati e manipolazione del suono), il “Proxima Tour” è uno spettacolo teatrale che, ancor prima di essere un concerto, è un evento in cui ogni elemento è studiato con grandissima cura ed attenzione per rendere in modo inequivocabile ogni singolo stato d’animo, ogni singola espressione, trasmessa dal suono.

Sul palco materiali e oggetti, tra i più diversi, assumono nuovi ruoli: metalli, corde, elastiche, rondelle e reti da pesca con ceramiche, plastiche e fili elettrici sono in sintonia con ogni nota, con ogni accordo. Così un po’ Darwin, per la sua evoluzione, un po’ John Cage, per l’uso di materiali poveri e John Coltrane con il suo: “Non c’è mai una fine. Ci sono sempre nuovi suoni da immaginare, nuove sensazioni. E c’è sempre la necessità di purificare questi suoni e queste sensazioni per vedere allo stato puro cosa abbiamo scoperto. Così possiamo capire in modo sempre più chiaro chi siamo”, la Oxa si rimette in gioco partendo dal nuovo “suono della Puglia”.

Anna Furlan

mercoledì 20 ottobre 2010

Bari – La ‘Passione’ di John Turturro un italo americano innamorato di Napoli


Con una “tazzurella di caffè” , inizia la conferenza stampa con il regista e attore italo-americano, John Turturro, a dimostrare come si è ben calato nei panni dell’italiano, rinunciando al beverone americano.
John Turturro in questi giorni è a Bari e al Cineporto ha presentato il suo ultimo lavoro cinematografico, un documentario musicale “Passione” un omaggio a Napoli e alla canzone napoletana, film presentato anche fuori concorso al Cinema di Venezia.

A fare gli onori di casa il direttore dell’Apulia Film Commission, Silvio Maselli e il direttore artistico , Angelo Ceglie che hanno spiegato questo incontro fortemente voluto dall’AFC perché con la realizzazione del progetto “D’Autore” si prefiggono di trasmettere film di qualità nelle piccole sale cinematografiche, conservando un rapporto forte tra cinema e autori stessi, andando controcorrente a tutto ciò che è considerato evento.

“Passione” è un film che è tutto nel titolo, dove il coinvolgimento dell’autore è estremamente partecipativo .

La prima domanda nasce spontanea : Come nasce questo progetto e perché Napoli e la canzona napoletana ?

R.: E’ stato il regista Francesco Rosi ad aprirmi le porte di questo mondo. Dopo aver lavorato 5 anni a “La Tregua” di Primo Levi, mi ha fatto esplorare l’opera di Edoardo De Filippo “Questi Fantasmi” perché riteneva che avessi la sensibilità giusta per poterla interpretare. L’ho rappresentato anche a New York, ma emozionante è stato presentarlo al pubblico napoletano , avvenuto subito dopo la morte di mia madre.

Così nel tempo libero assieme a Max Casella a Carlo Macchitella, ci piaceva girare per i vicoli e sono stato colpito dalla generosità della gente che aveva poco ma era capace di donare.
Rimasi sorpreso quando proprio Marco Macchitella e Roberto Cicutto mi proposero di dirigere questo film che esplorava Napoli e anche se la mia famiglia è di origine italiana, mio padre di Giovinazzo , paese in provincia di Bari e mia madre siciliana, nonostante tutto sentivo che questa era una nuova esperienza e per affrontarla ho dedicato due anni a studiare la musica napoletana.

Mi piace tutta la musica in genere ma fare questo viaggio nella tradizione della canzone napoletana è stata un’esperienza pregnante che è andata oltre le mie aspettative, tanto da farmi considerare Napoli il juke box più grande del mondo, dove c’è una forte sintonia tra parola , poesia e musica.
Ho avuto un approccio rispettoso verso queste tradizioni forse perché le ho osservate con l’occhio del curioso ma grazie anche allo scambio di idee con i miei collaboratori che sembravano leggermi nella mente come Marco Pontecorvo per la fotografia e Simona Paggi per il montaggio, abbiamo cercato di evitare i maggiori cliché che circondano la città, come pizza e mandolino, per far conoscere l’anima della città.

D.: Il film è centrato sul passato non in una versione nostalgica

R.: Perché l’uomo non è cambiato e anche i problemi non sono cambiati.
Ci sono tanti problemi a Napoli una città che cerca di arrangiarsi e la musica è un buon esempio di come la creatività si può esprimere presentando un lato diverso della vita.

D.: Il film vede il coinvolgimento di tanti musicisti. Li conoscevi o richiedevi dati interpretativi?

R.: E’ stato importante che i cantati fossero dei bravi narratori, perché dovevano raccontare la storia. Dovevano affrontare un percorso della musicalità napoletana che è carica di passione ed erotismo.
Alcuni artisti già li conoscevo, come Peppe Barra e Massimo Ranieri, per altri ho ascoltato le loro canzoni .

Tanti i cantanti scelti da John Turturro dove si vede una commistione di sonorità che vanno da quella araba a quella spagnola così accanto a Mina, Avion Travel, Pietra Montecorvino, Massimo Ranieri, Lina Sastri, Peppe Barra, Angela Luce, Raiz, Max Casella, James Senese, Fausti Cigliano, Fiorello, Enzo Avitabile, Pino Daniele, troviamo la portoghese Misia e la tunisina M’Barka Ben Taleb. Un vero rimpianto per il regista è stato quello di non aver inserito alcun brano di Mario Merola, di cui è fan, ma non c’era alcuna canzone che seguiva il percorso del suo film .

Le canzoni sono come della cartoline dove ognuna diventa una piccola sceneggiatura. Molti dei brani sono stati cantati dal vivo e per strada.
Pregevole ed emozionante il ritratto presentato con un arrangiamento innovativo di “Tamurriata Nera” dove Peppe Barra, Max Casella e M’Barka Ben Taleb, la cantano in versione napoletana, americana e araba.
Toccante anche il “Canto delle lavandaie del Vomero” interpretato da Fiorenza Calogero, Lorena Tamaggio e Daniela Fiorentino.

D.: Girerà un film anche in Puglia?

R.:. Mi piacerebbe trovare una storia che mi trasmetta qualcosa che tocchi l’anima. In compenso cercherò di far uscire nella sale cinematografiche del Nord America, questo film per farli innamorare di questo posto.

D.: Che ricordi porterà con sé con questa esperienza al Sud?

R.: Sono rimasto colpito dalla generosità e dalla collaborazione che si è instaurata con tutti , mi ha procurato un arricchimento culturale , fatto insolito, perché è stato raggiunto un appagamento personale molto forte in così poco tempo.

In serata l’attore si è recato alla sala del Cinema ABC per la proiezione del film, dove è stato accolto da un folto numero di familiari, originari di Giovinazzo.

Un piccolo spezzone dell'incontro su: http://www.youtube.com/watch?v=ph8K0s7Vlmw

Anna deMarzo

sabato 16 ottobre 2010

Bari - Il viaggio funambolico dei Folkabbestia in 'Girano le pale'


Dopo la presentazione di rito con lo show case di anticipazione alla Feltrinelli Libri e Musica di Bari avvenuta mercoledì scorso 13 ottobre, i Folkabbestia hanno presentato ieri sera alla Casa delle Musiche Puglia Sounds in anteprima nazionale “ Girano le pale “, il loro ultimo progetto discografico uscito per la Sunny Cola di Caparezza e distribuito in Italia dalla Universal.

La formazione barese, nata nel 1994, dalle ceneri dei Folkways, giunge così al suo sesto album in studio e uno live , il cui titolo rende palese la problematica del Sud Italia circa l’utilizzo delle energie rinnovabili .Una battaglia ambientalista dunque, in una regione, la Puglia, nella quale si lotta da anni contro il nucleare. Da sempre avvezzi a miscelare sapientemente ironia e tematiche sociali e politiche, i Folkabbestia sono così giunti nella loro carriera alla realizzazione di un album dai colori festosi, la cui cifra stilistica resta quella del gruppo, caratterizzata da una sapiente miscellanea di rock, ska e canzone d’ autore con sonorità popolari, balcaniche e folk .

La formazione barese composta dal trascinante Lorenzo Mannarini (voce e chitarre), Francesco Fiore (basso), Nicola De Liso (batteria), Fabio Losito (violino), Pietro Santoro (fisarmonica e cori), Simone Martorana (chitarra e cori) e Giorgio Distante (tromba), si è così presentata sul palco indossando tute bianche antinucleare, mentre sullo sfondo sfilavano le immagini di copertina del disco e installazioni di pale eoliche .

Un segnale di protesta dunque, ma anche una sensibilizzazione ai problemi di una società dove spesso il progresso sta a significare un’alienazione di massa e dove la tecnologia disumanizza anziché rendere liberi . La “ festa musicale” apre i suoi battenti con i brani contenuti nell’album : “ Le colpe di Roman”, con il suo scioglilingua trascinante, il cui testo affronta la tematica di un musicista gitano che per la sua origine è costretto a passare sempre per colpevole, “ Super golpe, gli adepti in tv “ è invece dedicato a tutti coloro che considerano la realtà virtuale come reale in un mondo dove i confini tra mondo reale ed immaginario tendono sempre più a confondersi.

Il viaggio visivo e musicale inizia a decollare in un sapiente gioco di luci e suoni a firma del regista Stefano Di Lauro, con la cover del celebre brano “ La donna cannone” di Francesco De Gregori, completamente rivisitato in chiave folk, nel quale la polifonicità corale delle Faraualla, risulta decisiva nell’ arrangiamento e nell’ originalità dell’ interpretazione .

Il pubblico appare entusiasta e partecipa attivamente alla performance della band barese su sollecitazione dell’ottimo performer Mannarini, capace ora di illustrare i contenuti di ogni brano, ora di trascinare in cori di sostegno ed applausi l’esibizione musicale. Seguiranno la title track “ Girano le pale”, “ Questa banda suona il folk” , “ Mediterraneo” , la filastrocca reggae-folk “ Cara Casta” in una lettera immaginaria indirizzata ad una classe politica infedele e traditrice e “ La musica popolare” .

Ospiti della serata oltre al quartetto vocale delle Faraualla anche lo storico tastierista Antongiulio Galeandro, il cui apporto all’organo hammond e le sue “ rotolanti “ tastiere risultano determinanti nel brano “ Woodstock” , un vero e proprio viaggio nel tempo per ricordare gli ideali del ’69, periodo nel quale si riusciva ancora a sognare . Le immagini di Chernobyl scorrono lievi sul grande maxi schermo posto sullo sfondo del palco, a ricordare la rappresentazione di un circo costretto comunque ad esibirsi durante la tragedia del 1986. A chiudere la scaletta prima degli acclamati bis, gli ultimi due brani dell’ album : “ Cindecinquande”, tarantella in dialetto barese, denuncia ad un Italia ancora troppo divisa e la giocosa “ Meglio tra le bestie” dalle sonorità tipicamente irlandesi.

Acclamati a gran voce dal pubblico divertito e soddisfatto, i “ Folka” (così come amano chiamarsi) hanno regalato ai fan numerosissimi ben cinque bis tratti dai precedenti album , per concludere in allegria l’entusiasmante esibizione : “ Amando Armando” , “ Nel circo ungherese”, “ Fuga in fa” , “ Breve saggio filosofico” e “ Tammurriata a mare nero” .

Ma la Casa delle Musiche continua il suo programma Puglia Sounds questa sera, con Ana Moura, cantante di fado portoghese, paragonata per il suo timbro vocale e per il suo straordinario talento alla celebre Amalia Rodrigues, in un appuntamento musicale assolutamente imperdibile.

Claudia Mastrorilli

domenica 10 ottobre 2010

Bari - Musica e Parole con 'Way to blue - The song of Nick Drake'


La Casa delle Musiche Puglia Sounds, il programma regionale per lo sviluppo del sistema musicale regionale, ha inaugurato la sua articolata kermesse ieri sera al teatro Kursaal Santalucia di Bari, vero cuore pulsante delle molteplicità attività previste, con la prima nazionale dello spettacolo “Way to Blue/ The Songs of Nick Drake”(dal titolo dell’album di Drake pubblicato postumo nel 1994), a cui seguirà questa sera una replica.

Dopo l’incontro con il pubblico avvenuto venerdì 8/10 con il leggendario Joe Boyd, produttore discografico di Pink Floyd, Fairport Convention, Rem e scopritore dello stesso Nick Drake, lo spettacolo sostenuto da Puglia Sounds in collaborazione con The Barbican Center di Londra e Auditorium Parco della Musica di Roma, rappresenta un tributo al cantautore inglese prematuramente scomparso all’età di 26 anni , con all’attivo soltanto tre dischi, capace di esprimere con le sue note ed i suoi versi, i sentimenti più profondi di ognuno di noi.

Purtroppo come spesso accade, solo dopo la sua morte avvenuta nel 1975 il “poeta maledetto” ha raggiunto la popolarità meritata, diventando ben presto un punto di riferimento per l’intero mondo musicale contemporaneo. La sua musica, circolare, delicata ed ipnotica in perfetta simbiosi tra sperimentalismo ma non per questo priva di contenuti cantautorali, ha saputo così delineare un percorso di evoluzione artistica che lo ha portato a trasformarsi nel personaggio di culto che tutt’oggi conosciamo.

Ad ideare e a dirigere il progetto, Joe Boyd, che ha visto avvicendarsi sul palco, ampliato nella sua profondità su iniziativa di Puglia Sounds, ben quattro tra le voci più rappresentative del panorama musicale inglese quali Vashti Bunyan, Green Gartside ( Scritti Politti) , Robyn Hitchcook, Teddy Thompson e gli italiani Violante Placido e Roberto Angelini . Ad accompagnarli, diretti dal direttore musicale Kate St John, musicisti di tutto rispetto: Danny Thompson (contrabbasso), Neill MacColl (chitarra) , Leo Abrahams (chitarra/effetti), Zoe Rahman ( pianoforte) , Martyn Barker ( batteria) Oli Langford (primo violino) e sei archi del Collegium Musicum di Bari (Carmine Scarpati, Antonio Papapietro, Daniela Carabellese, Paolo Messa, Francesca Carabellese, Giuseppe Carabellese).

Il concerto è strutturato in due tempi ben delineati, nei quali dopo una breve introduzione strumentale di chitarra ed archi, i vari folk singers si avvicendano sul palco per interpretare le toccanti canzoni di Drake. Primo brano in scaletta “ Fruit tree” interpretata magistralmente da Green Gartside, “Parasite” cantata dal cantautore Robyn Hitchcock, “Made to love magic” da Violante Placido, e ancora “ From the morning”, “ Place to be”, “ Which will “(Vashti Bunyan), “ Three hours”(Roberto Angelini), “Time has told me” , “One of these things first”, “Nothern sky” e “ Poor boy” (Teddy Thompson) .

Joe Boyd, si alterna sul palco ai vari artisti, presentando e declamando le struggenti parole dei testi di Drake, che affrontano temi come l’amore perduto e mai più ritrovato , la solitudine, la speranza di vivere una vita migliore e di raggiungere l’agognata serenità. Il pubblico appare entusiasta per le toccanti interpretazioni dei cantanti e per i precisi intrecci strumentali dei vari musicisti, ben sostenuti dal tappeto armonico degli archi. “ The second half” ha così inizio : “Way to blue” (Teddy Thompson), “ I remember” (Vashti Bunyan), “ Free ride” (Robyn Hitchcock e Green Gartside), “Clothes of sand” (Green Gartside), “ At the chime of a city clock” (Violante Placido), “Hanging on a star”, “Day is done”, “River man”(Teddy Thompson), “Cello song” e per concludere “Pink moon” (Teddy Thompson).

A gran voce, il pubblico in standing ovation, richiama i vari artisti sul palco per due bis, ma l’appuntamento è per questa sera alle ore 21, per uno spettacolo capace di raccontare attraverso le canzoni di Nick Drake, espressione di un malessere che lo portò alla morte giovanissimo, l’inquietudine dell’anima che si cela nel profondo di ognuno di noi.

Claudia Mastrorilli

Acquaviva delle Fonti (Bari) - Tutto per amore della musica, una serata tra amici con Goran Kuzminac


E’ partito venerdì sera dall’Oasi San Martino il “Trio Acoustic Live Tour” di Goran Kuzminac. Prima di salire sul palco, la serata è stata aperta da Paolo Gatto accompagnato dal bravissimo chitarrista Michele Montepeloso.

Paolo Gatto ha scaldato il pubblico infreddolito dalle temperature oramai autunnali di un venerdì di ottobre. Paolo ha proposto 7 brani estratti dal suo ultimo lavoro discografico “Psicologia di una coppia moderna”, partendo con “inter-rail”, un brano di augurio che racconta di una partenza e di un arrivo per poi ripartire verso nuove mete.

Paolo è splendido, simpatico, cordiale e gestisce benissimo il peso dell’apripista di uno dei cantautori più controcorrente presenti nel panorama della musica italiana, e lo ha fatto sicuramente con grande maestria. Davvero di elevatissimo livello Michele Montepeloso che ha accarezzato le sei corde della sua chirtarra come se facesse l’amore con la stessa, creando melodie nuove che si sono aggiunte alle melodie già create da Paolo.

E subito dopo, con appena pochi minuti di distacco per il consueto cambio palco, è salito sul palco Goran Kuzminac, sorridente, perché per lui la musica è filosofia di vita e d’amore. Il suo rapporto con il pubblico è splendido. Il pubblico lo adora ed ha sfidato le temperature pur di assistere a questa partenza del tour. Goran parte da solo accompagnato solo dalla sua amica fedele, la chitarra, e subito è poesia.

“Il viaggio” apre il concerto, un brano scritto dopo la scomparsa del padre, ma non una canzone triste ma bensì la promessa di un amore eterno, ma anche il racconto del continuo viaggio verso nuove mete che ogni uomo fa anche con se stesso. Goran dialoga con il pubblico, raccontando aneddoti, storie di vita, anche qualche battuta, il pubblico ride, lo segue e lo incita. Il freddo della sera di colpo è scomparso per far posto alla poesia di Goran che ha scaldato l’Oasi.

Subito dopo sono saliti sul palco i due compagni di questo viaggio, Glauco Di Sabatino alla batteria e Anchise Vetuschi al basso. L’esperienza di Glauco è lunghissima seppur giovane, da Mario Biondi a Rossana Casale, da Antonella Ruggiero a Gino Vannelli, solo per citarne alcuni. Il modo di suonare di Glauco è particolarissimo, picchia, accarezza e addirittura sembri dialoghi con la sua batteria. Straordinario anche Anchise Vetuschi,.

Entrambi seguono Goran in maniera sublime, ognuno di loro donando al pubblico presente tutta la propria musicalità. In scaletta ci sono tutte le sue più belle canzoni, in un viaggio immaginario tra il passato ed il presente. Da “Tempo” a “Canzone senza inganni”, da “Hey ci stai” a “Stasera l’aria è fresca”, ma anche brani più recenti come “Bimbi buoni” a “Primo di Sequals”.

“Siamo musicisti e facciamo un lavoro bellissimo, ma il nostro lavoro non è materializzabile” dice Goran introducendo “Mercanti di Niente”. Non manca “Monnalisa” per ricordare il suo grande amico Ivan Graziani, “Il cielo ora è sicuramente più rock da quando lui è li’” dice presentando il brano. “Come neve il tempo” ha chiuso il concerto e subito dopo Goran è sceso tra la gente a salutarla e a stringergli la mano, la gente che con lui per due ore ha cantato, per riempire il cielo di Acquaviva delle Fonti di note.

Tutti insieme per amore della vera musica.

Nicola Violante

giovedì 8 aprile 2010

Bitonto (Bari) – Incantano ed inquietano le ‘Streghe’ della contemporaneità con Elisa Barucchieri e Teresa Satalino


Un appuntamento con le donne in musica, lo spettacolo proposto ieri sera al teatro Traetta di Bitonto.

Un concerto danzato che ha visto l’unione ben assortita di musiciste , la VenusOrchestra, fondata e diretta da Teresa Satalino e la compagnia di danza ResExtensa con Elisa Barucchieri, che hanno presentato lo spettacolo “Streghe”.

Tutte rigorosamente vestite di bianco, come sacerdotesse vestali sia le orchestrali che le ballerine avanzano sul palcoscenico a piedi nudi e a passo lento prendendo ognuno il proprio posto.

La musica suadente di un flauto da inizio alle danze, mentre la luce di una luna piena illumina la scena, perché proprio nella semioscurità le streghe, ovvero le figlie della dea della luna, Diana, si riunivano nei boschi per praticare la loro religione.

La Vecchia Religione chiamata anche Sabba per celebrare otto feste legate alle fasi lunari e del sole, otto feste del fuoco e dell’acqua.
Per stare a diretto contatto della natura alcune praticavano la loro religione senza abiti e così lo esprimono le ballerine in un primo momento del loro ballo.

La commistione di musica e ballo è perfetta, incanta tanto da stregare il pubblico .
Come affascina ed ammalia la miscellanea tra musica antica e moderna.

Con disinvoltura, gradevolezza e seduzione il programma musicale spazia dalla musica barocca di Antonio Vivaldi e Johann Sebastian Bach, con il caratteristico suono dolce di violini e contrabbasso a quella moderna ed elettronica della compositrice finnica Kaija Saariaho e di Giulio Colangelo, con l’uso anche di un basso elettrico il tutto per amplificare l’incanto di un’atmosfera che volteggia tra istinto e rigore.

Volteggiano e si librano attraverso funi le ballerine , Elisa Barucchieri, Anna Moscatelli, Alice Mundschin mentre Serena Brindisi e Anna Maria Masi recitano e cantano, proiettandoci attraverso il ciclo della Natura, dal solstizio d’inverno (Yule) il giorno più buio dell’anno, al risveglio della Natura con la Candelora, al solstizio d’estate fino al Samhain (Halloween) , dove la Natura si spoglia e si addormenta per prepararsi al nuovo ciclo della vita.

Le streghe-Ballerine ci portano in questo viaggio lungo un anno attraverso il mistero delle parole e dei segni, celebrando lo stretto legame che unisce il corpo e la forza generatrice, il suono e la natura, lo spazio e il tempo.

Anna deMarzo

lunedì 18 gennaio 2010

Bari - Francesca Reggiani in ‘Tutto quello che le donne (non) dicono’ quadro di un italiano medio


Lo spettacolo portato in scena al Nuovo Palazzo di Bari dalla brava attrice Francesca Reggiani, “Tutto quello che le donne (non) dicono” è un monologo recitato tutto d’un fiato che racconta e mette alla berlina i nuovi miti odierni : tronisti, veline, donne single (non per scelta) che a 40 anni rincorrono feste su feste per trovarsi al momento e al posto giusto per trovare quello “Che le si piglia”, ex mariti grigi e musoni che di colpo ringiovaniscono e si sentono i protagonisti dei libri di Moccia.

La Reggiani con la sua pieces teatrale, descrive in modo impertinente un mondo reale e privo di contenuti che ci circonda.

Così il primo personaggio portato in scena e una ragazzina di 17 anni, aspirante “Velina” (nuova professione in voga tra le giovanissime. Ma esisterà un albo professionale con la qualifica “Velina”?).
Credenziali richieste : Non saper fare nulla, ma essere disponibile a 360°.

Se si domanda a queste giovanissime :E’ più importante la bellezza o l’intelligenza? In coro ti risponderanno la Bellezza, perché nessuno ha mai dato una pacca sull’intelligenza.
Giovanissime che saltano da una trasmissione all’altra in varie ospitate e quando nessuno più le si piglia si scaraventano in politica.
Per la Reggiani ormai politica e spettacolo sono mischiati tra loro in quanto in ambedue i casi non esiste più professionalità.

Non sono sottratti alle critica dell’attrice, anche i giovani che aspirano ad essere tronisti. Anche in questo caso i requisiti richiesti sono non saper far nulla, avere tanti tatuaggi ed essere insolenti.
Ma a difendere queste figure entra in campo Maria De Filippi (imitata dalla Reggiani) e madre della trasmissione “Uomini e donne” che ha un alto indice di share direttamente proporzionale al vuoto mentale dei protagonisti.

Segue poi l’imitazione di Sophia Loren con la sua veracità napoletana, del ministro Gelmini e la sua cadenza bergamasca, alla spontaneità e procacità di Sabrina Ferilli e dello psichiatra Vittorino Andrioli.

I temi portati in scena dalla Reggiani riguardano il ritratto dell’italiano medio.

Un italiano che ha un concetto vago dell’Italia e che per lo più coincide con l’idea di Nazionale Italiana.
Di italiani che rincorrono i chirurghi plastici, che alla faccia della crisi acquistano SUV, che si separano con l’arrivo dei figli e che danno origine ad una generazione di single.

Insomma ridendo e ridendo, lo spettacolo della Reggiani ci porta davanti ad uno specchio facendoci riflettere sulla nostra vita quotidiana e sul nostro modo di essere.

Lo spettacolo “Tutto quello che le donne (non ) dicono” è scritto dalla stessa Francesca Reggiani con Valter Lupo e Gianluca Giugliarelli.

Anna deMarzo

venerdì 15 gennaio 2010

Bari – Aldo Moro ‘ritorno a casa’ nel suo Ateneo. Napolitano ricorda l’eredità morale e di pensiero dello statista


Quando nel 1975 ricevette il sigillo d’oro dell’Università di Bari, disse “lego completamente la mia vita a quella di questo Ateneo”.

A parlare ero lo statista Aldo Moro, che ne aveva frequentato le aule prima come studente e poi come docente. Dopo 35 anni, quel legame oggi è stato ribadito con più tenacia. Nel corso di una solenne cerimonia, alla presenza di Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica italiana, l’Università del capoluogo pugliese è stata intitolata alla figura di Aldo Moro.

E’ un battesimo carico di valore che fa dello statista ucciso dalle brigate rosse nel 1978 un esempio da offrire per sempre alla società e soprattutto ai giovani. All’evento, che si è svolto nel teatro Petruzzelli di Bari, hanno assistito anche i rettori di gran parte delle università italiane. In prima fila, accanto a Napolitano, i due figli di Aldo Moro, Agnese e Giovanni. Vicino, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, il ministro Raffaele Fitto, il deputato del Pd Massimo D’Alema e poi i rappresentanti delle istituzioni locali: il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e quello del consiglio regionale Pietro Pepe, il sindaco del capoluogo pugliese Michele Emiliano e il governatore della Provincia di Bari Francesco Schittulli.

“Oggi è come un ritorno a casa – ha detto Agnese Moro – perché in nessun altro luogo mio padre può sentirsi più a casa se non nella sua città e nel suo Ateneo”.

Napolitano, che ha ricevuto dal rettore dell’Università di Bari, Corrado Petrocelli, il primo sigillo d’oro, ha sottolineato la necessità di appropriarsi dell’eredità morale e di pensiero di Aldo Moro, della dedizione incondizionata allo studio e al ruolo di educatore, in un momento critico del sistema universitario. Le riforme, come quella presentata in Parlamento, ha detto, sono necessarie così come è necessaria la consapevolezza di lavorare “su un’ottica di lungo periodo e non sulla base di impostazioni contingenti, asfittiche, di corto respiro cui corrispondono conflittualità deleterie”.

Principi tanto più veri per il Mezzogiorno del Paese e l’Università di Bari in particolare di cui il presidente della Repubblica ha riconosciuto il cammino di crescita dalla seconda guerra mondiale in poi. Di difficoltà ha invece parlato il rettore Corrado Petrocelli sottolineando l’allarme per i fondi tagliati alla ricerca di base. “La conoscenza non è un lusso, è una necessità – ha sottolineato - è la base per rendere il nostro Paese competitivo e salvarlo dal declino”.

A pagarne le spese più grosse è sempre il Sud Italia. Le borse di studio nel meridione soddisfano solo il 60,7 per cento degli aventi diritto, a fronte del 98,1 per cento del Nord e del 95,6 per cento del Centro. Ma malgrado tutto, l’Ateneo barese guarda al futuro con spirito positivo grazie ai risultati raggiunti nella ricerca, ai progetti di innovazione e ai maggiori servizi garantiti agli studenti, al dialogo intessuto con le altre istituzioni accademiche pugliesi per un’ipotesi federativa, alla forte cooperazione con enti nazionali e internazionali.

E’ un’idea di Università che si avvicina molto a quella di Aldo Moro, che la immaginava come un ponte “che supera gli ostacoli e al contempo unisce, avvicina, accorcia le distanze e rende possibile l’incontro”.

Daniela Vitarelli

giovedì 14 gennaio 2010

Bari – ‘Le perfezioni provvisorie’ di Gianrico Carofiglio


L’attesa palpabile di poter sfogliare le pagine intonse e, ancora, odorose di stampa, un’aria rilassata, familiare, un pubblico attento e trasportato…questo si percepiva, ieri sera, nei locali del megastore Feltrinelli di Bari.

Insieme a Gianrico Carofiglio si è attesa la mezzanotte per l’uscita del suo nuovo lavoro ‘Le perfezioni provvisorie’.
Come bachi da sete i colli, contenti le copie dei libri, si sono ‘schiusi’ a mezzanotte dando vita a farfalle che vibreranno nell’aria come già hanno avuto modo di fare i suoi lavori precedenti.

Ancora una volta Carofiglio sceglie una tipologia diversa per presentare il suo lavoro optando per deliziare i presenti con l’esecuzione di brani al pianoforte.
Il magistrale Mirko Signorile ci trasporta all’interno del romanzo con brani che sembrano materializzare le scene che coinvolgono il protagonista del libro, l’ormai famoso avvocato Guerrieri.
Una silente tragicità si coglie dalle note di ‘Chelsa Hotel’, da quelle di ‘Piano Man’ sino a giungere alla ritmicità malinconica della ‘Canzone dell’amor perduto’.

Così si alternano letture di passi del romanzo alla musica che inebria e trasporta.
Il viaggio di Guerrieri si compie. Percepiamo la sua solitudine venata di malinconia nelle sue ore private. I ricordi si sommano e quel divenire che prima sembrava non spegnersi mai, quella perfezione che forse ci appartiene per un breve lasso di tempo sembra svanire con la consapevolezza dell’età matura…una perfezione provvisoria..
Si cercano, però, antidoti personali a questa malinconia, Guerrieri sceglie il consueto senso dell’umorismo, la musica, i libri e le surreali conversazioni con il sacco da boxe, nel soggiorno di casa e decide, inoltre, di lasciarsi trasportare da un nuovo intrigante caso.

Tutto inizia quando un collega gli propone un incarico insolito: cercare gli elementi per dare nuovo impulso a un’inchiesta di cui la procura si accinge a chiedere l’archiviazione. Manuela, studentessa universitaria a Roma, figlia di una Bari borghese e opulenta, è scomparsa in una stazione ferroviaria, inghiottita nel nulla dopo un fine settimana trascorso in campagna con gli amici. Guerrieri esita ad accettare l’incarico, più adatto a un detective che a un avvocato. Poi, scettico e curioso a un tempo, inizia a studiare le carte e a incontrare i personaggi coinvolti nell’inchiesta. Tra questi, la migliore amica di Manuela, Caterina. Una ragazza molto - troppo - giovane, bella e immediata al limite della sfrontatezza. In parallelo con l’indagine, nasce e si sviluppa l’amicizia con Nadia (che i lettori di Carofiglio hanno già incontrato in Ad occhi chiusi), donna singolare e affascinante, dal burrascoso e ambiguo passato.

Si è continuato con un brano tratto dal triste film Philadelphia…per poi giungere alla colonna sonora –così come l’ha definita lo stesso autore- del libro identificata con ‘I don’t want to talk about it’.
Una colonna immaginaria, certo, che si sviluppa nella mente di Carofiglio che, ancora una volta, regala ai lettori personaggi incredibili dimostrando una capacità straordinaria d’indagare e raccontare la natura umana.

Luana Martino

domenica 10 gennaio 2010

Bari - Quintetto X: elegante e sensuale Rosalia De Souza spessore e dinamismo di Bosso e Partipilo ... un successo!


BOSSO E PARTIPILO: IL VALORE AGGIUNTO DEL QUINTETTO X

C’era grande attesa per l’inaugurazione del teatro F.OR.MA, una nuova struttura realizzata nella vecchia sede di Telebari in via Fanelli. Il contenitore culturale, che dispone di 277 posti a sedere e di un palcoscenico di circa 100 mq, si va ad aggiungere ad altri di analoghe dimensioni di cui si è arricchita la città in questi anni.

La denominazione fa riferimento alla Fondazione Orfeo Mazzitelli, intelligente imprenditore, compianto fondatore di Telebari, e pioniere delle televisioni libere in Puglia. Nella messa in opera del teatro è stata particolarmente curata l’acustica e le rifiniture interne. Il cartellone, con un programma diversificato (jazz, leggera, elettronica e cabaret di qualità), si inserisce autorevolmente nel pluralismo culturale della città.

Per il primo appuntamento della stagione è stato scelto quel Quintetto X che a metà degli anni ‘90 rappresentò una delle esperienze musicali più felici della scena barese. Nato da un’idea di Nicola Conte, musicista e produttore, e dal suo amore per la musica brasiliana, il gruppo si è formato nel centro culturale Fez. Il jazz è inteso come una intuizione, un atto spontaneo che esalta il ritmo e il movimento, e in questo senso la collocazione più consona appare proprio nella musica sudamericana.

Poi Conte incontra a Roma Rosalia De Souza, cantante brasiliana, e l’idea si definisce in progetto. Rosalia è nata a Rio De Janeiro nel quartiere di Nilopolis, autentica scuola di samba a cielo aperto, ed è venuta in Italia per perfezionarsi. Dunque, chi meglio di lei ha la voce giusta per il quintetto? Il progetto si concretizza così in un disco, “Novo Esquema de Bossa”, che conquista i consensi della critica e del pubblico più attento.

Il gruppo, dopo un certo periodo di notorietà negli ultimi anni si è defilato, ma non ha perso lucidità. Così gli organizzatori lo hanno scelto per l’inaugurazione e hanno richiamato Rosalia, che in questi anni si è conquistata una grande popolarità con altri tre dischi all’attivo e una nutrita attività internazionale. Nell’ensemble sono stati invitati come ospiti d’eccezione Gaetano Partipilo al sax, e Fabrizio Bosso alla tromba. Risultato: i biglietti sono andati a ruba!

Il concerto si snoda senza enfasi, con naturalezza e semplicità. Rosalia, snella, affascinante, solare, ha sangue caliente ed è ricca di comunicativa. Il pubblico sa bene che sarà presentata una carellata di brani tratti da tutta la produzione del Quintetto e di De Souza. E così è, infatti: “Senza paura”, “Diplomacia”, “C’è più samba” (del repertorio di Mina), “Samba Longe”, “Carolina Carol Bela”, “Dias De Carnaval”, “Luiza Manequim”, sono tutti brani tratti dai rispettivi lavori discografici. E’un misto di bossa nova, afro, jazz e pop che ha assunto una non meglio identificata denominazione di “Nu-bossa”. In realtà si riconosce un linguaggio che vuole unificare tradizione e modernità, accostando le sonorità degli anni ’60 all’elettronica.

Ci sono tutti gli elementi noti della musica di Carlos Jobim, De Moraes, Pascoal, ma anche Veloso, Joao Gilberto, Toquinho, Chico Barque, calati in un’atmosfera jazzata che è la contaminazione ideale per due modi di esprimersi che, pur sviluppatisi in luoghi diversi, hanno la stessa matrice africana. La musica sudamericana descrive, alla stessa maniera di quella italiana, il senso comune dei sentimenti, e la ricerca della felicità racchiusa nella nostalgia.

Lo fa con una intimità elegante e sensuale al tempo stesso, così come Rosalia si muove con eleganza e sensualità sul palco, accennando qua e là passi di danza. La sua voce è come la carezza “di un velluto, di una brezza”, come la definisce Nicola Conte. Molto interessanti i brani del suo ultimo lavoro discografico, “D’improvviso”, uscito un anno fa: la title-track è cantata nella nostra lingua, in omaggio all’Italia.

L’ingresso di Bosso e Partipilo merita un discorso a parte. I due hanno aggiunto spessore e dinamismo ad un concerto di per sé già consistente. Il calore della tromba, la tonalità graffiante del sax sono stati un valore aggiunto che hanno entusiasmato il pubblico, a cominciare dalla splendida esecuzione di “Tutu” di Miles Davis, agli assolo strepitosi in cui anche le pause degli altri avevano funzione. Gli stacchi improvvisi, le ripartenze, i duetti serrati, gli inserimenti corali con l’instancabile Galeandro al flauto traverso, hanno impreziosito di jazz puro il samba di Rosalia. Applausi a scena aperta e gran finale con bis a ruota libera, senza tanto guardare l’orologio. Il virtuosismo nei vocalizzi della cantante hanno infine placato un pubblico affascinato e insaziabile.

Al pianoforte Piersante Vincenti, alle chitarre Francesco De Giosa, al basso Marcello Piarulli, alla batteria Fabio Accardi, al flauto Anton Giulio Galeandro.

Gianfranco Morisco

domenica 3 gennaio 2010

Bari – Le malizie di una ‘Locandiera’ di Andrea Buscemi con Eva Robin’s


L’Anno Nuovo al Teatro Piccinni di Bari, con la rassegna "Actor" del Teatro Abeliano, si inaugura con l’atto unico dello spettacolo "La Locandiera" di Carlo Goldoni, con Eva Robin’s (Mirandolina), Andrea Buscemi, Renato Raimo, Riccardo De Francesca, Giorgio Reali, per la regia di Andrea Buscemi, produzione Peccioli Teatro.

Andrea Buscemi oltre che attore (interpreta lo spiantato marchese di Forlipopoli), ne ha curato anche la regia, puntando su una scenografia minimalista e che non si modifica in nessun caso, anche se durante la rappresentazione si comprende che la scena si svolge ora nella sala da pranzo, ora nella camera da letto o nella cucina della locanda.

La protagonista è Mirandolina, interpretata da una statica Eva Robin’s, che ha dato vita ad una locandiera fiorentina che fuoriesce dai canoni della commedia goldoniana e dagli schemi della Commedia dell’Arte, presentando una donna che conscia della sua bellezza la usa come mezzo per raggiungere i suoi scopi senza mai concedere nulla in cambio e che ammicca al pubblico esponendo i suoi commenti reconditi.

Goldoni con quest’opera sembra fare un’attenta psicoanalisi del mondo femminile o meglio ancora dell’arte della seduzione usata non per cercare marito ma praticata per i propri interessi, personificando i nuovi ideali della classe media emergente all’inizio del 1700.
Come satellini ruotano attorno a Mirandolina i personaggi decadenti dello stesso periodo, i nobili.

Troviamo il ricco conte di Albafiorita(Riccardo De Franceca), lo spiantato marchese di Forlipopoli (Andrea Buscemi) ed il misogino cavaliere di Ripafratta (Renato Raimo).

Se il personaggio cardine della Locandiera di Goldoni è Mirandolina, in quello presentato al Piccinni emerge senz’altro il marchese di Forlipopoli, ossia il bravo Buscemi, che ha dato vita ad un esilarante personaggio, una macchietta che ha divertito il pubblico e che concedeva perché nulla aveva la sua “protezione” a Mirandolina.
Molto bravo anche il nostro corregionale Renato Raimo, nella parte di un cavaliere rustico nemico giurato delle donne tanto da non darne alcuna confidenza ma nell’arco di una giornata grazie alla “scioltezza del parlare” e alla malizia della locandiera riesce ad innamorarsene.
Non da meno Riccardo De Francesca, rivale in amore del marchese.

Ma Goldoni non poteva estromettere di colpo la Commedia dell’Arte e così affiorano solo due personaggi che la personificano : Ortensia e Dejanira, due donne in antitesi alla protagonista. Mirandolina , scaltra, attenta ma allo stesso tempo molto femminile e le due commedianti che tentano di raggiungere lo stesso scopo della locandiera in maniera più cialtrona ma con i loro modi non raggiungono alcuno scopo.

Ma come sempre fra i due litiganti il terzo gode, ed anche in questa commedia chi gode è Fabrizio (Giorgio Reali) che interpreta il fedele cameriere segretamente innamorato della locandiera, nonché suo futuro sposo.

Morale della favola ‘non lasciarsi mai ingannare dalle lusinghe di una donna, pardon di una locandiera.

Anna deMarzo