venerdì 30 novembre 2007
Bari - La leggerezza della linea musicale di Cesare Picco a Time Zones 2007
Larkin Grimm
Matt Elliot Orchestra
Cesare Picco feat.Taketo Gohara
Teatro Royal- Bari- 29 novembre 2007 –
La ventiduesima edizione del festival Time Zones, non poteva concludersi meglio con l’esibizione di due grandi musicisti: il song writer di Bristol Matt Elliott e il trentottenne pianista di Vercelli Cesare Picco. Due artisti diversi per genere, ma che hanno in comune la stessa capacità di trasportare l’ascoltatore in un immaginario sonoro difficilmente definibile.
Le due coinvolgenti esibizioni programmate al teatro Royal di Bari, sono state anticipate dalla proiezione di un toccante documentario di immagini di repertorio dalla Cineteca pugliese, in ricordo del trentennale della morte di Benedetto Petroni, assassinato il 28 novembre del 1977 dai fascisti.
Un fuori programma, molto gradito dal numeroso pubblico, così come la breve performance della cantautrice californiana Larkin Grimm che, con la sua vocalità travolgente e appassionata, ha saputo regalare al pubblico barese momenti di intensa emozione.
Sono circa le ventuno e trenta quando il compositore piemontese Cesare Picco, artista eclettico dotato di un pianismo libero da ogni schema, accompagnato sul palco dal producer italo-giapponese Taketo Gohara, comincia la sua travolgente performance.
Il talentuoso compositore, cresciuto tra Ravel, Bach e Bill Evans, è infatti un musicista non stereotipato. Attraverso le sue composizioni si respira un universo sonoro composito, dove la formazione classica ben si sposa con il jazz, l’elettronica ed i ritmi sudamericani. Nel suo curriculum d’autore si alternano composizioni per il teatro d’opera, per il balletto (è il musicista prediletto di Luciana Savignano), per il cinema e arrangiamenti pop d’autore (Ligabue).
Con “My Room-Groovin’ Piano”, l’album d’esordio di due anni fa (presentato alla Feltrinelli Libri & Musica di Bari nel maggio 2005), “Bach to me” (reinterpretazione personale di alcune pagine bachiane) e il recentissimo “Light Line”, Picco si colloca tra i grandi del pianismo italiano (Giovanni Allevi, Ludovico Einaudi, Stefano Bollani, Danilo Rea), ma anche uno dei musicisti più apprezzati nel Sol Levante. “Light line” è il risultato della contaminazione tra le diverse culture che ruotano intorno al pianoforte dell’artista piemontese alla ricerca di una leggerezza nelle forme il cui obiettivo primario è la riscoperta di una profondità interiore. Compagni di viaggio del musicista per la realizzazione dell’album, oltre che Taketo Gohara anche lo spagnolo d’adozione Matteo Malavasi, dal suono decisamente salsero e latin ed il giovanissimo batterista milanese Nik Taccori.
Sul palco di Time Zones, il pianista ha presentato alcuni brani tratti dal suo ultimissimo progetto discografico ed alcuni inediti, sempre coadiuvato dagli interventi discreti e misurati del sound designer Gohara, artefice di un’elettronica umanizzata con i suoi interventi in real time su campionatori e teremin. Ad aprire il concerto è il brano “Whisper”, cui seguono “L’orologio” e “The River”, una composizione ispirata della quiete apparente del movimento delle acque che ben si esprime nell’articolato e fluido processo compositivo. Seguirono “Sambaista”, dalle sonorità sudamericane, la dolcissima “October”, con qualche riferimento alle melodie orientaleggianti del maestro Sakamoto, “Il tuo respiro”, nella quale il tocco lieve e vellutato di Picco sembra dare spazio alla forza del silenzio, e la travolgente “Autumn leaves”.
A suggellare la prestigiosa rassegna, diretta coraggiosamente da Gianluigi Trevisi, il concerto del cantautore Matt Elliott, l’ex leader dei Third Eye Foundation (formazione di Bristol, città anche dei Massive Attack e Portishead). Il pubblico appare incuriosito e desideroso di ascoltare un’artista che più di ogni altro ha saputo evolversi. Un percorso artistico partito dalle sperimentazioni industriali ed elettroniche, poi approdato nella riscoperta delle tradizioni classiche ed acustiche, il folk mitteleuropeo.
Una miscela sonora decadente e malinconica, permeata di romanticismo per esprimere il tormento interiore del raffinato chansonnier inglese, da qualche anno residente in Francia. Nella performance barese, Matt Elliott ha alternato brani del suo recente album “Failing Songs” con alcuni dei precedenti “The Mess We Made” e “Drinking Songs”. Testi disperati che esprimono il dissenso del musicista per un mondo liberal-militare verso cui ogni intervento umano appare vano.
L’accettazione passiva di questo stato, rappresenta il leit motiv dell’intero progetto discografico, un malessere che deriva dall’impotenza umana verso un destino ineluttabile e spietato ben rappresentato nel brano simbolo “Gone”.
Claudia Mastrorilli
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