PHOTOGALLERY by Egidio Magnani

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domenica 28 settembre 2008

Bari – Vasco Rossi rock star indiscussa e la magia dei suoi brani


“Spinoza diceva che chi detiene il potere spera sempre che la gente sia ammalata di tristezza”. E’ questa la massima evocata dalla grande rock star per dare il benvenuto al pubblico dell’Arena delle Vittorie a Bari. Dopo i raddoppi di Bologna e Torino, Live Nation Italia ha avuto il piacere di annunciare un secondo concerto di Vasco Rossi anche a Bari.

L’appuntamento del 26 e 27 settembre nel capoluogo pugliese ha mobilitato solo per la prima serata circa trentamila persone e per “l’ondata effetto tsunami” il Comune ha predisposto un piano ad hoc per la mobilità, che ha permesso a tutti di raggiungere ordinatamente i luoghi del concerto. Possiamo definirlo “un caos ordinato”; l’evento Vasco Rossi ha seguito l’evento Fiera del Levante in ogni i senso, mobilitando tutto un vissuto al di fuori dell’Arena, prima e dopo il concerto, fatta di venditori occasionai di gadget, camper-paninoteche ambulanti ed altri fantasiosi venditori che sono riusciti, favoriti soprattutto dalle zone rese a traffico limitato, a creare l’atmosfera distensiva e goliardica delle feste di piazza dopo “la vita spericolata” del concerto.

Un pubblico ordinato, composto da targhet variegato ha invaso il prato e le gradinate, giovani e meno giovani, spesso famiglie composte da due tre generazioni, quasi a voler testimoniare la trentennale carriera del mitico e intramontabile Vasco Rossi. Per più di due ore la trasgressiva rock star dal fascino tipicamente italiano, ha tenuto i suoi fan con lo sguardo incollato al palco definito
“Un mostro di ferro vero”. Infatti il palcoscenico su cui Vasco si muove è davvero maestoso, a dir poco spettacolare, ricco di effetti speciali, con due maxi schermi laterali che permettono all’intero pubblico ovunque posizionato di seguire in ogni sua performance l’impareggiabile Vasco.

Ideato dallo studio Gio Forma, è largo 70 metri, profondo 22 metri, alto 25 metri, per un totale di 903 metri quadri di piano calpestabile. Le sue principali caratteristiche sono: un fondale semicircolare che si sviluppa per 42 mt., composto da circa 1000 specchi convessi che riflettono tutto ciò che c’è intorno.

Di altissima tecnologia i 2 megaschermi ad altissima definizione di tecnologia MiStrip che rimandano le immagini dal palco e per finire1 gigantesco anello ellittico centrale sospeso in aria, composto da 300 barre MiStrip luminose per effetti ed immagini dall’alto; 2 passerelle semicircolari laterali, lunghe 20 metri che materialmente e non solo metaforicamente entrano fra il pubblico, “ per abbracciare gli spettatori”, facendoli sentire come se fossero tutti sul palco. Ma non è finita! Il tocco di magia finale viene dato dal gioco di luci, studiate dal light design Giovanni Pinna che riesce a creare un effetto alquanto surreale.

E’ uno spettacolo potente, di rock duro, molto coinvolgente. Vasco Rossi dal palco trasmette al suo pubblico la sua solita rabbia e incredibile forza, coadiuvato anche dalla sua storica band ai massimi livelli di energia e affiatamento.

Come in ogni concerto di Vasco anche qui c’erano tutti gli ingredienti che rendono la partecipazione all’evento – concerto un’esperienza straordinaria ed irripetibile per i tantissimi fan e non solo… Infatti anche chi per la prima volta fa questa esperienza senza dubbio ne esce partecipe. Sicuramente qualcosa di speciale contribuisce in modo particolare a rendere la partecipazione indimenticabile. L’”Approccio nichilista”, continuamente dimostrato da Vasco Rossi, produce sempre il suo fascino, soprattutto perché dettato da un convincimento interiore, che sempre coinvolge il pubblico.

L’incipit è “Qui si fa la storia”. Fin dai primi rintocchi si percepisce che non dà un attimo di tregua. In una strana serata di fine settembre dalla temperatura quasi invernale, con un cielo plumbeo che minaccia pioggia per l’intera durata del concerto, tiene tutti con il fiato sospeso dal primo all’ultimo brano. La scaletta si compone di più di 30 brani, che tengono conto dell’anima e del ritmo di tutta la produzione di Vasco. Le nuove canzoni, ci sono tutte, o quasi tranne “Non vivo senza te” e “Ho bisogno di te”.

Tutto il repertorio è abilmente collegato alle tematiche che più frequentemente si ripetono nelle sue canzoni e ci fanno vivere la vera anima di questo artista, che lo rende nei confronti del tempo inossidabile. Lottare contro l’ipocrisia, l’intolleranza, i limiti alle libertà individuali, l’indifferenza e contro tutto ciò che ci propina passivamente la televisione e la civiltà dei consumi, è e continua ad essere il fulcro e l’ingrediente fondamentale della “poesia” di Vasco, che ancora riesce a farci sognare “una vita spericolata” fuori dalla quotidianità.

Non è stata casuale la scelta di brani come “T’immagini” e “La Noia” particolarmente attinenti a “Il mondo che vorrei” , di grande attualità in una società come la nostra in cui i meccanismi più perversi che tengono in piedi la mondanità non tendono certamente a trasformarsi in positivo. Infatti canzoni come “Non appari mai”, “L’uomo che hai qui di fronte” e “Gli spari sopra”, ci dimostrano la continuità e la coerenza dell’artista nel suo percorso canoro.

E ancora…. brani di grande intensità come “Un senso” e “Sally” e poi ….momenti puramente ricreativi, tra sesso e rock’n roll, con canzoni come “Gioca con me”, ultimo singolo per le radio.
Per congedare il suo pubblico Vasco propone una “Vita spericolata” che canta in versione acustica, pianoforte e voce ed infine l’indimenticabile “Alba Chiara”.

Dopo trenta lunghi anni di carriera e i traguardi raggiunti, tutti cercano di comprendere il segreto di tanta longevità artistica da ritrovarsi sicuramente nella disarmante semplicità con cui Vasco si rivolge fin dagli esordi al suo pubblico: “Io nella musica sono onesto e sincero, dico cose che altrimenti non direi neanche all’amico più fidato.”

Maria Caravella

domenica 14 settembre 2008

Bari - Il silenzio della musica immortale di Ennio Morricone


In una Feltrinelli gremita ed incuriosita, il maestro Ennio Morricone, vera e propria icona della musica internazionale, ha incontrato questa mattina il pubblico barese, ad anticipare il concerto previsto per questa sera presso l’Arena della Vittoria annullato purtroppo per danni strutturali e strumentali dovuti alle avverse condizioni atmosferiche.

Visibilmente commosso ed emozionato ha regalato momenti di intensa emozione, rispondendo con straordinaria generosità ed umiltà alle domande che il prof.Pierfranco Moliterni (docente di Storia della Musica all’Università di Bari) gli ha posto, a partire dai suoi esordi musicali a Roma, dove si diplomò in tromba, strumentazione per banda e composizione (con Goffredo Petrassi) al Conservatorio di Santa Cecilia e dove mosse i suoi primi passi artistici facendosi notare per il suo incontenibile talento dal grande Nino Rota, ma anche da Raffaele Gervasio e Dino Asciolla.

A quei tempi, come asserisce lo stesso maestro, “ bisognava lavorare anche come arrangiatore, e questo mi ha formato ulteriormente come musicista a tutto tondo, applicandomi nello studio della musica da camera “. Non va dimenticato che il Maestro Morricone insieme all’altro Premio Oscar Luis Bacalov (Il Postino) per diversi anni sono stati gli arrangiatori dell’RCA etichetta discografica nella quale militavano artisti come Morandi, Paoli, Tenco e Dalla.

Ma il legame con la nostra terra, si rafforza nel 1990, al festival Time Zones (del quale è presidente onorario) con un indimenticabile concerto al teatro Petruzzelli. E proprio ricordando il maestro Nino Rota che il professor Moliterni chiede “ come si fa a conciliare la scrittura della cosiddetta musica da film con quella “ assoluta” ?
Esiste una profonda divergenza tra le due, anche se non esiste una musica di serie A ed una musica cosiddetta minore, asserisce il compositore : la musica da film è complementare ad un’altra opera, quella cinematografica, e per questo deve essere soggetta ad alcuni particolari vincoli storici e dettati dalle esigenze ben precise del regista, che va per questo rispettato,

e ben difficilmente può restare autonoma . La musica “ assoluta” rappresenta invece la necessità primaria che ha il compositore di esprimere il suo mondo interiore, la sua urgenza primaria di voler comunicare agli altri una propria idea “. E per i primi dieci anni della sua intesa attività artistica ( 50 anni di carriera e più di quattrocento colonne sonore e cento composizioni di musica assoluta ), Morricone si è cimentato prevalentemente nella scrittura cinematografica per poi tornare all’essenza della composizione musicale, quasi a voler “ rispondere “ ad alcune esigenze musicali di musicista integrale e a cercare una nuova strada di “ riscatto” ai condizionamenti esterni.

Un’altra novità, come lo stesso Moliterni asserisce, è quella dell’ introduzione di strumenti solisti quali la viola ed il flauto di Pan, magistralmente suonato da Gheorghe Zamfir in alcuni celebri brani di “ C’era una volta in America”, idea nata proprio dalle immagini flash back del protagonista nell’età giovanile e poi diventato vero e proprio leit motiv dell’ intera colonna sonora, a sottolineare le scene di violenza del film .

Ma momenti di intensa emozione sono sopraggiunti quando, illustrando la pubblicazione del suo ultimo disco e dvd “ Note di Pace” ( registrato lo scorso anno in piazza San Marco a Venezia) , il musicologo gli ha chiesto di spiegare la nascita della composizione “ Voci dal Silenzio” presente nel disco. “ Il brano fu scritto dopo la strage delle Twin Towers - ricorda Morricone – ed io mi trovavo in studio di registrazione per terminare le incisioni della colonna sonora “ Il gioco di Ripley” di Liliana Cavani . Volevo ricordare quel terribile momento ma poi mi resi conto che era riduttivo ricordare solo quella tragedia a cui i mass media diedero già così tanto risalto, per questo decisi di dedicare la mia composizione alle vittime di tutti i disastri della storia, spesso dimenticati. In “ Le voci dal Silenzio” si odono infatti lievemente alcune voci lontane.

Sono le voci dei popoli abbattuti dal colonialismo di cui oramai non si fa più memoria. La musica ha il grande compito di indurre una riflessione più profonda affinché non accadano più tragedie di questo genere.” Alcune lacrime solcano il viso del maestro ed il pubblico, si scatena in un fragoroso ed interminabile applauso. Spazio poi, alle numerose domande del pubblico, tra cui l’interessante intervento del compositore Salvatore Sica riguardo l’utilizzo dei campionatori nella musica moderna a volte dettato da esigenze economiche. “ Non ho mai avuto pregiudizi sull’ uso di certe macchine, anche se ritengo sia inutile l’utilizzo delle stesse come sterili riproduttori di strumenti acustici, la cui timbrica ed il cui calore risultano essere per alcune caratteristiche dello strumento stesso inimitabili.

E’ invece più interessante l’uso creativo delle stesse, con l’invenzione di suoni innovativi da introdurre anche in ambito compositivo. In ogni caso non bisogna dimenticare mai, anche quando non si ha a disposizione un’ orchestra vera e propria , la scrittura musicale orchestrale “ .

Ennio Morricone, saluta così il suo pubblico concedendo, autografi e stringendo le mani di coloro che hanno avuto l’onore, solo per un’attimo, di avvicinarlo .

Claudia Mastrorilli

Bari - Cinema in libreria. A Bari si può. Ferzan Ozpetek, Isabella Ferrari, Domenico Procacci 'Un giorno perfetto'


Cinema in libreria. Da anni a Bari si può.

Con la rassegna “Pellicole a colloquio” diretta da un cinefilo di grande passione per la settima arte, Angelo Ceglie, è possibile interagire con incontri sempre emozionanti con attori, registi e produttori.

Ad aprire il mese di settembre per giungere così al suo nono appuntamento annuale è stata la volta di un film che ha presenziato alla poco passata rassegna cinematografica della Mostra di Venezia: “Un giorno perfetto”, pellicola tratta dall’omonimo libro della scrittrice Melania Mazzucco, la quale ha lasciato i diritti d’autore al produttore pugliese Domenico Procacci.

Come i leoni di Davide Ferretti hanno visto sul red carpet la presenza di Isabella Ferrari e del regista Ferzan Ozpetek, anche la Feltrinelli di Bari ha ospitato il regista e l’attrice con la presenza silenziosa del produttore Domenico Procacci lo scorso venerdì. Giunti in orario, i protagonisti si sono prima concessi ai microfoni di televisioni private e giornalisti di carta stampata, poi ad un pubblico che pazientemente ha atteso le varie formalità di circostanza.

Ferzan Ozpetek si è presentato per la prima volta, utilizzando un soggetto, una sceneggiatura già scritta. Ha interagito per i primi venti minuti dell’incontro con la giornalista Antonella Gaeta (Repubblica), la quale ha percorso le tappe della nascita, dell’uscita e delle emozioni che il film insindacabilmente trasmette. Il regista, non nuovo ad una sua presenza a Bari, lo fece con il suo “Saturno Contro”, solo l’anno scorso, ha confermato le sue emozioni e la sua voglia per un film che si allontanasse da una storia da lui stesso raccontata ma che si rifacesse ad una storia scritta da altri.

Il rapporto con la scrittrice Mazzucco, ha spiegato, è stato prolifico a livello intellettuale, e la stessa scrittrice in un primo momento temeva di vedere un film che seguisse di pari passo il suo libro, invece ho visto sullo schermo “Un giorno perfetto” di Ozpetek. È stata la volta dell’attrice Isabella Ferrari, avvenente nella sua semplicità, la quale si ritrova con due film all’attivo in sala, non scordiamo “Il seme della discordia” di Pappi Corsicato, anch’esso reduce dal red carpet veneziano. Due film che vedono due interpretazioni diverse e contrastanti e a parere di molti l’ultimo film citato non renderebbe merito ad un’attrice versatile e sempre emozionante nelle sue varie interpretazioni.

Al di là di tutto è apparsa una Ferrari serena, dolce e che nel suo amare tutto, ama anche quello che il regista gli chiede, come ha raccontato, cercando di riuscire a far parte del suo mondo il più possibile. Una Ferrari che è riuscita a capire l’intento di Ozpetek con il suo lavoro: riuscire a far arrivare il sentimento attraverso il silenzio, gli occhi, attraverso una recitazione molto misurata, molto sofisticata. Un pubblico attento che non ha reso una libreria sotto assedio, ha atteso che la parola fosse poi rivolta a loro con domande, giunte puntuali, dalle più strane, alle più sincere, come quella posta da una giovane ragazza circa il suo rapporto con la morte.

Domanda che ha spiazzato il regista costretto a rispondere in modo evasivo per poi celarsi dietro un “non so”. C’è da dire che alla fatidica domanda, quanti avessero visto il film, ci sono state molte mani alzate, ma nessuno ha posto domande specifiche ai protagonisti. A conclusione si è passato agli autografi di rito, chiesti da una Isabella Ferrari, quasi fosse un diritto da parte di quanti fossero andati lì per apprezzarla.

Anna Furlan

domenica 7 settembre 2008

Bari - 46 artisti, 26 scrittori con la loro creatività per la Mostra multimediale “Verde”


Zona piazza del Ferrarese a Bari, una delle piazze più attive, a livello locale, in fatto di creatività nell’ambito dell’arte e della cultura.

Un “distretto” in crescita, che cerca di ampliare i propri orizzonti ospitando iniziative artistiche e culturali. Così per la Mostra multimediale “Verde”, progetto curato da Gianni Leone, Daniela Corbascio e Marina Losappio, promossa dall’associazione culturale Incipit con il contributo del comune e della provincia di Bari, visitabile fino al 28 settembre, nata per valorizzare la giovane arte portando artisti e installazioni nei locali compresi tra piazza Ferrarese e piazza Mercantile.

L’iniziativa prevede un percorso che riguarda il “Verde”, colore complementare assai discusso nell’ultimo anno (dall’anima verde sono stati i corti presentati nella sesta edizione del Film Festival Internazionale Cortometraggio Salento Finibus Terrae lo scorso 27 luglio e verde è stato il colore di cui si è tinta l’ultima edizione del Cosmit di Milano, la più importante piattaforma al mondo dedicata al settore del design e dell’arredamento), coinvolgendo fotografia, video, scritture e installazioni.

Quarantatre artisti insieme a 26 scrittori, interpretano il concetto del verde e lo analizzano come Joseph Beuys ha tramandato: “abbiamo il dovere di mostrare ciò che abbiamo prodotto con la nostra creatività”. Tutti gli artisti della collettiva riescono a suscitare emozioni, stupore, ammirazione per l’originalità, la cura dei particolari o semplicemente per la loro maestosità. Emozioni che si provano guardando la foto di Paola Trizio: “Spine 2008”. Una donna in stato interessante, dal rigore formale e struggente bellezza; le sue braccia stanno per svelare nel chiarore di un controluce, caricato ma gradevole, un qualcosa di nobile, che non disdegna carezze e che fa presagire da quell’edera di luci verdi (unico colore) poste sul suo seno, abbandoni d’amore contenuti nel gesto del suo accarezzarsi il nucleo dove è stato concepito il seme della vita; “l’alga che adesso culla quest’onda” come scrive mirabilmente Maria Paola Porcelli nel suo racconto “Verde è” a latere dell’immagine della Trizio.

Ammirazione per l’originalità nell’installazione di Giampiero Milella: “Fotosintesi clorofiliana”, foglie di fichi d’india attaccati a flebo dal liquido verde e al “No entry”, un’installazione polimaterica di Annamaria Ippolito, carica di una certa sacralità in quella linea verde posta a confine con l’orizzonte. Cura dei particolari per Manuela Lorusso e la sua foto “Shad 2004”, Miki Carone con l’installazione “Libellule, 2008” e “Virdis Nostrum, 2008” foto malinconica di Francesco Mezzana, che ci riporta agli umori conturbanti e oppressi della “La Chambre” di Balthus.

Stesso senso di malinconia riscontrabile nell’opera di Gianni Leone, fotografo trentennale, in: “Senza titolo, 2008”, dove il verde con venature nere si stagliano in ondeggianti superfici silvestri, riconducibili al più tenebroso percorso dantesco della sua Divina Commedia. Stupore misto ad amarezza, perché forse ci si aspettava un qualcosina in più, per quanto riguarda l’opera di Iurilli: “Nilo Verde, 2008”, un olio su carta. Stupisce anche l’installazione di Giuseppe Teofilo: “Senza titolo, 2008”, 13 bottiglie in vetro poste a semicerchio, illuminate all’interno da altrettante tredici lampadine, idea ingegnosa ma sibillina.

Questo è “verde”, un’insieme chiassoso e discreto, irriverente e, al contempo, devoto alla nobile utopia modernista secondo la quale l’arte può relazionarsi direttamente con la quotidianità, migliorando la vita di tutti. Una nobile utopia modernista che ritroviamo nei cinque video installazioni di Francesco Schiavulli. Per l’artista il verde diventa veicolo di dramma e sofferenza, egli preferisce offrire un’interpretazione più concreta, dispiegando un’opera di forte impatto emozionale, fresca ed intensa nello stesso tempo. La sua è quasi una “video-pittura”, dove è consentita soltanto un’esperienza frammentaria, si potrebbe accostarlo al poeta americano Cummings, per il modo in cui schiude la vita a una forma di serietà superiore. Un mondo nel quale l’uomo è portato ad approfondire se stesso, a sviluppare i propri drammi nativi.

Schiavulli sembra possedere una ferita entro la quale idee, influssi, suggerimenti provenienti da ogni dove si accumulano, dopo essere stati preventivamente assimilati, adottati alla sua personalità. L’artista sorprende sconvolgendo, la sua arte è un eccentrismo domestico; il suo umorismo e bizzarrie, una volta decifrato il suo linguaggio conturbano rassicurando. La vera audacia dell’artista è la sua modestia, una modestia che gli fa assumere e condurre a termine l’impresa di tramutare pressoché qualsiasi cosa in arte. Ogni opera sottolinea esibizioni ed esibizionismi.

Ma nel verde ci hanno insegnato Goethe, Itten, Klee, Mondrian, Delacroix, si trova il giallo e il blu; questo è il risultato del verde, tutto il resto è fantasia, improvvisazione, a volte incapacità. “Siamo liberi, il sole è caduto a terra rotolando. Il cielo è altissimo senza dolore”, Paolo Comentale in “Verde”.

Anna Furlan